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Pd, la vittoria di Elly Schlein tra l’incredulità nazionale e locale

La macchina del fango

Appena un leader raggiunge un risultato inatteso tale da sconvolgere la quotidianità e la normalità politica fino ad allora conosciuta, si mette in moto anche la “macchina del fango”. La nuova segretaria del Pd sarebbe “miliardaria” (famiglia di docenti universitari), “sostenuta da Soros” (banchiere ungherese di origine ebraica naturalizzato americano, impegnato anche in numerose iniziative per i diritti umani e sostenitore del Partito Democratico Usa), “ha quattro cittadinanze” (in realtà sono tre) e soprattutto l’accusa “peggiore”: “Non ha mai lavorato”. Questo è uno degli argomenti che viene usato in modo qualunquistico nei confronti di chi è impegnato nella politica e nelle istituzioni senza avere alle spalle altre esperienze di lavoro diverse da quell’impegno . È un elenco interminabile quello dei politici che “non hanno mai lavorato”. Alcuni dei quali  restano nei nostri migliori ricordi. Per rimanere all’oggi,  Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Adolfo Urso, Raffaele Fitto, Francesco Lollobrigida, sono tra quelli che “non hanno mai lavorato” o quasi, a meno che firmare articoli su giornali della propria area politica significhi lavorare da giornalisti. Ma è l’argomento a essere risibile. La politica richiede competenza e professionalità specifiche soprattutto nelle figure di vertice ed è un lavoro al pari di altri. Tralascio gli attacchi alla persona, sessisti e perfino razzisti, che si commentano da soli.

Chi sono i sostenitori di Elly Schlein e di Stefano Bonaccini

Una ricerca fatta da Candidate & leader Selection (un gruppo di ricercatori e docenti universitari italiani) ci fornisce uno spaccato di chi è andato a votare alle primarie del Pd e come sono rappresentati i due elettorali della Schlein e di Bonaccini.

La ricerca mette in mostra che il profilo generazionale dei votanti alle primarie non si differenzia molto tra i due candidati. Certo, Schlein raccoglie fra i suoi sostenitori una quota più larga di giovani, ma, come per Bonaccini, la maggioranza (63%) del suo elettorato ha più di 55 anni. “Ridestare interesse, recuperare credibilità fra i giovani è cammino lungo e arduo” scrivono i ricercatori.

I risultati dell’indagine mostrano che Schlein ha ottenuto più successo tra le donne rispetto a Bonaccini. Infatti, il 47% dei votanti di Schlein sono donne, con una differenza di 8 punti percentuali in più rispetto a quelle che hanno votato per il presidente emiliano-romagnolo.

Il PD conferma la capacità di mobilitare un elettorato particolarmente istruito. Il 44% degli elettori che si sono presentati ai gazebo la scorsa domenica è in possesso di un diploma di laurea, il 39% ha un diploma di scuola superiore e soltanto il 17% un titolo inferiore. Fra i votanti della neo-segretaria la quota di laureati è leggermente più alta (+ 5 punti percentuali rispetto ai votanti di Bonaccini).

La metà dell’elettorato delle primarie che ha incoronato Elly Schlein (scrivono i ricercatori) si dichiara nettamente a sinistra (56%). Ma se spostiamo l’attenzione sull’intero campione di intervistati osserviamo che, alla richiesta di autocollocarsi rispetto all’asse destra-sinistra, il 48% ha scelto quest’ultima categoria.

Chi ha partecipato alle primarie l’88% lo aveva già fatto nel passato il 12% sono “matricole”. Il 73% dei votanti alle primarie appena concluse non era iscritto al PD.

Le caratteristiche personali del candidato hanno determinato la preferenza del 25% dei sostenitori di Bonaccini e il 23% dei selettori di Schlein.

Per leggere la ricerca cliccare qui

Elly Schlein, uno stile diverso

I commentatori politici nazionali (ad iniziare dai giornalisti nei vari talk show) si debbono ancora riprendere dall’imprevista vittoria alle primarie della Schlein. Perché questo è il tratto distintivo. Nessuno l’aveva previsto. E’ la dimostrazione di quanto sia distante il paese reale, compreso quello della politica, dal racconto che viene fatto dai tanti frequentatori di salotti televisivi.

Proprio per questa ragione, tentano di delineare il profilo della nuova segretaria del Pd con gli strumenti del passato. Chi sceglierà tra Calenda-Renzi e Conte dei 5Stelle per le alleanze politiche, quale posizione avrà sulla guerra in Ucraina, quale politica economica e avanti di questo passo.

C’è chi pensa che Elly Schlein rinchiuda il Pd  in un recinto identitario radicale di sinistra-sinistra. A mio parere è una lettura politicista sbagliata. La neosegretaria del Pd vuole parlare alle persone, ai loro problemi materiali, alle loro ansie, alla qualità della loro vita. Il nuovo Pd deve farsi carico di migliorare la condizione di vita dei cittadini, di combattere la precarietà le diseguaglianze. Sull’Ucraina in un’intervista al New York Times dice che il Pd è “saldamente al fianco dell’Ucraina ” e anche sull’invio di armi ha ribadito il voto a favore espresso finora perché “è necessario in questo momento“.

Sfugge ai più che Elly Schlein è pienamente consapevole di essere a capo di un grande partito della sinistra europea (sì, “Sinistra”, parola usata troppo poco nel passato per non disturbare) che si candidata a governare l’Italia alle prossime elezioni politiche. Per questa ragione vuole rafforzare in primo luogo l’identità culturale e programmatica del Partito Democratico. Poi si arriverà anche alle alleanze. Faccio notare che coloro che sono preoccupati di non ridurre il Pd in un “recinto marginale” della politica italiana sono gli stessi che hanno portato il Pd alla situazione attuale di grave marginalità.

Nel frattempo, sarebbe invece un bel segnale abolire le correnti organizzate. Le correnti non permettono una discussione vera sono gruppi di potere anziché centri di elaborazione politica e culturale. Cancellarle significa superare gli steccati e riprendere una discussione vera fatta anche di opzioni politiche e culturali diverse.

La vittoria di Elly Schlein e i territori

Evidente che la vittoria inaspettata di Schlein abbia provocato qualche disorientamento nei gruppi dirigenti locali. In particolare, tra i sostenitori di Bonaccini che erano sicuri della vittoria sino all’ultimo giorno. Sinceramente non mi aspettavo, tuttavia, dichiarazione come quelle del coordinatore provinciale di Bonaccini, Mattia Morolli che dichiara su un giornale locale: «è purtroppo in corso una narrazione dei fatti che non corrisponde alla realtà. Perché nel territorio  riminese, alle primarie (come già nella prima fase di consultazione nei circoli) ha vinto Bonaccini, che ha ottenuto il 54,51% dei voti». Eppure «a Rimini si assiste a fughe in prospettiva che – dice Morolli – suonano come un campanello d’allarme».

Non ho capito quali sarebbero queste “fughe in prospettiva”, inoltre ricordo che nel comune capoluogo ha vinto Elly Schlein per 51% a 48%. Queste sono state primarie per l’elezione del segretario nazionale. I congressi locali seguiranno i loro iter come nel passato.

Nessuno ha chiesto nulla (da quanto conosco), a parte invenzioni sui giornali, di futuri organigrammi suggeriti da chi non sa leggere cosa sta succedendo nel Pd.  Credo sarebbe più opportuno interrogarsi per quale ragione il voto degli iscritti è stato “ribaltato” da quello delle primarie. Non era mai successo nel passato.

Forse a forza di costruire gruppi dirigenti cooptati e in listini bloccati, si è persa la fatica di rappresentare persone in carne ed ossa. Anche il peso dei big del Pd che sostenevano Elly Schlein è modesto. Sono in buona parte tutti voti suoi. Ho apprezzato molto lo stile con cui Bonaccini ha accettato il risultato e offerto il suo aiuto. Bonaccini è consapevole di un passaggio cruciale del Pd tra rilancio o marginalità. Non mi pare vi sia analoga consapevolezza in qualche esponente locale.

Maurizio Melucci

Mattia Morolli assessore del Comune di Rimini

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