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Pasti Caritas Rimini più che raddoppiati, il direttore Galasso “Siate egoisti, pensate agli altri”

Mario Galasso, 55 anni, è direttore della Caritas Rimini dal 1° gennaio 2018 quando l’organizzazione cattolica compì 40 anni. E’ il primo direttore laico della storia della Caritas Rimini, succeduto a don Renzo Gradara.
La Caritas è stata in questi mesi di pandemia di Covid19 in prima linea. I suoi volontari hanno svolto un’opera straordinaria a sostegno delle persone in difficoltà.
A Galasso abbiamo posto alcune domande sulla situazione attuale.

Quanta gente lavora alla Caritas, fra stipendiati e volontari?

«Tra Caritas diocesana e le 54 Caritas parrocchiali sono oltre 500 le persone che rendono possibili i servizi che offriamo. I dipendenti dell’associazione Caritas Rimini sono 9. Lo scopo della Caritas è prevalentemente pedagogico: molto del nostro tempo lo impieghiamo per animare la comunità e nel tessere relazioni con le persone e con i diversi servizi territoriali. Cerchiamo di costruire vera sussidiarietà perché nessuno rimanga ai margini delle nostre città. Se dovessi sintetizzare il ruolo della Caritas direi che non è tanto quello di offrire servizi, quanto quello di far crescere comunità».

Cosa è cambiato in questi mesi di coronavirus per la vostra attività?

«Diverse decine di persone si rivolgono quotidianamente a noi, con gli italiani in costante aumento.  Il Covid-19 ha tracciato una linea di discontinuità con il passato costringendoci a ripensare e riorganizzare le nostre attività.
Dall’11 marzo, data in cui abbiamo lasciato a casa i volontari con più di 65 anni, ad oggi sono quasi 200 i nuovi volontari che stanno supportando la Caritas nella distribuzione dei pasti, nel giro nonni, nella spesa a domicilio, nella gestione del centralino, nel supportare le Caritas parrocchiali in difficoltà per l’età dei volontari. Solo per dare un valore numerico alle fatiche di queste giornate: le persone che vengono a ritirare il pasto in questo mese sono passate da circa 70 ad oltre 150; gli anziani a cui portiamo il pasto a casa da 30 ad oltre 110; le spese consegnate a domicilio sono oltre 400».

Avete le risorse necessarie per far fronte a tutte le richieste? Chi ve le fornisce?

«La settimana scorsa abbiamo girato la boa dei 20.000 pasti preparati in questo periodo. Nei costi dobbiamo ora conteggiare non solo l’acquisto dei generi alimentari ma, anche, ad esempio, dei contenitori per l’asporto che ora sono necessari per garantire la distribuzione dei pasti, delle mascherine, del gel, dei guanti, delle visiere… Abbiamo fatto una fatica enorme nel trovarli, specie nel primo periodo, anche perché il nostro fabbisogno è enorme.  I costi sono lievitati spaventosamente!  Per fortuna, fino ad oggi, la generosità della nostra comunità non si è fatta attendere.  Però siamo molto preoccupati per il prossimo futuro perché, anche con la ripartenza delle attività economiche, troppe persone rimarranno fuori, escluse dalla possibilità di avere un reddito».

 

Raccontaci una cosa bella e una cosa brutta capitate negli ultimi mesi

«Pochi giorni prima di Pasqua mi ha chiamato una bambina perché voleva regalare gli Smarties, quei piccoli cioccolatini colorati, che aveva ricevuto in dono, a bambini che non ne avevano. Era consapevole che per le nostre esigenze i suoi Smarties erano pochissimi, ma sarebbe comunque stata contenta di poter donare anche un suo sorriso a qualche coetaneo. Il mio grazie non si è fatto attendere. Dall’altra parte non finisco mai di stupirmi e innervosirmi quando, a fronte di tantissime persone che si rimboccano maniche e cuore per aiutare gli altri, incontro qualcuno che è invischiato unicamente e solamente nel proprio io e non riesce a vedere oltre il proprio ombelico».

Come può la gente comune aiutarvi? In che modo? Avete un conto corrente su cui far arrivare donazioni?

«I modi sono molti, dall’offrire qualche ora di servizio a scrivere un “Message in a Bottle”, dal farci un’offerta o donare il proprio 5×1000 nella dichiarazione dei redditi [vedi i banner colorati all’interno dell’articolo], al non farsi sopraffare dall’indifferenza e dall’egoismo. La prima carità che dobbiamo compiere è quella a casa e con le persone vicine».

Qual è un messaggio che ti senti di lanciare ai cittadini riminesi?

«Penso che il Coronavirus ci abbia insegnato che il futuro è insieme. Non si tratta di un semplice slogan ma della vita.
Basterebbe che ognuno di noi facesse quanto può per rafforzare i valori fondativi della nostra comunità e partecipare alla costruzione di una vera comunità educante ed inclusiva. E, questo fare, lo facciamo innanzitutto per noi stessi. Non è retorica. Vi chiedo di essere egoisti perché alla fine i primi a beneficiare nell’aiutare gli altri o la nostra Casa Comune siamo proprio noi.  Siate egoiste ed egoisti.  Buona vita!».

Paolo Zaghini

 

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