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Padre Gratien condannato a 25 anni. Lui “giustizia razzista”

Padre Gratien Alabi è colpevole, sebbene la pena di 27 anni che gli era stata inflitta in primo grado è stata ridotta dalla corte d’assise d’appello di Firenze a 25: il religioso che avrebbe ucciso e fatto sparire il primo maggio del 2014 Guerrina Piscaglia, la 50enne di Ca Raffaello, la località dell’Appennino aretino dove il frate prestava servizio in parrocchia, anche oggi era in aula ed i suoi legali hanno già annunciato ricorso in Cassazione.

In mattinata il sostituto procuratore generale Luciana Piras aveva già chiesto la conferma della condanna a 27 anni dopo una dura requisitoria. Dopo Luciana Piras era intervenuto l’altro Pm, l’aretino Marco Dioni, grande protagonista dell’accusa nel primo grado, oggi applicato in appello.

«Ormai sono abituato a questo razzismo, è una giustizia razzista», ha commentato il sacerdote di origine africana. “Mi aspettavo la condanna perché ho visto il modo di agire del giudice. Ma io non c’entro nulla – ha dichiarato ancora padre Gratien  -, adesso ho fiducia nella Cassazione». «Siamo rispettosi di questa sentenza – ha affermato Riziero Angeletti, uno dei due legali che assistono il frate – ma diciamo che ci sono stati dei pregiudizi. Quando si inizia un processo dicendo che la difesa può parlare solo due ore e quindici minuti si crea un condizionamento che impedisce di dire tutto ciò che si vorrebbe. «La Cassazione – ha precisato infine Angeletti confermando l’intenzione di presentare ricorso – non è nuova a ribaltamenti».

Soddisfatti della sentenza», invece, i legali dei familiari di Guerrina Piscaglia.La diminuzione di due anni riguarda probabilmente una questione tecnica, non significa che il fatto sia stato giudicato meno grave”, ha spiegato l’avvocato Nicola Detti, legale di Mirko Alessandrini, marito di Guerrina Piscaglia e del figlio Lorenzo. “Sicuramente il processo finirà in Cassazione – ha aggiunto -, e noi andremo fino alla fine per Lorenzo e per Mirko”. Il marito di Guerrina Piscaglia era in aula e ha assistito alla sentenza, accolta con le lacrime agli occhi. Ha abbracciato e ringraziato i suoi legali, poi ha lasciato il Palazzo di Giustizia di Firenze senza rilasciare dichiarazioni.

L’imputato, ancora agli arresti domiciliari in un convento di Roma oggi era arrivato al Palazzo di Giustizia in taxi, senza scorte, insieme ai suoi avvocati.

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