Oltre 20 provvedimenti, alcuni di natura coercitiva, altri di perquisizioni domiciliare e personale, ad altrettanti cittadini residenti nelle provincie di Rimini, Ravenna, Treviso e nella Repubblica di San Marino. Erano questi i numeri dell’operazione denominata “Whitesnow”, condotta dall’Ispettore Reale Vincenzo della sezione di polizia giudiziaria presso il Tribunale di Rimini, l’operazione ha visto l’impiego di personale in forza ai Comandi della Polizia municipale di Rimini, Riccione e Bellaria-Igea Marina per lo svolgimento di tutte le attività di indagine necessarie.
L’operazione traeva spunto da un esposto presentato nel novembre 2017 da alcuni cittadini di Rimini a vari organi istituzionali dove veniva lamentato l’utilizzo eccessivo di fonti sonore da parte di un noto locale riminese sito nel Borgo Marina di Rimini. Si tratta del Vichy Cristina, aperto dalla fine del novembre 2016. Gli inquirenti, dopo aver svolto un controllo di natura amministrativa all’interno del locale, ricevevano da fonti confidenziali informazioni relative ad episodi di spaccio di stupefacenti e prostituzione.
Tra gli accusati in concorso figurava anche il titolare del Vichy Cristina, il 33enne Matteo Curzi. Sono invece ancora indagate le due direttrici del ristorante di 49 e 31 anni, madre e figlia, che lavorano nel locale, chiuso poi dal Questore Improta per due mesi a partire dal 17 ottobre.
Come riportato dal quotidiano Rimini Today, Curzi è stato scagionato tanto che il pm ha richiesto la sua archiviazione che accolta dal Gip Vinicio Cantarini. “Che ne locale girasse cocaina – spiega il titolare – io l’ho scoperto dai giornali in quanto la gestione era stata affidata ad altri. Nonostante frequentassi il Vichycristina come cliente, non aveva mai visto degli strani movimenti. La mia società, infatti, si era affidata a una 49enne e a sua figlia 31enne che ricoprivano la figura di direttrici del ristorante. Quando abbiamo aperto, ero contento del lavoro che stavano svolgendo perchè la clientela che portavano era di fascia alta e, allo stesso tempo, nella zona di Borgo Marina non abbiamo mai avuto problemi legati alla sicurezza e alla criminalità. Solo qualche screzio, coi vicini di casa, infastiditi dal rumore ma nulla di più“.
“Nel secondo anno di attività – prosegue l’imprenditore – avevo iniziato a nutrire dubbi sulla serietà delle gestrici e questo è avvenuto prima che iniziasse l’inchiesta. Le perplessità erano dovute al fatto che, nonostante il locale fosse sempre pieno e ci fosse una lista d’attesa di almeno 3 settimane per un tavolo, a fine mese i conti non tornavano tanto che, ad aprile 2018 quando abbiamo chiuso, avevamo già intenzione di cambiare strategia in occasione della riapertura invernale che poi non c’è stata a causa dell’indagine e del provvedimento del Questore che ha applicato l’articolo 100 del Tulps per sospendere la licenza per 3 mesi“.