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oBike ha chiesto il fallimento, cosa succede ora in Italia?

Sembrava la rivoluzione nel bike-sharing a livello mondiale. Un modo diverso incentrato su un sistema funzionante in modalità “free-floating”.

Si tratta di una modalità d’utilizzo “a flusso libero”, ovvero con possibilità di restituire la bicicletta in punti diversi da quello di prelievo, rendendo possibile il funzionamento del sistema anche senza dover garantire l’accoppiamento bici/stallo.

Le biciclette sono attrezzate con computer on-board e sistemi di localizzazione/comunicazione, mentre gli stalli di aggancio vengono parallelamente svuotati di tali funzioni sino a ridursi a normali rastrelliere o, addirittura, prevedendo stazioni “virtuali” basate sulla geo-referenziazione.

In questo modo è partita l’iniziativa su tutti i comuni costieri con migliaia di biciclette messe a disposizione degli utenti. E così nei primi due mesi dell’esperimento, partito il 22 marzo a Rimini, seguita il giorno dopo da Ravenna, sono state ben 35 mila le corse, quasi 7 mila gli utenti, mentre le bici giallo-grigie sono ormai 2.700 e fanno già parte del panorama di queste parti. Nella sola Rimini nel mese di maggio le oBike sono state usate più che a Torino.

La rivoluzione era partita dall’est e dall’est arrivano i problemi.

Alla fine di giugno, Obike ha cessato le operazioni nella sua sede natale di Singapore, con migliaia di clienti in attesa di essere rimborsati. Il motivo principale deriva dalle nuove regole di Singapore entrate in vigore il 7 luglio scorso, per i fornitori di bike-sharing a causa del caos nelle strade pubbliche di come vengono parcheggiate le biciclette. Le autorità di Singapore hanno previsto canoni e norme più severe  proprio per ordinare la crescita incontrollata delle flotte di biciclette in città. Per queste ragioni, oBike con l’aumento dei costi , della gestione, e di meno libertà nella gestione ha fatto istanza di fallimento.

Il parcheggio selvaggio è stato notato anche nei nostri comuni dove è attivo il servizio. Le amministrazioni comunali hanno richiamato al rispetto del contratto, più di una volta i gestori,  per un uso certo libero delle bici ma anche decoroso per le città.

Non solo a Singapore Obike ha dichiarato fallimento ma praticamente in tutti i 26 paesi dove opera nel mondo. In Germania, ad esempio, in un magazzino sono ammassate 10 mila bici che vendono vendute a prezzo di stock.

Cosa succede ora in Italia, dove il servizio opera fra l’altro a Torino, Milano, Roma e sulla costa romagnola scelta come vetrina privilegiata dell’iniziativa?

Allo stato attuale oBike opera con una società partecipata;  oBike Italia che tuttavia fa riferimento nel contratto di servizio a oBike Asia Pte. Ltd & OPG Asia Pte. Per questa ragione stanno cercando nuovi finanziatori per rilevare i codici delle app, le licenze di utilizzo e le biciclette.

Nelle prossime settimane si vedrà se l’operazione di salvataggio andrà in porto.

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