La Corte Militare di Appello di Roma, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale Militare di Verona, come apparso negli articoli di stampa del 29.06.2018 e 22.11.2018, il 9 gennaio ha ribaltato la sentenza di condanna dei due militari dell’Arma dei Carabinieri, all’epoca dei fatti in servizio nella Valmarecchia, assolvendoli dal reato di violazione di consegna aggravata in concorso. Ai militari era stato contestato infatti l’abbandono dell’itinerario di servizio per essersi portati fuori dalla propria giurisdizione.
Il fatto aveva richiamato l’attenzione della stampa, in quanto la Procura militare di Verona aveva ritenuto che la presenza dei due carabinieri presso una nota azienda agricola della zona, fosse dovuta a motivi privati (nello specifico, ad acquisti di carne, come ingiustamente contestato dal Comandate della Compagnia Carabinieri di Novafeltria) e non a ragioni di servizio.
La sentenza è stata ribaltata in appello, ove la difesa ha dimostrato che i militari si trovassero fuori giurisdizione poiché interessati al completamento di un intervento svolto in quella zona poco prima, a seguito di un incendio.
“Questa è la dimostrazione – commenta l’avvocato difensore, Arcangela Spenillo di Pennabilli – che molto spesso, condotte poste in essere “senza malizia”, vengano erroneamente interpretate come illeciti da parte dei superiori gerarchici, i quali non si limitano a contenere vicende inoffensive nell’ambito delle responsabilità disciplinari, ma lasciano avviare immeritati procedimenti penali nei confronti dei sottoposti, con il rischio di mettere a repentaglio sia l’incensuratezza personale che l’equilibrio economico degli stessi, pur consapevoli che, il più delle volte, i panni possono essere lavati in casa e non nelle aule giudiziarie. Adesso la parola ai militari, che non tralasciano la possibilità di azioni nei confronti dell’Ufficiale”.
