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Norberto Nucagrossa, il rinoceronte bullo sconfitto con il sorriso

La rassegna Il Borgo delle Favole del Teatro Eugenio Pazzini di Verucchio presenta domani pomeriggio, domenica 18 marzo (inizio ore 16,30), la prima nazionale della nuova produzione di teatro ragazzi della Compagnia Teatrale Fratelli di Taglia: ‘Norberto Nucagrossa. Storia di un rinoceronte prepotente’. Liberamente liberamente ispirato al racconto omonimo di Michael Ende. La produzione conclude il ciclo artistico della compagnia riccionese dedicato allo Slow Theatre. Dopo ‘Il viaggio di Tartaruga Tranquilla Piepesante’ e ‘Orlando Furioso 5.0’, i Fratelli di Taglia hanno scelto di affrontare con le atmosfere rilassate, riflessive e divertenti delle fiabe un tema sempre più attuale: il bullismo giovanile. Una rappresentazione ironica e a tratti comica per dire ai più piccoli che per stare bene insieme, nella convivenza, non c’è mai posto per la violenza, e che per farsi rispettare dagli altri non servono i muscoli, ma solo saper ascoltare, condividere e accettare le diversità. Daniele Dainelli e Patrizia Signorini portano in scena il testo scritto a quattro mani da Giovanni Ferma e dallo stesso Dainelli, mentre la regia è di Giovanni Ferma e Marina Signorini. Proviamo a domandare a Daniele Dainelli, riminese di 62 anni, che interpreterà proprio Norberto Nucagrossa, qualcosa in più su questo spettacolo.

Daniele Dainelli

Dainelli, da quanto fa parte del mondo dello spettacolo?

«Ho iniziato nel 1977 mentre frequentavo il DAMS con la Scuola di Teatro del Gruppo Libero di Bologna, che aveva sede all’interno dell’Ospedale Psichiatrico Lolli di Imola, prima della legge Basaglia che l’anno dopo avrebbe abolito i manicomi. La spinta è stata quella della passione per un mondo, quello dello spettacolo dal vivo, che si fonda sullo scambio emozionale. Avevo già frequentato laboratori teatrali con Quelli di Grock, il gruppo di Maurizio Nichetti, ma già alle superiori ero ‘assetato’ di teatro, tanto che per vedere tutti gli spettacoli possibili ero riuscito a farmi assumere come maschera al Teatro Novelli!».

È piu difficile affrontare tematiche che riguardano un pubblico adulto o argomenti che si rivolgono ai piu piccoli?

«È senz’altro più difficile affrontare tematiche sociali con un pubblico di bambini e ragazzi che con un pubblico di adulti. Si deve trovare un linguaggio adatto, non troppo crudo e graffiante, ma neppure banale o infantile. Il teatro ragazzi forma il pubblico di domani e nel contempo deve essere didattico, ludico ed educativo, deve stimolare il dibattito in classe e favorire la crescita del ragazzo. I bambini sono spontanei e sinceri e non hanno quella forma di riguardo del pubblico adulto nei confronti di chi sta sul palco. Se lo spettacolo non piace, non li avvince, non li emoziona o convince, non esitano a dimostrarlo rumoreggiando e perdendo attenzione. Questo fatto ci stimola, come compagnia teatrale, ad arricchire tecniche e linguaggi con una commistione di arti tra poesia, pittura, scultura, musica, danza, prendendo spunti dalla commedia dell’arte, dal clown, dal classico e dall’avanguardia, usando spesso anche la tecnologia e quanto d’innovativo ha saputo portare al teatro. Nella ricerca del nostro linguaggio, che spesso si caratterizza anche per l’uso della rima, possiamo rischiare e giocare di più con gli elementi. Importante apporto a questo nuovo spettacolo, rivolto a un pubblico tra i 6 e gli 11 anni, è stato poi dato dalla realizzazione dei costumi da parte di Lu Lupan, una cellula Mutoid Waste Company, che ha realizzato vere e proprie opere d’arte utilizzando solo materiale di riciclo. Il tutto sottolineato dalle musiche originali di Andrea Bracconi e dalle luci di Luca Baldacci».

Perché avete deciso di parlare di bullismo in questo spettacolo?

«Quando Giovanni Ferma, il nostro Direttore Artistico, che ha anche curato la regia dello spettacolo insieme a Marina Signorini, ha proposto l’idea di lavorare su questo racconto di Michael Ende, ci ha subito entusiasmati: affrontare questo argomento usando le metafore di una società di animali della Savana che, come in ‘Animal Farm’ di George Orwell rispecchiano pregi e difetti del genere umano, è stato molto stimolante. I bambini sono abituati da sempre all’animale umanizzato e questo ci offriva l’opportunità di arrivare subito al punto prendendo la scorciatoia che passa dal cuore, perché per combattere un problema come questo, che il più delle volte si regge sull’omertà, sul ricatto, sulla minaccia, sulla violenza psicologica è necessario che se ne parli, che bambini e ragazzi trovino il coraggio per sviscerarlo».

Per quanto riguarda il cyberbullismo, invece?

«Le nuove tecnologie hanno dato sì nuovi strumenti di comunicazione e condivisione e creato il cyberbullismo, ma non bisogna mai scordare che questo fenomeno è sempre esistito, forse addirittura in maniera più cruenta e violenta di adesso, solo che veniva ritenuto ‘normale’ e non se ne parlava: la vittima era uno ‘sfigato‘ e il carnefice un ‘figo.’ Proprio come adesso, ma ora se ne sta parlando e le nuove tecnologie così come vengono usate per fomentare il bullismo, possono essere usate anche per combatterlo».

Parliamo della rappresentazione che andrà in scena al Pazzini. Chi è il Rinoceronte Norberto Nucagrossa?

«Nucagrossa è bullo e violento, a lui non piace studiare e pensa che tutto si possa risolvere con la forza. Del resto è grande e grosso, ha un’enorme corazza e due corni che lo rendono invincibile. Così arriva a dire: ‘io posso tutto’ e spaventa così tanto gli altri animali che, una volta riunitisi in assemblea per trovare rimedio alle sue prepotenze, decidono di fuggire. Rimane solo la Bufaga Agrippina Aggrappati, interpretata da Patrizia Signorini, l’uccelletto pulitore che con astuzia e usando la parola invece delle armi trova il modo di renderlo consapevole e innocuo. Gli dice che un vero dittatore, un vero vincitore, un leader non lo è abbastanza se nessuno gli erige un simbolo, un’effige, un monumento. Poiché nella Savana non è rimasto più nessuno che possa realizzarlo convince Norberto a diventare il monumento di se stesso. Finché il pachiderma, stremato e smagrito, scivola dalla sua corazza spaventandosi di sé. Alla fine Norberto Nucagrossa si rende conto di essere il vero ‘sfigato’ della situazione».

Quindi, per concludere, quali possono essere le strategie per contrastare il bullismo?

«Il bullismo – al pari di razzismo, intolleranza o violenza – è un fenomeno che difficilmente si può debellare, ma si può combattere. Come dicevo la migliore arma è togliere la fascia di omertà che lo protegge, dare il coraggio di parlare, di denunciare i casi più gravi, che non sono gli allegri sfottò ma i casi di violenza fisica e psicologica, bisogna isolarli, capire che in fondo il bullo è una persona sola, senza amicizie vere se non quelle di comodo o di paura, che il bullo è una persona povera, di natura e di cultura, che, come nel caso di Nucagrossa, non avendo più nessuno da spaventare si spaventa di se stesso. E come dice nello spettacolo il Marabù Eusebio Scavafango: “Si dovrebbe semplicemente parlare con dolcezza al rinoceronte e chiarirgli in modo amichevole quanto infelice egli si senta in realtà a essere così com’è».

Nicola Luccarelli

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