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Nel PNRR poco o niente per un turismo come il nostro, ma tanto per borghi e cultura

Come si era ipotizzato, per il turismo balneare, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza c’è poco, per non dire quasi niente. Spiccioli e neppure stanziati con specifica destinazione, ma solo desunti da una lettura combinata di voci diverse contenute nel Piano. Ben altra considerazione, invece, come vedremo, hanno avuto due altri tipi di “turismo”: quello culturale e quello dei borghi rurali.

Procediamo con ordine, però. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è formato da 6 Missioni, le quali a loro volta sono suddivise in complessive sedici “Componenti”. Il settore del turismo trova spazio nella Componente 3 della Missione 1, rubricata come “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, alla quale sono destinati 50,07 miliardi sui complessivi 235,14 miliardi previsti tra PNRR, React Ue e Fondo Complementare. Nello specifico, la Componente 3 “Turismo e Cultura 4.0” prevede uno stanziamento di 8,13 miliardi di euro, pari al 3,45% dell’intera somma a disposizione del Governo. Un po’ poco, per la verità.

Il Piano parte dalla constatazione dell’enorme patrimonio culturale di cui disponiamo il quale, però, necessita di investimenti per migliorarne la capacità attrattiva, l’accessibilità e la sicurezza. Si legge che “gli investimenti identificati toccheranno tutte le “anime” del territorio, riguarderanno i siti culturali delle grandi aree metropolitane, sfruttando la partecipazione culturale come leva di inclusione e “rigenerazione” sociale”. Questi investimenti si rivolgeranno anche ai “piccoli centri (“borghi”) e le aree rurali, per favorire la nascita di nuove esperienze turistiche/culturali e bilanciare i flussi turistici in modo sostenibile (“overtourism”)”. L’idea è di veicolare risorse in “progetti di investimento in unità immobiliari strategiche e di prestigio, col fine di sostenere la ripresa e la crescita di catene alberghiere”.

Turismo e cultura, un binomio per lo sviluppo del nostro sistema turistico che non passa solo per un rinnovamento “fisico” del patrimonio artistico ma anche per quello “virtuale”. Nell’idea del Governo i monumenti non dovranno solo essere “toccati” ma anche visitati virtualmente attraverso lo sviluppo di portali web che fungano “da volano per una qualificazione di qualità del patrimonio e dell’offerta del nostro Paese”. Di spazio, dunque, per un sostegno al turismo del divertimento e dello svago, cifra stilistica del nostro territorio, non ce n’è.

Ciò appare nella sua evidenza dalla lettura puntuale della suddivisione delle risorse all’interno della componente “Turismo e Cultura 4.0”:

1. La voce Patrimonio culturale per la prossima generazione, prevede uno stanziamento pari a 1,10 miliardi di euro. Lo scopo è quello di sviluppare la strategia digitale e le piattaforme per il patrimonio culturale, la rimozione di barriere fisiche e cognitive nei musei, biblioteche e archivi per consentire un accesso più ampio e immediato e infine migliorare l’efficienza energetica di cinema, teatri e musei.

2. La voce Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale e religioso e rurale, prevede uno stanziamento di 2,72 miliardi di euro. Obiettivo specifico da raggiungere è quello di sviluppare l’attrattività dei borghi (a cui vengono destinati 1,02 miliardi di euro), tutelare l’architettura e il paesaggio rurale, valorizzare i luoghi identitari quali parchi e giardini storici e, infine, tutelare gli edifici storici di culto e la creazione di siti per il ricovero delle opere d’arte. Centrale, nell’azione sul “paesaggio rurale”, è favorire il “turismo sostenibile nelle zone rurali” attraverso “la produzione legata al mondo agricolo e all’artigianato tradizionale”. Una lettura di questa affermazione intesa come “sviluppare gli agriturismi”, appare ovviamente restrittiva e miope.

3. La voce Industria culturale e creativa 4.0, prevede uno stanziamento di 0,46 miliardi di euro. Obiettivo è quello di adottare criteri ambientali minimi per eventi culturali, sviluppare l’industria cinematografica e rafforzare le capacità degli operatori della cultura nella gestione della transizione digitale e verde.

4. La voce Turismo 4.0 è quella più corposa perché prevede uno stanziamento di risorse pari a 2,40 miliardi di euro. Gli obiettivi da raggiungere sono tre: creazione di un hub dove sviluppare il turismo digitale, sostegno alla competitività delle imprese e infine lo sfruttamento di grandi eventi turistici.

Più nel dettaglio:
• Hub per il turismo digitale. Sul piano pratico vuol dire implementare il portale Italia.it, riempiendolo di contenuti che riguardano i “turismi” italiani, con annesse tutte le analisi sui dati di navigazione raccolti.
• Sostegno alla competitività delle imprese turistiche. La linea conduttrice di questa azione è quella di concedere del credito agevolato a chi vuole investire nelle proprie strutture turistico – ricettive. Viene accantonato l’abusato istituto del “fondo perduto”, che per sua natura non tiene in gran conto l’effettiva sostenibilità dell’investimento, e si incentiva, invece, l’imprenditore che crede nella sua azienda e che, presumibilmente, ha già valutato la convenienza e il ritorno dell’investimento che va a realizzare. In questo ambito meritano attenzione il Fondo, dotato di 150 milioni di euro, da destinare alla riqualificazione di “immobili ad alto potenziale turistico, in particolare degli alberghi più iconici, al fine di valorizzare l’identità dell’ospitalità italiana di eccellenza” e la partecipazione del Ministero del Turismo al capitale del Fondo Nazionale del Turismo, un fondo immobiliare che ha l’obiettivo di “acquistare, rinnovare e riqualificare strutture alberghiere italiane (1.500 camere d’albergo), tutelando proprietà immobiliari strategiche e di prestigio” e sostenere la “ripresa e la crescita delle catene alberghiere operanti in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali”. Insomma, piccolo è bello se sta già in piedi da solo, perché il sostegno del Governo è rivolto a strutture più grandi.
• Sfruttamento del volano dei Grandi Eventi, per decongestionare le grandi città d’arte e veicolare i turisti su percorsi culturali diversi che le città e i borghi del nostro Paese offrono.

Infine è doveroso osservare che la regia e la gestione dell’intero PNRR (non solo del turismo, quindi) sarà in capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la parte riguardante il monitoraggio e la rendicontazione finale, e alla Cabina di Regia costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli aspetti che riguardano la diretta attuazione.

Alla fine di tutto, quali conclusioni utili al nostro territorio, in vista anche delle imminenti elezioni amministrative, si possono trarre? Almeno due.

La prima è che tutti i candidati, sia quelli che passeranno per le primarie sia quelli proposti direttamente dagli schieramenti, dovranno necessariamente ripulire la loro propaganda da fantomatiche proposte di utilizzare i fondi del PNRR per rilanciare il nostro turismo balneare oppure da ancor più irrealistiche idee di gestirne direttamente l’impiego.

La seconda conclusione, invece, è quella di stimolare il dibattito politico, a cominciare dalle primarie del centro sinistra, su come utilizzare i soldi del PNRR per sviluppare, anche nel nostro territorio, un “altro turismo”, basato sulla cultura, sui borghi e sui territori rurali, tutte cose che nei paraggi abbondano e che finalmente potranno trovare una dignità all’interno del sistema turistico locale.

Giovanni Benaglia

(nell’immagine in apertura, il chiostro del santuario della Madonna delle Grazie a Rimini)

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