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Morte Matteo Iozzi, la Comunità Papa Giovanni XXIII: “Addolorati ma non commentiamo”

Nella mattinata di oggi Giusi Campioni, la mamma di Matteo Iozzi, giovane morto a 19 anni il 13 luglio 2016 in circostanze che la magistratura sta ancora indagando, è tornata nei luoghi in cui si è consumata la tragedia del figlio. Prima si è fermata a un centinaio di metri dalla comunità terapeutica “San Luigi” di Longiano in via Balignano. Poi nel pomeriggio andrà di fronte alla sede amministrativa della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, in via Valderde, di cui la struttura di Longiano fa parte per un sit in silenzioso, con un cartello che ricorda il figlio.

In merito al caso della tragica morte del ragazzo è intervenuta la Comunità Papa Giovanni: “non riteniamo opportuno intervenire perché le indagini sono ancora in corso. Stiamo collaborando in modo trasparente con la procura. Anche noi siamo rimasti molto addolorati per la prematura scomparsa di Matteo e comprendiamo il dolore dei genitori. Corre l’obbligo precisare che i primi rilievi medici effettuati hanno comunque dato esito negativo sotto il profilo di eventuali responsabilità umane”.

La stessa Giusi Campioni ha spiegato più volte di non attribuire alcuna colpa alla Papa Giovanni XXIII: “Ammiro quello che fanno”. E la sua denuncia non è contro la Comunità, ma verso ignoti. Chiede però di sapere la verità.

“Matteo – racconta la madre – aveva deciso di andare in comunità terapeutica Papa Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi, a Longiano, vicino a Rimini, perché voleva dare una svolta alla sua vita e finalmente uscire dal vortice della depressione e dell’obesità, per essere una risorsa é non un peso, perché il suo sogno era quello di fare parte dei caschi bianchi, con Operazione Colomba, che collabora con l’ONU”.

Giusi Campioni riferisce di un bambino vittima del bullismo all’età di 8 anni. Prostrato da una depressione che lo aveva fatto rifugiare nel cibo. Di qui una lunga serie di ricoveri e terapie. A 19 anni Matteo era alto circa 190 cm e pesava 142 kg, la nutrizionista gli aveva prescritto una dieta da 2.300 calorie. Ma era tuttavia un ragazzo pieno di vita e di entusiasmi, amante di equitazione, di football americano che praticava con la squadra dei Bears di Alessandria, di crossfit, di nuoto “e frequentava come figurante i Balestrieri di Genova facendo gare di balestra e, quando poteva, si divertiva ad assaltare i nemici del castello”.

L’ultimo ricovero, alla clinica Villa Azzurra di Rapallo, risale ad aprile del 2016. “Beveva due litri di acqua e più al giorno, la maggior parte dei liquidi li assumeva durante la notte perché con problemi di russamento gli si asciugava moltissimo la bocca.”

Il 9 giugno Matteo va a Longiano. Il 13 giugno muore nella comunità. Date le sue condizioni, è stato assistito a dovere? Sì, conclude una prima inchiesta. Era anche stato visitato il giorno prima. Ma le spiegazioni non convincono la madre. Le hanno parlato di un infarto. Ma l’autopsia, consegnata il 2 novembre del 2016, dice che Matteo è morto per uno “scompenso elettrolitico”. Chiede ancora, cerca testimoni. E due anni fa incarica dei legali per un’investigazione privata.

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