“E’ ancora possibile coltivare la coscienza morale o la coscienza morale oggi è in pericolo?”.
Così ha esordito Vito Mancuso davanti ad un teatro gremito in ogni ordine di posti (anche dietro al palco tant’è che il teologo si è scusato per dare le spalle al pubblico).
“Quando Gustavo Cecchini mi telefonò per propormi di intervenire in questa rassegna chiedendomi chi o che cosa avrei accusato, non ebbi la minima esitazione nel rispondergli che avrei accusato me stesso. Vedete, io mi definisco post-cattolico perché una serie di dottrine del cattolicesimo risultano per me inaccettabili, ma se tra queste ne dovessi indicare una come la più nociva, non avrei dubbi nell’indicare il dogma del peccato originale. L’idea di una colpevolezza generale di tutti gli esseri umani, di una loro corruzione strutturale a prescindere dall’uso della loro libertà ma da addebitare alla comune discendenza da Adamo, è una delle più malefiche e patologiche invenzioni della mente umana. Non è vero che un bambino che nasce in questo momento viene al mondo con “la morte dell’anima”, come dice il Concilio di Trento per cui se non viene battezzato finirà all’Inferno o nel migliore dei casi al Limbo. Non solo non è vero, non solo è umanamente ripugnante pensarlo, ma è anche teologicamente ripugnate perché fa di Dio un sadico di livello assoluto.
Chi non ha qualcuno da accusare? Lo facciamo tutti, ogni giorno; c’è tutta una politica strutturata sull’accusa e che ha bisogno del nemico per alimentare se stessa e così raccoglie consensi. Una politica con il dito puntato contro gli altri. Io penso però che un essere umano cominci veramente a cambiare e a diventare migliore quando quel dito puntato verso gli altri lo indirizza verso se stesso, verso la propria coscienza. La partita della vita alla fine si gioca sempre con se stessi”.
Un intenso a lungo dibattito ha chiuso la serata.