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Martin Scorsese e il silenzio di Dio

Martin Scorsese, in collaborazione con lo sceneggiatore Jay Cocks (al quale si era già affidato per Gangs of New York e L’età dell’Innocenza) , scrive e dirige un’opera solenne e maestosa, che riesce ad indagare con acume uno dei più grandi dilemmi della fede: il silenzio indifferente di Dio di fronte alle sofferenze dell’uomo. Pochi altri film, nella tradizione del genere, sono riusciti ad andare così a fondo nei meandri della Religione e dell’inspiegabile significato del Martirio.

Le persecuzioni dei Cristiani affondano le proprie radici sin dall’epoca romana, e hanno raggiunto il culmine proprio nell’esperienza nipponica. Avere un’immagine sacra, un’icona della Madonna o un santino, nel Giappone del tempo, significava sfidare apertamente la religione preesistente: il Buddhismo. Scorsese non risparmia una sola goccia dello stillicidio della tortura, che defluisce gradualmente in pressione psicologica nello spettatore, durante i 161 minuti della pellicola.

Tratto dall’omonimo romanzo storico di Shusaku Endo (1966), il film racconta la storia di due padri gesuiti lusitani, Sebastian Rodrigues (Andrew Garfield) e Francisco Garupe (Adam Driver), che nel 1639 intraprendono un viaggio in Giappone per ricercare il loro mentore, padre Ferreira (Liam Neeson), giunto lì alcuni anni prima per diffondere il Vangelo. Rodrigues e Garupe proveranno con coraggio a diffondere la fede cristiana nelle isole nipponiche, luogo i cui i Cristiani vengono violentemente perseguitati.

Il regista di Taxi Driver fotografa un Giappone immobile e palustre, in cui ogni novità – come il Cristianesimo – è al tempo stesso ostacolata ed incompresa. Gli iniziali successi di evangelizzazione sono frutto di un equivoco di fondo: la vita ultraterrena, per i poveri abitanti delle isole, non è altro che il riscatto ad un’esistenza animalesca, fatta di stenti e privazioni. Cristo c’entra fino ad un certo punto. Scorsese sceglie di non soffermarsi troppo neanche sul Buddhismo concentrandosi piuttosto sul rapporto tra l’uomo e Dio (chiunque Esso sia), tra chi prega e chi non crede, evidenziando il vuoto tra domanda e risposta, di cui il silenzio divino diviene emblema.

Il regista statunitense sceglie Andrew Garfield ed Adam Driver per interpretare i due volti della speranza, ma affida all’ex The Amazing Spider-Man un compito ben più arduo: il suo Rodrigues, ossessionato dalla figura del Cristo, è convinto di ripercorrerne le gesta, fino ad autoconvincersi di essere l’unico portatore della vera fede. Quando rincontra finalmente il suo mentore padre Ferreira, però, si scontra con una realtà che non corrisponde alle sue certezze: una realtà che, invece, le ribalta e mette in discussione. Tradito anche dal suo padre spirituale, Rodrigues cade in un periodo di profonda crisi interiore.

Un capitolo a parte merita l’enigmatico personaggio di Kichijiro (Yōsuke Kubozuka), un uomo che è arrivato a rinnegare Dio ma che ora cerca disperatamente il suo perdono. Nel legame Rodrigues-Kichijiro, Scorsese ripropone una moderna versione del rapporto Gesù-Giuda: diverse sono le citazioni evangeliche: l’entrata di Rodrigues nella città sul modello di quella di Cristo a Gerusalemme; il tradimento nel giardino degli ulivi, che qui diventa una boscaglia; la consegna alle guardie.

Rodrigues continua a pregare comunque, con cristiana perseveranza, cercando disperatamente risposte da un Dio che, indifferente, resta in silenzio.

È giusto rinnegare Dio per salvare la vita di quei poveri fedeli condannati a morte? Che significato ha, per loro, rinnegare un Dio che in realtà non conoscono? Stanno morendo per il Signore o per lui, padre Rodrigues? È davvero solo una formalità, come continuano a ripetere gli inquisitori? L’icona sacra sulla quale Rodrigues sta per poggiare il piede sembra affermare che sì, è giusto calpestare Dio piuttosto che lasciarli morire. Ma quella era davvero la voce del Signore, o era soltanto un’altra allucinazione?

Scorsese non fornisce una chiara risposta a queste domande. Ci lascia soli, come Rodrigues, a cercare Dio nelle pieghe del silenzio.

Edoardo Bassetti

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