Il comunicato di Mario Erbetta, segretario di Rinascita Civica dove esprime i concetti della “Rivoluzione conservatrice” e sui prossimi appuntamenti legati alle elezioni della prossima Primavera:
“E’ possibile pensare e perseguire un progetto rivoluzionario in Italia, paese da sempre caratterizzato dall’apatia e dall’acquiescenza, dallo scarso civismo e dall’indolenza? È possibile incanalare le forze dissonanti ed eccentriche rispetto al presente e indirizzarle verso un percorso comune, condiviso e trasversale? L’Italia continuerà a guardare la storia come una spettatrice passiva e paziente, disinteressata o disillusa, o si potrà in qualche modo inserire nella storia e nella grande politica, filando la sua sorte senza subirla? Sono domande tutt’altro che oziose, ed anzi sono quesiti ricorrenti e legittimi che riecheggiano ossessive specialmente tra i giovani, che vedono la distanza scoraggiante tra le loro istanze di cambiamento ed l’indole sorniona ed opportunista del loro paese e dei loro connazionali.
Oggi più che mai bisogna dare una risposta a questi quesiti.
Oggi più che mai si sente la necessità di un partito che in ambito economico persegua nuove strade per la giustizia sociale, senza incorrere nelle follie dell’egualitarismo o della statolatria; che in ambito etico assuma un profilo conservatore, nel senso di conservazione del patrimonio culturale ed ambientale, storico e popolare dell’Italia e degli italiani; ed infine che sappia riaffermare un sobrio amor patrio, senza derive scioviniste ma senza neppure cedere ad un internazionalismo e ad un europeismo ebete, ad un terzomondismo vago o peggio a quella forma tutta italiana di autodenigrazione o autorazzismo.
Una formazione politica che possa rappresentarsi in un “socialismo conservatore” o “socialismo tricolore” che prenda forma da una Rinascita Civica, un civismo che dalle città si dirami alla nazione come un grande albero che ha le radici ben salde nella tradizione .
Questo sarebbe un partito finalmente nuovo, lontano dalla ribalta mediatica ma vicino all’indole più autentica degli italiani, alla loro testa e al loro cuore, più che, come dice qualcuno per snobismo, alla loro pancia. Un partito così infatti darebbe cittadinanza ad una parte del paese da sempre larghissima e inascoltata, a quella maggioranza che, per propria acquiescenza o per l’altrui fracasso, è sempre costretta a restare “silenziosa”.
Ma un partito così sarebbe in grado di fare una rivoluzione? E perché per farla si deve passare necessariamente dall’ideologia italiana?
Una Rinascita Civica dovrà essere alla base di una Rivoluzione Conservatrice: l’Italia non è un paese rivoluzionario nel senso delle grandi rivoluzioni della modernità, per indole e temperamento, non accetterebbe una rivoluzione contro il proprio quieto vivere e contro le proprie consuetudini, contraria alla tradizione e all’identità, che sancisse una frattura insanabile col passato e con le origini. In Italia una rivoluzione può essere attuata se sa essere rassicurante, o conservatrice: cioè se si compie non contro ma con il paese e la sua tradizione, il popolo e la sua identità.
Ovviamente, la nozione di rivoluzione conservatrice è scivolosa: può essere una grandiosa operazione che sappia svecchiare le classi dirigenti su criteri meritocratici e portare nel palazzo le istanze e le priorità del popolo, notoriamente conservatore; beninteso può altresì essere un tentativo gattopardesco di celare dietro una finta rivoluzione una sostanziale conservazione, per fare in modo che “tutto cambi perché nulla cambi”.
Qual è il discrimine tra una seria rivoluzione conservatrice ed un’operazione di rinnovamento superficiale che cela il mantenimento di vecchi equilibri?
I veri conservatori rivoluzionari sono quelli che agiscono avendo presenti le dinamiche storiche, politiche, filosofiche e sociali che li precedono: coloro che camuffano la conservazione dello status quo con una rivoluzione di chiacchiere sono invece protagonisti inconsapevoli della storia, inadeguati ai loro compiti ed impreparati per gestire le proprie prerogative.
I veri conservatori rivoluzionari sono quelli che nascono dal civismo comunale, pragmatici e poco ideologici, con uno sguardo alle tradizioni e uno al futuro, competenti e con l’unico dogma della meritocrazia e di creare una nuova ed efficiente classe dirigente che scelga le migliori menti per guidare il paese.
Una rivoluzione conservatrice può partire dalla Romagna e da Rimini?
Rimini e tutta l’Emilia Romagna hanno bisogno di una svolta radicale, un rinnovamento che sia una rinascita vera nei metodi, nello stile, nei contenuti, negli assetti e nelle strutture pubbliche.
Rimini è asfittica, ha paura del nuovo e del futuro e perfino delle ombre del passato, una città che non fa figli e non crea più nulla: è vecchia dentro, oltre che nelle strutture comunali e nei suoi apparati amministrativi. Una città ingessata nella burocrazia, soffocata dalla pressione fiscale, che scoraggia ogni tentativo imprenditoriale di rischiare ed è l’immagine dell’Italia, un paese che non osa.
Una città dove i morti superano i nati, tra negozi chiusi e un centro storico morente, chiese chiuse, librerie chiuse, fabbriche e fonderie chiuse non va da nessuna parte.
Bisogna che Rimini riscopra il gusto e la passione di conservarsi, di avere memoria storica e sensibilità civile.
La rivoluzione può e deve partire da Rimini e da una Rinascita civica che deve coincidere con la Conservazione: una seria rivoluzione demografica con politiche che favoriscano e tutelino le famiglie, che portino a ripopolare le campagne con le giuste modifiche al Rue; una rivoluzione fatta di politiche che incentivino il lavoro giovanile e femminile rigenerando e dando sicurezza alla città e alle periferie, una rivoluzione che risollevi l’economia turistica ed edile.
A maggio 16 Comuni della Provincia andranno alle elezioni e in autunno ci saranno le elezioni Regionali e da questi appuntamenti che inizierà la nostra Rivoluzione Conservatrice.
Preparatevi uomini e donne di buona volontà che qui’ comincerà l’avventura…”.
Il segretario, Mario Erbetta
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