Al 13° Congresso dell’ANPI nazionale, svoltosi a Padova (con l’apertura nella splendida Aula Magna dell’Università) e proseguito poi a Abano Terme, dal 29 al 31 marzo 2001, Vittorio Vitali (1926-2009), Presidente dell’ANPI riminese e Mario Castelvetro, Vice-Presidente, vollero che andassi con loro (ero allora Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza di Rimini). Presidente Nazionale dell’ANPI era ancora Arrigo Boldrini (1915-2008), il comandante “Bulow” della 28.a Brigata Garibaldi “Mario Gordini” di Ravenna.
Sarà il Congresso che aprirà la discussione sul futuro dell’Associazione Partigiani che si concluderà poi al 14° Congresso del febbraio 2006 a Chianciano Terme sarà effettuata una modifica statutaria densa di importanti implicazioni politiche, in quanto si consentiva l’iscrizione all’ANPI delle generazioni più giovani: a coloro i quali, pur non avendo vissuto la Resistenza, ne condividono i valori e l’ispirazione politica e morale. L’ANPI diede così concretamente avvio al ricambio generazionale all’Associazione.
Furono tre giorni intensi che mi consentirono di conoscere molto meglio sia Vittorio che Mario, di ascoltare i loro ricordi partigiani, di apprezzarne la dirittura morale e la carica vitale che possedevano ancora a ottanta anni.
Mario Castelvetro era nato a San Zaccaria di Ravenna il 3 settembre 1921, primogenito di tre fratelli, e visse l’infanzia e l’adolescenza a Castiglione di Ravenna, aiutando il padre mezzadro nella vita dei campi.
Ricorderà nei primi anni 2000 alla nipote Elena: “Sono nato in una casa di campagna. Niente luce elettrica, niente gas, niente rubinetto dell’acqua, niente riscaldamento con i termosifoni, niente strada asfaltata, niente auto nelle case. C’era solo una sgangherata Fiat Balilla che serviva per tutto il paese. Il viottolo era fangoso in inverno e polveroso in estate. Niente materasso nel letto ma un pagliericcio fatto con le foglie di granoturco che a volte foravano… la schiena. Per scaldarlo si metteva il… prete con la… suora; al mattino ci si lavava nel catino rompendo il ghiaccio se durante la notte aveva gelato; si mangiava il pancotto (pane-acqua, poco sale, poco lardo, fatto bollire e con un condimento eccezionale: la fame). Sono nato quando il fascismo ha conquistato il potere. Bisognava solo ubbidire. Più si era poveri e più bisognava subire. Al sabato si andava a scuola vestiti da ‘balilla’. Si marciava con un fucilino di legno, e l’assenza comportava la giustificazione del padre che, se si rivelava antifascista, veniva segnalato dalla polizia e rischiava di essere… lisciato sulla schiena con un arnese tipo… randello”.
Nel 1941 si diploma alle scuole magistrali “Carducci” di Forlimpopoli, che distava 15 chilometri da casa sua, fatti in bicicletta tutte le mattine.
Chiamato alle armi nell’estate 1941 fu arruolato nell’aeronautica e dopo due anni di corso presso gli aeroporti di Siena, Orvieto e Fano conseguì nell’agosto 1943 il brevetto di pilota militare su caccia biplano FIAT C.R. 42 con il grado di Sottotenente. Ma l’8 settembre 1943 il maresciallo Pietro Badoglio proclamò l’armistizio, illudendo gli italiani che la guerra fosse finita. Castelvetro non fece in tempo ad entrare in linea sul fronte.
Dopo lo sbandamento del suo reparto all’aeroporto di Fano, si avviò verso casa. I mesi successivi furono difficili. Rifiutò di aderire ai bandi di arruolamento della Repubblica di Salò. Per mesi si nascose in un rifugio sotterraneo in mezzo ai campi coltivati. Con l’ultimo bando del generale Rodolfo Graziani, alle soglie dell’estate 1944, che stabiliva la fucilazione per i renitenti alla leva fascista, dovette decidere da che parte stare. Alcuni suoi amici avevano deciso di aderire alla nascente resistenza. Il 1° maggio 1944 entrò “ufficialmente” a far parte del GAP di Castiglione di Ravenna, Distaccamento “Settimio Garavini” comandato da Alberto Bardi (“Falco”). Il nome di battaglia, da partigiano, assunto da Casteveltro fu “Loris”.
Il padre Giuseppe, repubblicano, non si oppose; il fratello Rino lo seguì pochi mesi dopo. Presto divenne il vice-comandante della Compagnia.
Castelvetro partecipò ad alcuni attentati ai mezzi militari tedeschi, alla distruzione col plastico della casa del fascio di Russi. Visse esperienze terribili come quando nel corso di una esplorazione un suo compagno entrò in una casa che era stata minata e saltò in aria assieme allo stabile. Dichiarò sempre alla nipote Elena: “Sono stato fortunato perché parecchie volte la morte mi ha sfiorato”. Oppure quando insieme ad altri suoi commilitoni finirono in un campo minato, o allo scontro con i tedeschi nella pineta di Ravenna.
Dopo la Liberazione di Ravenna il 4 dicembre 1944 decise di continuare la guerra ancora sotto il comando dell’amatissimo Comandante Bulow. Egli aveva creato il Gruppo di combattimento “Cremona”, appartenente al ricostituito Esercito italiano, e Castelvetro nella primavera del 1945 divenne il vice-comandante della 9.a Compagnia.
A fine guerra ottenne la qualifica di “partigiano combattente”, e fu insignito di Croce al Merito di guerra.
Nell’immediato dopoguerra fu incaricato dal locale Comitato di Liberazione come responsabile della Commissione alloggi a Ravenna; venne inoltre nominato membro della giuria popolare in numerosi processi a carico di brigatisti neri istituiti dalla Corte di Assise Straordinaria.
Nel 1945 Mario Castelvetro si iscrisse al Partito Comunista Italiano, a cui poi rimase legato per tutta la vita. All’8. Congresso Circondariale (3-5 gennaio 1969) del PCI riminese venne eletto nella Commissione Federale di Controllo. Riconfermato al 9. Congresso (4-6 febbraio 1972) e al 10. Congresso (27 febbraio-2 marzo 1975), in carica sino a marzo 1977. Si iscrisse poi al PDS e ai DS.
Vinse il primo concorso per insegnante elementare del dopoguerra. Sino alla pensione, nonostante gli incarichi politici e amministrativi, Castelvetro fu maestro: non rinunciò mai al suo ruolo di educatore. Le sue prime assegnazioni furono in Veneto, per tornare poi in Romagna, prima a Meleto e poi a Serbadone in Valconca. Qui conobbe e sposò Bianca Mancini , l’1 dicembre 1956 a Montefiore Conca (1929-viv.), da cui ebbe tre figli: Maurizio (nato nel 1958), Valter (nato nel 1959) e Tiziano (nato nel 1963). A metà degli anni ’50 fu assegnato a Cattolica, e qui si stabilì definitivamente con la famiglia.
Il 6 novembre 1960 venne eletto Consigliere Comunale nella lista del PCI. Rimase in Consiglio sino al maggio 1990, per trent’anni. Il Sindaco comunista Ottavio Lazzari (1921-1978) lo nominò nel dicembre 1960 assessore alla Pubblica Istruzione.
Alle elezioni del 22 novembre 1964 Castelvetro venne nominato Sindaco alla guida di una Giunta PCI-PSIUP. Alle elezioni del 7 giugno 1970 Sindaco divenne Sergio Grossi sempre alla guida di una Giunta PCI-PSIUP, ma Castelvetro rimase in Giunta come assessore alla Pubblica Istruzione. Confermato nell’incarico dopo le elezioni del 15 giugno 1975 in una Giunta PCI-PSI e quelle dell’8 giugno 1980 con una Giunta PCI monocolore. Quando il 26 agosto 1982 Grossi si dimise e venne eletto Sindaco Franco Mazzocchi, Castelvetro divenne assessore all’Urbanistica. Incarico che mantenne anche dopo le elezioni del 12 maggio 1985, sempre con una Giunta monocolore comunista.
Negli anni in cui fu assessore alla Pubblica Istruzione diede impulso ad innovative e importanti esperienze didattiche nel settore della scuola pubblica d’infanzia. Negli anni in cui fu Sindaco vennero avviate importanti opere di adeguamento infrastrutturale della città nel settore educativo (asili, scuole, biblioteca), impiantistico (strade, fognature, acquedotto, diga sul Conca) ed ambientale (scogliere, depurazione delle acque, gestione dei rifiuti).
Nel 1968 venne costituito il Consorzio Acquedotti composto dai Comuni di Cattolica, Riccione, Misano e Gabicce e Castelvetro ne divenne il Presidente. Il Consorzio costruì la Diga sul Conca che garantì ai Comuni membri una riserva d’acqua pari a cinque milioni di mc.
Nel 1969 divenne il Presidente del Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani che costruì l’impianto di incenerimento di Raibano, nel Comune di Coriano, diventato operativo il 1° gennaio 1976, ma inaugurato ufficialmente solo il 3 marzo 1976. Rimase Presidente sino al 1977.
Terminata la funzione di pubblico amministratore nel maggio 1990 si dedicò con sempre maggiore intensità in qualità di Presidente della sezione dell’ANPI di Cattolica, e poi come vice-presidente dell’ANPI provinciale, all’attività educativa e di testimonianza presso le scuole elementari e medie, organizzando lezioni di storia vissuta, viaggi nei luoghi significativi degli eccidi nazifascisti, conferenze ed eventi in occasione del 2 giugno, del Giorno della Memoria e del 25 aprile (come la suggestiva aquilonata sulla spiaggia di Cattolica), e raccogliendo testimonianze sulla Resistenza nella zona della Valconca (come ad esempio la storia dei due giovani Domenico Rasi e Vanzio Spinelli fucilati dai repubblichini a Cattolica all’alba del 24 giugno 1944). Operò costantemente per una cultura della Pace e della Vita, nel rispetto dei diritti e nel riconoscimento dei doveri di tutti.
Castelvetro fu per diversi decenni anche membro del Direttivo dell’Istituto per la Storia della Resistenza di Rimini e contribuì al suo sviluppo e alla sua crescita.
A seguito di un grave infarto, seguito da un coma di tre settimane, Mario Castelvetro morì l’11 settembre 2007, all’età di 86 anni.
L’ANPI di Cattolica dal 2007, in memoria di Castelvetro, organizza annualmente il Premio Arti Espressive “Mario Castelvetro” rivolto agli studenti delle classi quinte delle scuole elementari e delle classi prime, seconde e terze medie delle scuole secondarie attive sul territorio romagnolo e marchigiano, statali e parificate. I premi vengono consegnati ogni anno nel corso della cerimonia della Festa della Liberazione il 25 aprile. La partecipazione al Premio prevede la produzione con tecniche libere di un’opera creativa letteraria, grafica o multimediale avente a soggetto un tema indicato dal Comitato organizzatore.
Ringrazio Maurizio Castelvetro, figlio di Mario, per avermi consentito di utilizzare diverse notizie sul padre tratte dal suo blog “L’italiano per ben vivere deve ben ricordare”: “Un luogo immateriale in cui verranno ospitati documenti politici e non, suoi o su di lui e comunque legati al mondo materiale e ideale di un uomo che deve la sua formazione etica e politica alla scuola di lotta e di democrazia della 28a Brigata Garibaldi, comandata dall’amatissimo Arrigo Boldrini”.
Paolo Zaghini