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Ma il federalismo spinto non fa bene alla salute

Ma allora è meglio o no che le regioni abbiano maggiore autonomia nelle materie a loro riconosciute dalla Costituzione? E perché in tante la chiedono, soprattutto al nord?
I recenti referendum proposti dalle Regioni Lombardia e Veneto e ancor prima l’accordo sottoscritto fra il Premier Gentiloni e il Presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini sono la testimonianza concreta di spinte molto forti.

Personalmente concordo con Matteo Renzi.
Il massiccio voto nella Regione Veneto a favore di un quesito referendario peraltro assai vago (“Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”) oltre alle motivazioni autonomiste in senso stretto, che sicuramente hanno una loro valenza, sono per molta parte espressione di uno scontento diffuso nel Paese per l’esagerata pressione fiscale sul ceto produttivo, sul ceto medio e sui lavoratori che ha ormai raggiunto limiti di insopportabilità.

Se a questo aggiungiamo la disorganizzazione del Paese in numerosi settori, che tutti noi chiamiamo burocrazia, il cerchio è chiuso.
A questo proposito, voglio analizzare la situazione del Servizio Sanitario Nazionale, proprio in occasione della pubblicazione del nuovo Report di Cittadinanzattiva.

Il report ci dimostra che il federalismo sanitario (cioè la gestione alle Regioni della Sanità) divide il Paese a macchia di leopardo.

Una serie di dati:

Vaccinazioni: morbillo, parotite, rosolia: copertura del 90% in Lombardia, Piemonte, Sardegna, Basilicata, 67% Bolzano, 73% Molise.
Screening: 9 su 10 donne al Nord, meno di 9 al Centro , 6 al Sud per la mammografia; 43% in Lombardia, 65% in Emilia Romagna , 67% Trento,5% Calabria, 6% Puglia, 14% Abruzzo eseguono l’Hemoccult (intestino).
Spesa sanitaria: addizionale Irpef nel Lazio di 620 euro, 460 in Campania, 360 in Toscana, 300 in Veneto.
E per i tickets, 32 euro in media in Sardegna, 94 Valle d’Aosta, 60 Veneto. Visita specialistica: 16 euro Marche, 29 Friuli. TSH 6 euro in Liguria, 13 in Sardegna. Superticket ricetta non in Basilicata, Sardegna, Bolzano; sì in Abruzzo, Liguria, Lazio, Molise ecc.
Tempi di attesa: 122 giorni per le mammografie (89 Nord e 142 Sud), 93 per la colonscopia, 87 per visita oculistica.
Molte regioni sono inadempienti per le liste di attesa (Calabria, Campania ,Lazio, Molise).
Farmaci: 42% delle strutture oncologiche impiegano 15 giorni per l’inserimento dei nuovi farmaci nel prontuario ospedaliero, altre 2-3 mesi (7%), altre 4 mesi (9%). Solo il 52% prevede sostegno per i farmaci non autorizzati dal SSN.
Ammodernamento Tecnologico: il 30% delle attrezzature ha età superiore ai 10 anni, solo il 30% delle Tac è stato collaudato da meno di 5 anni. Tenendo conto della velocità della tecnologia, molte apparecchiature risultano poco moderne e meno diagnostiche o terapeutiche.
Radioterapie: Toscana con 4 servizi per milione di abitanti, Emilia Romagna 3,6, Lombardia 3,2; Campania 1,7, come Puglia e Basilicata.

E sono solo alcuni dei dati in un Report dove le notevoli differenze nelle prestazioni sanitarie fornite in giro per il Paese emergono ad ogni passo.

Non sono poi entrato nell’analisi delle qualità delle prestazioni, della qualità degli esiti, della qualità di vita e della soddisfazione dei pazienti. Se andassimo entro questi parametri sicuramente troveremmo altre differenze rilevanti.

Ma allora un regionalismo così spinto serve davvero all’Italia?
Un Paese frantumato in mille rivoli, e soprattutto con regole diverse, orientamenti diversi nelle diverse competenze, favorisce i cittadini? E gli operatori economici stranieri ne possono essere attratti?Finora è successo il contrario: più incertezze e confusione, uguale meno investimenti nel nostro Paese e quindi meno lavoro.

Non sarebbe più opportuna in questa fase attuale, visti quei dati, una razionalizzazione dei Sistemi regionali? Non bisognerebbe andare verso una loro omogeneizzazione, un lavoro comune delle Regioni per confrontarsi e migliorare tutti assieme, piuttosto che spingere l’acceleratore sul moltiplicarsi di competenze e incarichi ?E naturalmente, in questo quadro di collaborazione, ci vorrebbe anche un sistema premiante che valorizzi i più virtuosi,  le Regioni che raggiungono gli obiettivi e che spendono meno rispetto all’obiettivo da raggiungere.

Spero e penso che il percorso che la Regione Emilia Romagna ha intrapreso con il Governo vada anche in questa direzione, quello della collaborazione delle Regioni fra di loro.
E che si tenga conto in questi protocolli e percorsi amministrativi-gestionali, del grosso debito pubblico del Paese  e della necessità di semplificare i percorsi e le strutture regionali,. Per spendere meno, ma anche per stimolare lo Stato Italiano a rivedere i suoi percorsi, la sua organizzazione e a migliorare le su performance di spesa.
Un lungo lavoro da fare.

A proposito, leggo che il Veneto vuole trattenere il prelievo fiscale in eccesso rispetto a quanto lo Stato eroga in Servizi in quella Regione.
Faremo i conti per bene e credo che ne vedremo delle belle.

Ma spero che in tale occasione – ed è una provocazione, ma non troppo – la Regione Veneto e la Lombardia si vogliano accollare anche la parte del debito pubblico italiano di competenza. Conti alla mano, sulla base della loro popolazione sarebbero quasi 390 miliardi di euro per la Lombardia e circa 180 per il Veneto. Affare fatto?

Alberto Ravaioli

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