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Ma davvero pensate che la satira esista ancora?

Ultimamente, a causa di una vignetta sul Fatto Quotidiano si è parlato molto di satira. Ma, scusate, pensate davvero che la satira esista ancora? Non è stata forse assassinata dal vuoto politico, dal permissivismo sessuale, dal menefreghismo religioso? La satira! Era viva e vitale quando rappresentava la reazione contro l’autoritarismo, il moralismo, il bigottismo e tutti gli altri ‘ismi’ che l’avrebbero voluta soffocare. E dunque quando chi la faceva rischiava anche la galera.

Ve lo posso assicurare per esperienza personale avendo collaborato ai tempi dell’Università come vignettista e corsivista, a un “fogliaccio” satirico edito a Rimini che anticipò di qualche anno il ’68. Sembra fanta-storia, eppure quelli erano i tempi della censura sulle riviste che mostrassero un seno troppo scoperto, delle condanne penali per un manifesto che affermava che “i dogmi sono una invenzione dei preti”, di un paese dove sfiorare con un bacio una ragazza per strada era considerato atto osceno in luogo pubblico. Dove Giovannino Guareschi, sol per aver pubblicato sul periodico “Candido” una sua vignetta dal titolo “I Corazzieri”, ritraendo il capo dello Stato tra due file di bottiglie di “vino Nebiolo dei poderi Einaudi” (schierate in guisa dei corazzieri del Quirinale) veniva condannato per vilipendio al Presidente della Repubblica a otto mesi di reclusione, tutti scontati.

Ecco. In quegli anni ci voleva un certo coraggio per scrivere e disegnare su un giornale umoristico. E anche una buona cultura. Era infatti il ricorso alla metafora, al sottinteso, al paradosso, alla parodia che poteva salvarti (e non sempre) da una condanna.

Magici anni 60. ‘Castigat ridendo mores’ per usare la bellissima definizione latina della satira.
Ci si batteva davvero per cambiare i costumi. E con l’adrenalina alle stelle.

Già. E i costumi (compresi quelli da bagno) sono davvero cambiati. Tanto da stupire anche chi aveva sudato tanto per far diventare normale tutto ciò che prima non lo era. Il ‘comune senso del pudore’ consente oggi espressioni grafiche e verbali che un tempo avrebbero comportato il sequestro di una testata. La satira religiosa, quella che, in Italia (e negli ex Stati pontifici in particolare) tirava parecchio, lascia ora completamente indifferenti.

All’alba del nuovo secolo la Corte Costituzionale ha cancellato dal codice il reato di vilipendio della religione dello Stato. E ormai, in nome della satira (quale?) si può impunemente scrivere e disegnare di tutto. Il fatto è che quando non esistono più tabù da infrangere, muore anche la risata. La risata liberatoria che, grazie a un disegno e a una battuta azzeccata, ti scioglie dalla tensione e anche dalla rabbia. E, con la risata muore la satira. E con la satira se ne vanno settimanali colti e intelligenti come Tango, Il Male, Cuore. Sopravvive solo chi, contando sul pubblico più perverso, si adatta a scendere a certi livelli. Come quelli raggiunti da una rivista francese con la macabra vignetta sui 300 morti del terremoto che devastò il centro Italia nel 2016. Raffigurati sotto le macerie, con le facce sporche di sangue e la didascalia: “Terremoto all’Italiana: penne al succo di pomodoro e lasagne”. Come dire: sangue e cadaveri schiacciati…

E da noi?
Visto che i politici si sono sputtanati da soli e che far satira su di loro è ormai come sparare sulla Croce Rossa, l’unica cosa rimasta da dissacrare è la famiglia.

Già la famiglia. Una cosina alla quale, per fortuna, credono ancora in molti.
Dateci sotto, cari vignettisti, prima che passi di moda anche quella.

Giuliano Bonizzato

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