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Ma alle signore della pittura non servono gli altari del mito

Fino al 25 luglio 2021, presso Palazzo Reale a Milano, si terrà Le signore dell’arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600, una mostra imperdibile dedicata alle più grandi artiste italiane vissute tra il XVI e il XVII secolo che Chiamamicittà.it ha visitato per voi.

Il percorso espositivo, che si articola attraverso oltre 130 opere, ripercorre la produzione artistica di ben 34 artiste provenienti dall’interna Penisola, e mostra allo spettatore come – contrariamente a quanto normalmente si crede – la pittura fosse già a quel tempo un’espressione artistica anche femminile, e non solo relativamente a tele di piccole dimensioni e ad uso privato.

Le pale d’altare e i dipinti provenienti dalle più prestigiose collezioni europee, infatti, testimoniano come le donne fossero a tutti gli effetti parte della comunità artistica internazionale: se, successivamente, sono state escluse dal canone egemonico ciò è dovuto, quindi, al fatto che pochissimi (fra gli uomini che per secoli hanno poi monopolizzato la storia dell’arte) si sono preoccupati di raccontarne le loro storie, e non al fatto che le donne non sapessero dipingere.

Artemisia Gentileschi è stata una delle prime pittrici a mettere in crisi questa tendenza maschilista della storia dell’arte, e la sua attrattività mediatica è infatti sfruttata dai curatori Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié per attirare il maggior numero di visitatori possibili, con lo scopo però di far conoscere loro innanzitutto le altre artiste donne del suo tempo.

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Le tele della Gentileschi sono infatti poste alla fine del percorso espositivo, che si articola in 5 sezioni: Le artiste del Vasari (Properzia de’ Rossi, Sofonisba Anguissola…), Artiste in convento (Plautilla Nelli, Caterina Vigri, Lucrina Fetti…), Storie di famiglia (Fede Galizia, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Marietta Robusti “la Tintoretta”…), Le Accademiche (Plautilla Bricci, Maddalena Corvina, Giovanna Garzoni…), Artemisia Gentileschi “valente pittrice quanto mai altra femmina”.

Dall’itinerario proposto emerge come fossero due le vie d’accesso alla pittura per una ragazza del tempo: nascere in una famiglia aristocratica, o di pittori.

Specie riguardo a quest’ultimo caso, avremmo due consigli di lettura da suggerirvi: l’operazione letteraria di scrittrici come Anna Banti (Artetmisia, 1947), e più recentemente Melania Mazzucco (La lunga attesa dell’angelo, 2008), è riuscita infatti a elaborare un nuovo racconto dell’autorialità femminile, in cui poter apprezzare rispettivamente i dipinti di Artemisia non più in quanto “figlia di Orazio”, e di Marietta come “figlia di Tintoretto”.

Come testimonia la mostra monografica alla National Gallery di Londra da poco conclusa, Artemisia ha finalmente raggiunto il grande pubblico a prescindere da suo padre. Un’indipendenza da figure maschili quali il padre, il marito, il maestro, l’amante ecc. che l’esposizione di Milano si augura anche per le numerose altre pittrici del suo tempo, che in questi anni sono state paradossalmente oscurate dalla presenza mediatica sempre più ingombrante della Gentileschi: da icona delle istanze emancipatrici della seconda ondata femminista, infatti, Artemisia è diventata negli ultimi decenni una sorta di brand commerciale che non ha favorito la riscoperta delle altre donne artiste della sua epoca.

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L’eccessiva “eroicizzazione” della figura di Artemisia ostacola dunque un’analisi più approfondita di tutte le sue (numerose) colleghe: un pericolo del quale anche Anna Banti sembrava essere consapevole quando, nei primi anni Ottanta, decise di tenere una rubrica dedicata alle altre pittrici sul Corriere della Sera – oggi raccolte nel volume Quando anche le donne si misero a dipingere, acquistabile nello shop della mostra.

Raccogliendo i frutti delle battaglie femministe (senza le quali oggi non sarebbe stata neppure immaginabile), la mostra di Milano ha ben presente la deriva insita in questo eccessivo processo di mitizzazione, e utilizza a suo vantaggio l’“esca” di Artemisia per far conoscere al grande pubblico altre storie femminili, ugualmente degne di essere raccontate.

In conclusione, la mostra di Milano offre un’ottima occasione per diffondere un’ulteriore attenzione relativa all’autorialità femminile, che possa incentivare nel grande pubblico (e ancor più fra gli uomini) un pensiero critico realmente emancipatorio e progressista.

La mostra è visitabile dal martedì al sabato, dalle ore 10:00 alle ore 19:30.

Da martedì a venerdì non è previsto obbligo di prenotazione, anche se è consigliata; sabato, domenica e festivi la prenotazione è invece obbligatoria (da effettuare entro il giorno precedente la visita).

Trovate tutte le info al link: https://www.palazzorealemilano.it/la-tua-visita/biglietti-e-prenotazioni

Edoardo Bassetti

(nell’immagine in apertura: Artemisia Gentileschi: “Maria Maddalena”, 1630-1631)

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