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Luca di Luzio e Max Ionata chiudono CorTe Inn Jazz: “Una nuova chitarra apposta per Coriano”

Serata conclusiva per CorTe INN JAZZ, a Coriano, con Luca di Luzio Blue(s) Room Trio feat. Max Ionata. Gran finale per la rassegna musicale dedicata all’improvvisazione CON alla presenza del chitarrista pugliese Luca di Luzio (classe ’73), che ospiterà, venerdì 23 febbraio, alle ore 21,15  sul palco di Coriano, Max Ionata, tra i maggiori sassofonisti italiani della scena jazz contemporanea. Di Luzio, che suona la chitarra elettrica, l’acustica e la classica, spaziando dalla bossa nova fino al funky passando per il fusion e il blues, ha formato la Blue(s) Room Trio insieme al batterista Max Ferri e al tastierista Sam Gambardini, che in realtà è un “hammondista”, cioè un virtuoso dell’inconfondibile sound prodotto dall’organo elettrico Hammond. L’eclettico chitarrista pugliese, tra le altre cose, è appena rientrato dagli Stati Uniti dove ha partecipato al celebre NAMM Show, il più importante evento del music business internazionale.

Luca di Luzio

Luca, quando hai iniziato a suonare la chitarra?

«Ho iniziato con il flauto traverso da bambino e poi sono passato al basso elettrico e infine alla chitarra. Le esperienze giovanili, anche su altri strumenti, sono state utilissime. Grazie al flauto ho imparato a leggere la musica dignitosamente, mentre l’aver studiato il basso elettrico è tornato utile quando, alcuni anni fa, ho cominciato a suonare la chitarra a sette corde con un la basso . Ho studiato la chitarra prima da autodidatta e poi sono andato a lezione da un bravo insegnante di Ferrara. Ho girato l’italia, frequentando seminari di molti chitarristi come Joe Diario, Mick Goodrich, Pat Metheny, Mike Stern, John Abercrombie, Larry Coryell. Ho avuto la fortuna di incontrare tre grandi musicisti che mi hanno dato tanto sia musicalmente e umanamente come Garrison Fewell, Roberto Spadoni e Antonio Cavicchi. Con gli ultimi due ho studiato al Conservatorio Frescobaldi di Ferrara, dove mi sono laureato nel 2011. Garrison è stato il mio ‘papà chitarristico’, mi ha sempre incoraggiato, sostenuto e guidato in molte scelte importanti non ultima quella di abbandonare il mio precedente lavoro per dedicarmi a tempo pieno alla musica. In seguito ho continuato ad approfondire alcuni aspetti dell’improvvisazione con Les Wise e con Dean Brown. Ogni musicista mi ha lasciato qualcosa di positivo che è servito a costruire il mio attuale linguaggio».

In una band, che figura è quella del chitarrista ?

«Il chitarrista di una band è forse la figura più versatile e duttile. Pensando ad un trio o quartetto con un sassofono, può essere l’elemento armonico; in un trio l’elemento melodico e in un duo può sostenere la ritmica e l’armonia».

Cosa rappresenta la chitarra per te?

«Per quanto mi riguarda la chitarra è parte integrante della mia capacità di comunicare, di esprimermi, di raccontare una storia. Non è solo un mezzo di espressione, ma riesce anche ad influenzare il contenuto stesso della storia. Ho un rapporto quasi viscerale con lo strumento, con il suono in generale. Non ho quella duttilità mentale di molti miei colleghi che possono comporre musica con il pianoforte, o scrivendo direttamente lo spartito: io ho bisogno della chitarra per tirare fuori idee, elaborarle e farle diventare dei brani. Sono sempre incuriosito dalle potenzialità sonore di questo strumento, motivo per cui tre anni fa ho iniziato a suonare anche la chitarra a sette corde nella tradizione di George Van Eps, Bucky Pizzarelli, Howard Alden e Ron Eschetè. Sono dovuto ripartire quasi da zero, perché aggiungere una corda significa cambiare i voicings (la disposizione verticale e l’ordine delle note che compongono un accordo n.d.r), e perdere i riferimenti visivi sulla tastiera ma, oggi, sono felice di averlo fatto. Quando chiesi al mio caro amico Howard Paul perché avrei dovuto iniziare a suonare la chitarra a sette corde, mi rispose ironicamente: “per tenere gli altri chitarristi lontani dal palco quando stai suonando”. Molti grandi chitarristi a cui ho proposto di provare la mia chitarra hanno rifiutato quasi terrorizzati dalla non convenzionalità dello strumento. Quel pizzico di curiosità che mi appartiene invece mi avvicina a situazioni che mi tengono fuori dalla mia ‘comfort zone».

La tua anima musicale è più Blues, Funky o Jazz?

«Sono onnivoro sia gastronomicamente che musicalmente parlando. Ascolto molta musica: classica, blues, funk, Jazz, musica brasiliana, il mainstream, fusion e rock. Secondo me, sono tutti dialetti dello stesso linguaggio. Non sono un purista e neanche uno specialista di un determinato stile. Cerco di rubare musicalmente tutto ciò che mi piace. Nel mio linguaggio ci sono frasi che ho trascritto da Coltrane, Pat Metheny, Steve Ray Vaughan, Michael Breaker, Grant Green, Pat Martino e Mike Stern. Non c’e un filo logico o stilistico nei miei eroi musicali, l’unico denominatore è che suonano dell’ottima musica. Anche i due progetti musicali a cui sto lavorando in studio, attualmente, sono musicalmente molto lontani tra di loro. Sto registrando un CD in duo con la cantante canadese Lauren Bush, prodotto da Tuck and Patti e un CD di mie composizioni originali in quartetto con Jimmy Haslip , Dave Weckl, Max Ionata ed alcuni ospiti come Scott Kinsey e Alessandro Fariselli. Questo CD, prodotto da Haslip, sarà pronto prima dell’estate».

Come descriveresti il tuo sound?

«La ricerca del proprio sound, cosi come del proprio linguaggio, è un processo che dura tutta la vita. Il mio suono è in continua evoluzione, talvolta cerca un riscontro anche nel tipo di formazione in cui suono. Cerco un suono più acustico se sono in un trio con contrabbasso e batteria o in duo con una cantante mentre se sono con il Blue’s Room Trio mi piace avere un suono più elettrico, blueseggiante, colorato anche da qualche effetto. Per il concerto a Coriano userò una nuova chitarra, che mi è stata appena data dalla Benedetto, liuteria di cui sono endorser, durante il recente NAMM Show a Los Angeles. È una sei corde molto simile a quella che usa Pat Martino. La utilizzerò anche a breve per registrare il mio CD con Jimmy Haslip, Dave Weckl e Max Ionata. Il suono quindi sarà molto elettrico e moderno».

Cosa ascolteremo a Coriano il 23 febbraio?

«A Coriano suonerò con un trio collaudassimo, che vede Samuele Gambarini all’Hammond e Max Ferri alla batteria. Il repertorio è basato su alcuni classici degli organ trio degli anni 60’, più qualche mio brano originale. Avremo come ospite il grande Max Ionata, sassofonista e grande amico con cui collaboro da alcuni anni. Abbiamo già fatto diversi concerti con questo quartetto ed è per me un’esperienza di grande impatto. Sul palco si respira un clima di rispetto, di serenità e di voglia di fare della buona musica insieme. Sicuramente, entro il 2018, registreremo qualcosa insieme proprio per lasciare traccia di questa bella collaborazione».

Nicola Luccarelli

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