Curare il coronavirus con plasma. Ieri il primario del Sant’Orsola di Bologna Pierluigi Viale ha dichiarato che almeno per il momento in Emilia Romagna non si seguirà questa strada, che invece si sta sperimentando a Mantova e Pavia. Ma l’argomento continua a far discutere gli studiosi.
Fra i sostenitori più accesi, Giuseppe De Donno, direttore della Pneumologia dell’Ospedale “Carlo Poma” di Mantova: “Il plasma iperimmune – ha scritto su Facebook – ci ha permesso di migliorare ancora di più i nostri risultati. È democratico. Del popolo. Per il popolo. Nessun intermediario. Nessun interesse. Solo tanto studio e dedizione. Soprattutto è sicuro. Nessun evento avverso. Nessun effetto collaterale”. De Donno ha attaccato duramente anche l’immunologo Roberto Burioni, che pur aveva ritenuto questa cura “una pratica scientificamente valida” ma evidenziandone alcuni limiti.
Ora nel dibattito interviene anche il 31enne immunologo riminese Giacomo Gorini, che a Oxford sta lavorando a un vaccino contro il covid-19.
Scrive il giovane ricercatore:
“Il trattamento con plasma convalescente:
1) richiede plasma, cioè prelievi di sangue dai guariti.
2) richiede guariti, ma non solo: richiede guariti disposti a donare il sangue tutte le volte che ce n’è bisogno (molte, di questi tempi).
3) richiede test per assicurarsi che il plasma non contenga agenti patogeni come HIV, HCV, HBV (questi hanno un costo).
4) può aiutare a migliorare il decorso clinico e forse conferisce anche un certo grado di protezione MA a breve termine. I vaccini offrono protezione a lungo termine, ed il costo in termini di tempo e denaro è molto minore.
Ancora la menate con la storia delle case farmaceutiche? Se non spunta fuori un vaccino o un trattamento efficace continueremo a regalar loro molti più soldi.
5) non è standardizzato: il plasma da paziente guarito A è diverso da plasma da paziente guarito B, e non è detto che entrambi funzionino.
Quello di cui abbiamo bisogno è di un trattamento efficace ed economico, così come di un vaccino efficace ed economico. Questi ci permetteranno di evitare di salassare periodicamente i guariti, perdere tempo e soldi ad estrarre analizzare e somministrare il plasma, e procedere con la trasfusione nella speranza che il paziente migliori.
Finché non avremo misure di trattamento (e prevenzione) migliori, la trasfusione di plasma resta l’opzione migliore che abbiamo, ma sempre con dei grossi limiti”.