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L’Europa sulle concessioni di spiaggia: “Le norme italiane scoraggiano gli investimenti”

Interessante documento della Commissione europea per le petizioni sulle concessioni demaniali turistiche. Un documento che riassume tutte le risposte che la Commissione Europea ha dato negli anni alle richieste fatte da cittadini italiani per l’esclusione delle spiagge dalla Bolkestein.

Secondo i firmatari delle petizioni, tale direttiva riguarda la liberalizzazione dei servizi, mentre le concessioni marittime statali sono concessioni di risorse o proprietà destinate all’uso pubblico, che sono simili alle concessioni pubbliche per lo sfruttamento di sorgenti di acqua minerale.

L’applicazione di questa direttiva agli stabilimenti balneari privati comprometterebbe, stando ai firmatari, l’esistenza di migliaia di piccole e medie imprese distruggendo posti di lavoro.

La prima richiesta è datata 2013. La risposta della Commissione è puntuale: “Le “concessioni” balneari rientrano in questo caso di specie, in quanto si tratta di autorizzazioni, rilasciate dall’autorità pubblica, concernenti una risorsa naturale rara e aventi come obiettivo la fornitura di un servizio. Va altresì ricordato che nel 2009 la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia concernente le “concessioni” balneari, archiviata nel 2012. Non è mai stata messa in discussione l’applicabilità della direttiva Servizi e, in particolare, del suo articolo 12.”

La seconda risposta è del 2014: “Le autorità italiane dovrebbero predisporre, relativamente alle concessioni balneari in Italia, una procedura di selezione tra i candidati potenziali che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e che preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. La durata di ogni nuova concessione deve essere stabilita, caso per caso, dalle autorità italiane competenti, tenendo conto della necessità di garantire l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione dei capitali investiti da parte della persona che la ottiene.”

La terza risposta è del 2016: “Un elemento importante da prendere in considerazione è che la questione della proroga delle concessioni balneari in Italia è attualmente oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), che è stata investita di una questione pregiudiziale da due giudici italiani (cause riunite C-458/14 e C-67/15). Un’udienza ha avuto luogo il 3 dicembre 2015 e le conclusioni dell’avvocato generale sono attese per il 25 febbraio 2016.”

Analoga risposta viene data alla petizione del marzo 2016

La quinta risposta riguarda una petizione del gennaio 2017. “A seguito della pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia del 14 luglio 2016 e sulla base delle informazioni a disposizione dei servizi della Commissione, le autorità italiane stanno attualmente valutando le misure da prendere in risposta alla sentenza. La Commissione seguirà la questione e potrà esaminare le misure che le autorità italiane adotteranno eventualmente alla luce di tale sentenza.  La Commissione si aspetta altresì che i due tribunali nazionali italiani che inizialmente avevano sottoposto la questione alla Corte di giustizia tengano pienamente conto dell’interpretazione data da quest’ultima nelle loro sentenze nazionali. “

La sesta risposta della Commissione Europea è datata 2018. Una risposta che giunge dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea. “La Commissione sottolinea la necessità di un quadro giuridico nazionale chiaro e completo che sia in linea con l’interpretazione e la sentenza della Corte di Giustizia Europea. Ciò è effettivamente necessario per garantire la trasparenza delle condizioni e delle norme di accesso sancite dalla direttiva Servizi e dal trattato, oltre che per ridurre le controversie e offrire una maggiore certezza giuridica per gli operatori esistenti, fornendo nel contempo alla pubblica amministrazione migliori strumenti di vigilanza in caso di situazioni illegali e assicurando ai nuovi imprenditori la possibilità di entrare nel mercato”.

L’ultima risposta è datata marzo 2021. Una risposta definitiva che prelude all’attivazione della procedura di infrazione europea. “La Commissione si rammarica che l’attuale quadro italiano violi il diritto dell’UE e contraddica nel merito la sentenza della CGUE; così facendo, compromette anche la certezza del diritto a danno di tutti gli operatori in Italia, compresi gli attuali concessionari, che non possono contare sulla validità delle loro concessioni, in quanto possono essere impugnate dinanzi ai tribunali italiani e annullate. Inoltre, le norme italiane scoraggiano gli investimenti, la modernizzazione e la concorrenza in un settore chiave dell’economia italiana già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di entrate potenzialmente significativa per le autorità italiane. È per tali ragioni che il 3 dicembre 2020 la Commissione ha deciso di inviare all’Italia una lettera di costituzione in mora. Nel suo ruolo di custode dei trattati, la Commissione mira a garantire il pieno rispetto del diritto dell’UE in questo settore.”

La Commissione europea ha mantenuto una linea coerente sin dall’inizio, nel 2009, quando aveva già avviato la procedura di infrazione. Da allora si sono persi oltre 12 anni per inseguire da parte di alcune forze politiche le richieste dei sindacati dei balneari che hanno sempre chiesto o proroghe fino a 90 anni, o diritti di superficie per 100anni oppure l’uscita dalla direttiva servizi o Bolkestein. Richiesta che ritorna anche in questi giorni quando il Governo presenterà le nuove norme sulla concorrenza comprese le spiagge. Il 14 ottobre vi sarà l’adunanza generale delle sezioni del Consiglio di Stato prorpio per pronunciarsi su questo argomento. Difficile pensare che il Consiglio di Stato esprima opinioni diverse da quelle della Commissione Europea

Il documento integrale della Commissione Europea

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