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L’Europa che ci boccia i conti promuove la sanità italiana

Abbiamo spesso del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) una visione per così dire “introspettiva”: non sappiamo sempre valutare come ci giudicano gli altri Paesi, anche se i dati internazionali indicano che l’assistenza sanitaria italiana appare essere fra le più adeguate nel mondo.
Certo occorre lavorarci, molte migliorie potrebbero essere apportate, ma di questo parleremo in una prossima volta.

E’ uscito recentemente un documento della Commissione Europea sullo stato della Sanità nei vari Paesi della Comunità. Cosa è emerso?
Intanto, una differenza notevole fra Paese e Paese. Così come per l’Italia fra Nord e Sud, anche in giro per l’Europa la sanità non è uguale per tutti. Solo che “il Sud dell’Europa” dal punto di vista sanitario è spostato spostato verso Est.

Si pensi ad esempio che per la speranza di vita, abbiamo una media di 83 anni in Spagna (la maggiore in Europa) e di 74 in Lituania: 9 anni di differenza, non sono pochi.

Ma dedichiamoci all’Italia. 

Siamo fra i Paesi che gode di maggiore salute e ha la speranza di vita più alta, secondi in Europa dopo la Spagna, con 82.7 anni (media fra maschi e femmine), contro il 79.9 di media europea.

L’Italia è il Paese che più lavora in Sanità per diminuire le quantità di morti evitabili, rispetto agli altri Paesi: mi riferisco al fumo ( -20%), alcol (-20%), diagnosi precoce delle malattie (tassi mediamente elevati), vaccinazioni (tassi buoni), servizi igienici e vorrei dire anche inquinamento ambientale.

Alcol e fumo e obesità peroò tendono nell’ultimo decennio ad aumentare negli adolescenti, terreno in cui secondo l’Europa dovremmo intervenire più energicamente.

Nelle fasce di reddito inferiore i bisogni dei cittadini però rimangono insoddisfatti rispetto agli altri Paesi, specie per gli accertamenti diagnostici e le cure odontoiatriche. Infatti, confrontata con la media europea, la nostra povertà relativa appare essere del 13.4 % contro il 10.8% dell’Europa, la disoccupazione del 11.9 contro il 9.4.

La nostra spesa sanitaria pro-capite è poi più bassa, 2.520 euro anno contro 2.797 (10% in meno), 9.1% del PIL contro il 9.8%, mentre la spesa dell’italiano medio nel privato è più alta rispetto ai cittadini europei (23% contro il 15%).

Ma le fasce di reddito più basse hanno un fabbisogno sanitario non corrisposto nel 15% dei casi, contro 1% delle fasce a maggior reddito (media italiana 7% e europea 4%).

La copertura delle prestazioni per le fasce a reddito più basso è per fortuna garantito dalla esenzione dal pagamento delle prestazioni o dei tickets e dall’inserimento dei Lea fra le prestazioni sanitarie garantite a tutti.

Vi è una sostanziale differenza fra Nord e Sud, tanto che 30.000 pazienti si spostano da Campania Calabria e Sicilia per curarsi nelle Regioni del Centro-Nord.

Il numero dei medici è lievemente superiore rispetto alla media europea (3.8 contro 3.6 ), mentre è inferiore quello degli infermieri (6.1 contro 8.4).

Per quanto attiene alle malattie cardio-vascolari e ai tumori, le due principali patologie killer, abbiamo i tassi di cura più alti in Europa.
Abbiamo una rete di collaborazioni per la ricerca adeguata e una rete in genere di collaborazioni sanitarie, così come dovrebbe essere, ma un consumo di farmaci generici più basso rispetto alla media europea.

Come si può comprendere, una situazione in generale soddisfacente, anche se ancora molto rimane da fare.

Avremo modo di tornare su questo argomento del miglioramento dell’assetto sanitario in Italia.
I dati incontrovertibili comunque risultano essere una spesa generale pro-capite inferiore del 10% rispetto alla media europea e una grande differenza delle prestazioni erogate fra le diverse Regioni italiane.

Persistere ancora nel rafforzare i meccanismi regionali nelle Regioni più avanti appare una scelta che nel medio e lungo periodo non fa altro che portare a allargare questa forbice sanitaria. Occorre invece sviluppare un confronto e una messa in rete fra tutte le Regioni per creare uniformità assistenziale e sanare storture e cattiva organizzazione lì dove esistono.

Vi sono sicuramente altri punti da prendere in considerazione, ma questi saranno esaminati anche alla luce delle proposte che le forze politiche faranno nella imminenza della campagna elettorale e della presentazione dei programmi.

Non è più tempo di facilonerie e proclami fuori luogo: il documento europeo ci ha ben descritti e di lì anche occorre partire per ragionare del futuro della Sanità.

Alberto Ravaioli

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