Legambiente scrive ai consiglieri regionali per chiedere che non ci siano più proroghe alla piena attuazione della Legge Regionale urbanistica regionale, che si proponeva di innovare le regole vigenti in Emilia-Romagna e porre un freno al consumo indiscriminato di suolo in regione.
L’associazione, che già si era opposta alla proroga al 2021 votata nella scorsa legge di assestamento di bilancio nell’estate 2020, esprime preoccupazione e contrarietà ad un eventuale nuovo rinvio, che non farebbe altro che continuare a garantire deroghe rispetto al principio di contenimento del consumo di suolo, fissato al 3% del territorio urbanizzato per ogni Comune.
«Riteniamo che nel caso la Regione decidesse di concedere una nuova proroga, indebolendo ulteriormente una legge già troppo permissiva, perderebbe di credibilità qualsiasi dichiarazione riguardo al contenimento del consumo di suolo e la stessa “Strategia di mitigazione e adattamento per i cambiamenti climatici” definita dalla giunta nel 2019», dichiara Legambiente.
Nella lettera Legambiente si sofferma sull’aumento di richieste di nuovi insediamenti legati al settore della logistica, “che nell’ultimo anno ha visto un incremento di proposte di espansione praticamente in ogni provincia. A tal proposito nel documento si chiede alla Regione di farsi carico di affrontare in maniera adeguata questo fenomeno e arginare li continuo assalto al territorio che deriva dal comparto. Sarebbe utile e opportuno quindi portare avanti un lavoro di razionalizzazione e contenimento, che adotti criteri adeguati sull’ubicazione dei poli e sui collegamenti con il trasporto pubblico e ferroviario, e che valuti la possibilità di prediligere le aree dismesse.
Soprattutto su questo ultimo criterio l’associazione ribadisce che la realizzazione di edifici pubblici dovrebbe essere sempre prevista in situazioni di rigenerazione, salvo nei casi di manifesta impossibilità, e costituire così un esempio virtuoso per tutti.
Risulta un segnale particolarmente negativo – ad esempio – che i tre futuri ospedali che sorgeranno in regione (Piacenza, Cesena, Carpi) siano previsti in aree vergini e di pregio. Progetti che, tra l’altro, alimenteranno la mobilità privata. Su questo tema Legambiente si è già espressa con un recente comunicato disponibile a questo link.
Nel documento l’associazione propone, inoltre, di prevedere una mappatura delle aree dismesse sul territorio da poter riutilizzare: un lavoro che consentirebbe l’avvio di autentici processi di rigenerazione urbana.
Di seguito le proposte di revisione di Legambiente utili alla LR 24/2017:
- Definire in modo dettagliato e restringere notevolmente l’ambito degli interventi strategici che vanno in deroga al 3%, attualmente troppo permissivo; ad esempio delle 14 istanze di nuova logistica presentate nell’area metropolitana di Bologna, solo 2 (pari al 34% della superficie utile totale) sono considerate nel calcolo del 3%;
- Definire meglio la scala temporale del saldo zero. Non avrebbe senso che il 3% venisse utilizzato tutto nei primi 5-10 anni. L’uso di questa possibilità residua andrebbe proiettato in un ipotetico scenario temporale trentennale. Non esiste una vera programmazione di come si distribuirà l’uso del suolo consentito da qui al 2050 e questo di fatto rende inconsistente l’idea che il 3% basti come limite. Il rischio evidente è che se parti del territorio utilizzeranno il proprio 3% nei prossimi 10 anni, sarà poi difficile immaginare che future maggioranze regionali non vadano a “correggere”, ampliandoli, i limiti della legge;
- Occorre destinare risorse specifiche per rinforzare il personale degli uffici urbanistici spesso inadeguati ad analizzare con le tempistiche necessarie, i singoli progetti e comunque ad applicare completamente i principi della nuova Legge regionale;
- Revisione dei termini perentori degli accordi per nuove urbanizzazioni, attualmente previsto per soli 90 giorni che comportano consistenti difficoltà per i tecnici comunali a rispondere, con contenuti supportati da analisi, sulle proposte che arrivano al tavolo;
- Definire meglio il perimetro delle aree urbanizzate, come è già stato fatto nell’esperienza del PUG di San Lazzaro, per eliminare tutte quelle piccole aree disperse, che, di fatto, non sono zone urbane. Questa attenzione servirebbe per ridurre il valore su cui si calcola il 3%;
- Elaborare i nuovi strumenti urbanistici (PUG) sulla base delle carte di rischio e pericolosità idrogeologica (aggiornate alla luce dei mutamenti climatici in atto), in modo da supportare la pianificazione e garantire un’efficace mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
- Prevedere che i PUG individuino quella aree urbane o degradate del territorio adatte alla realizzazione di impianti fotovoltaici.