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Le vittime del branco di Miramare: “Incubi, vergogna e panico, non sappiamo se la paura passerà”

«Mi capita di avere incubi notturni e attacchi di panico. Non so se passerà mai la paura e il senso di vergogna che mi accompagnano». Così scrive la ragazza polacca vittima del branco, la scorsa estate, insieme al suo fidanzato sulla spiaggia di Miramare. La donna ha inviato una lettera al Tribunale dei minori di Bologna, che oggi ha condannato gli imputati minorenni per quei fatti. A sua volta, il ragazzo riferisce: «Ho paura del buio, della spiaggia, del mare, della gente che parla una lingua straniera» Lo ha reso noto l’avvocato riminese Maurizio Ghinelli, che li assiste e ha depositato i testi tradotti.

L’altra vittima di quella notte di terrore, la trans peruviana che poi per prima fornì elementi utili all’arresto dei colpevoli, secondo il suo legale Enrico Graziosi, non cova risentimenti nei confronti dei ragazzi:«Se non è riuscita a odiare Butungu – non riuscirà a odiare nemmeno i tre minorenni. Quello che ha sempre detto la mia assistita è che spera che un domani possano rifarsi una vita e rimediare ai loro errori». L’avvocato, non presente all’udienza, perché nei processi minorili non è prevista la costituzione di parte civile, ritiene la pena di 9 anni e 8 mesi ai tre imputati «giusta, equa, nell’ordine di quella data a Butungu», tenendo conto della riduzioni di legge per il rito abbreviato e per la minore età degli imputati. «Per come conosco gli atti – ha aggiunto, però, – forse da un punto di vista comportamentale doveva essere differenziata la posizione del 16enne nigeriano: ha fatto subito ammenda, ha fornito elementi utili per raggiungere la verità, è stato il più collaborativo e forse è il più debole del gruppo».

Si tratta di una pena troppo alta, infatti, proprio secondo il difensore del nigeriano 16 enne, l’avvocato Alessandro Gazzea: «Nove anni e otto mesi sono troppi. Faremo appello, quantomeno sulla questione delle aggravanti sulla violenza e sulla minorata difesa; il giudice ha considerato una serie di circostanze aggravanti che secondo noi dovevano essere elise. I fatti sono quelli che conosciamo, ma il giudice li ha voluti ritenere una pluralità di violenze. La medesima violenza è invece stata conteggiata più volte». Invece l’avvocato Marco Defendini, difensore dei due fratelli marocchini, considera equa la pena cui sono stati condannati, anche se proporrà comunque appello:  «Leggeremo le motivazioni, ma credo che sarà difficile ottenere un risultato migliore». E i ragazzi se l’aspettavano e non hanno manifestato segni di disperazione, perché erano in qualche modo «preparati». Con loro c’era anche il padre: «Ha parlato con i figli – precisa l’avvocato – ed era consapevole anche lui della situazione. La madre è a casa con gli altri due figli minori».

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