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Le terme romane di Rimini: mosaico di 40 metri quadrati completamente riscoperto

A Rimini è stato completamente riportato alla luce il mosaico di via Melozzo da Forlì. Con una prima, piacevole sorpresa: il pavimento musivo è integro nel suo perimetro, danneggiato in modo non significatico nella superficie. Ed è un perimetro molto grande: circa 10 metri di lunghezza per 4 di larghezza. Doveva appartenere all’ambiente principale di quello che è stato identificato come un impianto termale: un salone di circa 40 metri quadrati.

Ad un lato si vede infatti un muro semicircolare che di una vasca, mentre sono stati individuati i condotti realizzati con i tipici mattoni “tubolari”, un canale, un altro pavimento appoggiato su colonnette per farvi circolare l’aria riscaldata in un’apposita fornace.

Anche la vasca termale aveva un rivestimento in mosaico. Lo scavo ne ha fatto riemergere i muri del perimetro, intatto. Si nota la precisione della muratura pur dovendo seguire una linea perfettamente curva. Per ricoprire le pareti degli ambienti erano stati utilizzati marmi preziosi provenienti anche da molto lontano, probabilmente perfino dall’Egitto. Mentre i soffitti erano affrescati e stuccati.

Il grande mosaico presenta disegni geometrici molto semplici: linee nere su fondo bianco a comporre esagoni e rombi. Difficilmente questi simboli, pur elementari, possono essere stati scelti a caso o solo in base a un criterio estetico. Per esempio, secondo Pitagora l’esagono, una dei poligoni cui può applicarsi il suo celebre teorema, era il simbolo della creazione. Mentre il rombo (dal greco ῥόμβος «trottola») veniva associato al movimento circolare. E non solo per i pitagorici la geometria assumeva anche un carattere sacro.

Dal punto di vista esecutivo, certamente un’opera di non grandissimo impegno. Un lavoro “provinciale”, ma che tuttavia sarà costato al committente una cifra considerevole, se non altro per il materiale impiegato. E che doveva apparire estremamente elegante nella sua essenzialità e certamente sfarzoso per le dimensioni e gli ornamenti. Resta ancora il dubbio se le terme fossero pubbliche oppure appartenenti a una lussuosa residenza privata.

Quando furono costruite? Gli archeologi di Phoenix propendono ancora per la prima età imperiale, anche per le analogie con i mosaici di Ostia antica appartenenti al I secolo dopo Cristo. Il complesso fu utilizzato senza apportarvi modifiche almeno fino al IV secolo.

Poi l’abbandono, non sappiamo ancora se dopo una distruzione violenta o per le mutate condizioni storiche, che non permettevano più a edifici così sontuosi di restare al di fuori della cerchia muraria senza correre rischi. Fatto sta che in seguito nel sito furono scavate delle sepolture, senza tanti riguardi per quello che era ormai celato dal terreno. Le fosse sono andate infatti a perforare il grande mosaico in più punti.

La scoperta archeologica, del tutto inattesa in quel luogo, è avvenuta nel febbraio scorso durante i lavori per una condotta Hera. Gli scavi proseguono ancora e potrebbe anche riservare qualche ulteriore sorpresa, oltre a dover risolvere i tanti quesiti posti dai ricchi ritrovamenti. Quelli più significativi sono stati mostrati al pubblico nel giugno scorso.

Si porrà ora la questione di come valorizzare l’area archeologica. Trovare una soluzione per lasciarla in vista oppure trasferire quanto si può nel museo della città? Certamente almeno quel mosaico di così grandi dipensioni non potrà tornare nell’oblio in cui è rimasto per quasi due millenni.

Stefano Cicchetti

 

 

 

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