Non sono passati neanche 7 giorni dall’ approvazione in via definitiva da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge delega n. 4302 sul “riordino delle concessioni demaniali marittime” che gli stessi tre sindacati dei Concessionari Balneari che hanno accolto favorevolmente tale provvedimento e cioè Sib-Confcommercio, Fiba-Confesercenti e Oasi-Confartigianato, chiedono al Governo e al Parlamento «di non chiudere questa legislatura senza che sia trovata una soluzione che metta in sicurezza il comparto balneare italiano» imputando loro il «dovere» di «valutare un provvedimento da inserire nel decreto legge di accompagnamento alla Finanziaria 2018 in discussione al Senato per introdurre poche norme, efficaci e dai tempi di approvazione certi, che consentano al sistema di superare il giorno per giorno così da mettere benzina vera nel motore delle imprese per rilanciarne gli investimenti e ridare slancio ed entusiasmo ai nostri figli».
Poche idee ma confuse, verrebbe da dire a prima vista, volendo “buttarla in politica” alla Totò. Se invece ci si propone un’analisi giuridica impronta a quanto sancisce la Costituzione Italiana, è necessario un ragionamento semplice, ma con la delimitazione precisa delle ragioni del contendere, in quanto non si può trattare la Carta Fondamentale della Repubblica Italiana come “un lettino da spiaggia” da posizionare ad uso e consumo dell’utilizzatore e a seconda di dove giri il sole.
Il nostro ordinamento consente al Governo l’esercizio della funzione legislativa solo in conseguenza di una legge (la cosiddetta legge di delegazione o legge delega ) che indicando «i principi e i criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”, incarichi l’ esecutivo di provvedere ( art. 76 Cost.).
La prassi costituzione vede l’ utilizzo delle “leggi deleghe e dei successivi decreti legislativi quando è necessario il riordino, la revisione ed il riassetto di norme precedenti accompagnato da una regolamentazione organica di una determinata e complessa materia» in modo che viene salvaguardata la dignità del Parlamento, che non abdica dall’esercizio delle proprie funzioni di controllo sul Governo, e quest’ultimo è legittimato ad intervenire, nei limiti della delega conferitagli, con norme di attuazione che riprendono la propria fonte in un lavoro tecnico dell’esecutivo di concerto con quei corpi intermedi maggiormente interessati all’emanazione dei Decreti Legislativi attuati della delega. In buona sostanza, un lavoro quasi codicistico della materia, affinché essa possa avere un assetto completo e definitivo.
Queste erano le finalità, espresse anche dai singoli relatori, della Legge–Delega sul riordino delle Concessioni Demaniali Marittime a scopo Turistico Ricreativo condivise anche dalla “triplice” sindacale di cui sopra. Indipendentemente dal merito delle singole disposizioni, una linearità logico-giuridica e politica emergeva nella scelta da parte delle forze politiche governative (PD e AP-NCD in primis) del percorso ponderato della Legge-Delega e dei successivi Decreti Legislativi attuativi.
Ma ad una settimana dal primo passaggio parlamentare, tale modalità pare non essere più condivisa; direi che addirittura sembra ribaltata in quanto, sempre secondo la “triplice”, adesso risulterebbe urgente provvedere con il Decreto-Legge collegato alla “Finanziaria” . Una “strategia politica e giuridica” nettamente divergente da quella caldeggiata la settimana prima.
Ma quali sarebbero i “casi straordinari di necessità ed urgenza” tali da legittimare il Governo ad emanare «sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge» in assenza di delega parlamentare (art. 77 Cost.)? Quelli «che consentano al sistema di superare il giorno per giorno così da mettere benzina vera nel motore delle imprese per rilanciarne gli investimenti e ridare slancio ed entusiasmo ai nostri figli…», come sostengono i balneari?
Non credo sia una motivazione sufficiente e “costituzionalmente orientata”, almeno fino a quando si possa ragionare seriamente di diritto. La Corte Costituzionale, anche recentemente (Sent. N. 220/2013) ha rimarcato la «palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistemazioni progressive, che mal si conciliano con l’immediatezza di effetti connaturata al decreto legge, secondo il disegno costituzionale».
La Costituzione della Repubblica Italiana non può modellarsi “ad usum bagnini”, verrebbe da dire. E non può passare il concetto che una materia complessa, come quella Demaniale Marittima, che aveva (e ha) “il legittimo diritto di cittadinanza” all’interno di una Legge-Delega, come giustamente pensato dai proponenti, solo perché non ci sono i termini tecnici per approvarla vista la imminente fine della legislatura per scadenza naturale, possa sic et simpliciter trovare asilo politico in zona Cesarini nel contenitore di un Decreto-Legge.
E’ chiaro che ci si abitua, purtroppo, a vedere di tutto e di più in quanto tale proposta è stata subito accolta da due senatori del PD (lo stesso partito che ha caldeggiato ed approvato alla Camera insieme a AP-NCD la Legge-Delega): Stefania Pezzopane, che ha depositato un emendamento che prevede «un periodo transitorio di minimo 30 e massimo 50 anni per le concessioni in essere al 31 dicembre 2009, istituendo parallelamente le immediate procedure di evidenza pubblica solo per le spiagge ancora libere e decretando per esse una durata dai 30 ai 50 anni per parità di condizioni»; e Salvatore Tomasseli il quale a sua volta ha depositato un emendamento che prevede di cedere a chi ha già una concessione demaniale marittima, ma la perda a seguito della gara, «un corrispettivo per il trasferimento del ramo d’azienda, predeterminato e concordato tra questo e l’amministrazione concedente prima della fase di offerta, reso noto dal bando di gara e pari al 90% del suo valore commerciale».
Vedremo se ancora la politica possa avere una propria autonomia, una propria credibilità e una propria dignità tali da non permettere questa ulteriore “forzatura” (per essere buoni ) dei principi sottesi alle norme Costituzionali.
Roberto Biagini