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Le fave dei morti con l’Artusi

Quest’anno coi proverbi proprio non ci siamo: il primo di novembre è la festa di Ognissanti e, secondo la saggezza popolare, si dovrebbe essere già alle porte dell’inverno.

Infatti “per i Sént, i guènt” (per i Santi, i guanti) e “per i Sént l’invérni l’è ma chèsa su” (per i Santi l’inverno è a casa sua) stonano alquanto col clima di questi giorni, soleggiato e quasi primaverile.

Per quanto riguarda i cibi che per tradizione si preparano “per i Morti”, riportiamo la ricetta n. 622 dalla Bibbia dei cuochi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, riferita alle fave dei morti.

Si tratta di semplici biscottini a base di mandorle che si preparano in questo periodo, in tante versioni, in molte regioni italiane, Romagna compresa.

Nel testo artusiano non troviamo solo ingredienti e modalità di preparazione, ma anche una premessa storico-antropologica, che lo trasformano in una lettura piacevole, come succede sempre col Maestro della cucina italiana.
Quindi, avanti e coraggio! Anche queste sono ricette facili, si possono preparare in un battibaleno.
E se alla vostra porta capitasse qualche ragazzino in vena di “dolcetto o scherzetto”, regalandogli qualche fava dolce potremmo spiegargli che la nostra tradizione non si discosta molto da quella importata dai paesi anglosassoni con Halloween.
Orgoglio italiano e romagnolo, suvvia!

622. FAVE ALLA ROMANA O DEI MORTI

Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d’orto, che si usa in questa occasione cotta nell’acqua coll’osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell’antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno. Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell’inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l’uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a’ suoi discepoli di astenersene; un’altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.

Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v’indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.

PRIMA RICETTA

  • Farina, grammi 200.
  • Zucchero, grammi 100.Mandorle dolci, grammi 100.Burro, grammi 30.Uova, n. l.
  • Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d’acqua di fior d’arancio.

SECONDA RICETTA

  • Mandorle dolci, grammi 200.
  • Farina, grammi 100.
  • Zucchero, grammi 100.
  • Burro, grammi 30.
  • Uova, n. l.
  • Odore, come sopra.

TERZA RICETTA

  • Mandorle dolci, grammi 200.
  • Zucchero a velo, grammi 200.
  • Chiare d’uovo, n. 2.
  • Odore di scorza di limone o d’altro.

Per le due prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d’acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll’uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto.

Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel mortaio con le chiare d’uovo versate a poco per volta. Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.

Buon appetito e… alla prossima!

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