C’è anche un riccionese fra gli studenti dell’Università di Bologna morti in guerra che ora l’ateneo vuole commemorare con una laurea “Honoris causa”. E’ Ferdinando Del Bianco, caduto in Russia nel gennaio del 1943 alla testa dei suoi Alpini del battaglione “Gemona” durante la disastrosa ritirata delle truppe italiane.
Nando, come era chiamato in famiglia, era figlio di Colombo Del Bianco e Teresa Galavotti (1885-1959), a sua volta primogenita di Domenico Galavotti (1859-1922) figura storica dell’anarco-socialismo romagnolo. Non per nulla battezzò il secondogenito con il nome di Grido (1889-1967), mentre due figli avuti dalla seconda moglie Virginia Caldari (1875-1930) furono chiamati Ribelle (1896-1966) e Giordano Bruno (1898-1966). A Riccione Galavotti gestiva l’Hotel Lido, mentre il padre di Nando conduceva la Pensione Del Bianco. Come scrive Enrico Galavotti (“Grido ad Manghinot – Politica e turismo in un secolo di storia riccionese 1859-1967”) Colombo e Teresa ebbero cinque figli: Matilde, Secondo, Ido (detto Nilo, anch’egli Alpino ma sopravvissuto ed emigrato in Brasile) e Lido. “L’ultimo figlio fu Nando, che fece parte della Divisione Alpina Julia e che combatté sia nella campagna di Grecia del 1940-41 che in quella di Russia del 1942-43 (come parte dell’Armir) e qui morì”.
Nando, nato il 1 gennaio 1916, si era diplomato ragioniere nel 1936 al Regio Istituto Tecnico Commerciale “Valturio” di Rimini e poi aveva proseguito gli studi presso la facoltà di Economia e Commercio dell’Alma Mater di Bologna. Ma allo scoppio della guerra nel 1940 era stato richiamato alle armi prima di poter conseguire la laurea. Fu inviato in Albania e Grecia con il grado di sottotenente del battaglione “Val Tagliamento” della divisione Julia. Rientrati gli Alpini da quella durissima campagna, Del Bianco, che si era già meritato una medaglia di bronzo al Valor Militare, fu aggregato al battaglione “Gemona”, sempre nell’8° reggimento Alpini della Julia. Un reparto particolarmente sfortunato: nel rientrare in Italia, nella notte del 28 marzo 1942 la nave “Galilea” che trasportava il “Gemona” fu silurata dopo aver doppiato l’isola greca di Leucade (Lefkada, la veneziana Santa Maura) dal sommergibile inglese “Proteus” e di 689 Alpini ne sopravvissero 38.
E’ nota la tragica epopea dei soldati italiani mandati a invadere l’Unione Sovietica. Nel gennaio 1943 l’impresa si era trasformata in una rotta catastrofica. La Julia venne accerchiata e su 18 mila effettivi ne perdette 10 mila, mentre l‘armata italiana in Russia su 220 mila uomini ne lasciò sul campo oltre 90 mila fra morti e prigionieri, dei quali ben pochi fecero ritorno. Il battaglione “Gemona” fu praticamente annientato per la seconda volta in nemmeno un anno; i superstiti si arresero il 21 gennaio 1943 a Novosergievka, mentre solo pochissimi sbandati riuscirono a rompere l’accerchiamento dei carri armati sovietici e a raggiungere la colonna della divisione Tridentina nella sua terribile marcia a piedi nella steppa che la riporterà in patria. Il sacrificio del battaglione “Gemona” meritò alla bandiera del reggimento la medaglia d’oro al Valor Militare, mentre a Del Bianco fu attribuita la medaglia d’argento alla memoria con questa motivazione: “Durante violenta azione, alla testa del proprio plotone, si slanciava all’assalto contro il nemico preponderante di forze. Sebbene ferito continuava ad avanzare incitando i suoi alpini alla strenua lotta finchè, colpito mortalmente, si abbatteva al suolo”
L’università di Bologna nel 2018 aveva già rintracciato i parenti dei caduti della Grande Guerra, per consegnare loro delle lauree “Honoris Causa”. Ora lancia un nuovo appello, questa volta per rintracciare i parenti o discendenti dei suoi studenti caduti nell’ultimo conflitto e per ricevere eventuali segnalazioni relative a nomi non presenti nell’elenco.
Chiunque abbia notizie utili a rintracciare i parenti di Ferdinando Del Bianco è pregato di scrivere un’e-mail a Sandra Marciatori: sandra.marciatori@unibo.it.