Può l’arte arrivare a scuotere le fondamenta del cuore? La risposta è sì, se parliamo dell’Arte del Taiko. Un percorso ancenstrale attraverso il suono e la vibrazione generate dal Taiko appunto, il famoso tamburo giapponese che, questa sera (ore 21,15), verrà portato in scena al Salone Snaporaz di Cattolica, dal gruppo Munedaiko. Questo sodalizio di artisti è formato dal fondatore e leader Mugen Yahiro (26 anni) di Colbordolo (PU), da Naomitsu Yahiro (30 anni) di Pesaro e da Lorenzo Gullotta (29 anni) di Verona. Il Taiko, che significa proprio “grande tamburo”, è lo strumento di percussione tradizionale della cultura giapponesecon oltre 2000 anni di storia. Usato in battaglia per intimidire i nemici, o per impartire ordini e coordinare gli spostamenti delle truppe, il Taiko è sempre stato utilizzato in contesti popolari, culturali, religiosi (sia buddisti che shintoisti), e spirituali. Ancora oggi, è uno dei pochi strumenti che si può trovare nei templi e nei santuari. Mugen Yahiro, con origini sia giapponesi che italiane, ci racconta l’essenza di questa arte e la sua straordinaria unicità.
Che cosa si intende esattamente quando si parla di Arte del Taiko?
«L’arte del Taiko può essere vista come una vera e propria disciplina che attraverso l’arduo impegno fisico e la consapevolezza della mente arriva a scuotere le profondità dell’animo umano. Non si tratta semplicemente di uno strumento musicale, ma di un mezzo per la comprensione del proprio essere in armonia e risonanza con la vibrazione dello strumento. Tuttavia solamente negli ultimi 60 anni si è sviluppato il modo attualmente più popolare di suonare il tamburo giapponese, ovvero incentrato su coreografie di gruppo e in maniera molto spettacolare».
Quando si è avvicinato a questa disciplina?
«All’età di 14 anni mi sono avvicinato per la prima volta al Taiko. Grazie al maestro d’arte Motoyuki Niwa, il quale è stato mio mentore per diversi anni e che mi ha introdotto a varie arti, da quelle visive Calligrafia- Scultura- Mask making a quelle performative Taiko- Teatro Noh- Musica».
Quando è nato il vostro gruppo?
«Ho fondato Munedaiko, che significa L’armonia del silenzio e il suono universale del Taiko, nel 2014, con lo scopo di creare un gruppo dedito all’arte e alla cultura, come forma di comprensione e realizzazione di se e degli altri. Scoprire, sviluppare ed evolvere se stessi è il concetto base di Munedaiko. Gli strumenti e gli interessi a cui si dedica comprendono uno studio globale delle arti che va oltre alla sola visione musicale. Attraverso l’arduo allenamento del corpo, trovare la stabilità della mente e dello stato d’animo per approfondire lo spirito. Con questo atteggiamento nel cuore, suoniamo per creare un respiro comune, una vibrazione assoluta e universale, verso un mondo di pace. Teniamo corsi in diverse parti d’Italia alla quale partecipano numerosi praticanti intenti ad approfondire lo studio di questa arte, che in futuro potrebbero entrare a far parte del gruppo principale per seguirci nei concerti».
Lei ha delle origini italo-giapponesi; visto anche il suo avvicinamento a questa disciplina orientale, si sente più vicino al Giappone o all’Italia artisticamente e umanamente parlando?
«L’influenza artistica che ho ricevuto sin dall’infanzia è sicuramente molto improntata sulla tradizione giapponese. Mio padre è discendente di samurai, quindi anche l’educazione ricevuta mi ha formato verso quell’impronta. Tuttavia sono cresciuto in Italia quindi sicuramente ho ricevuto stimoli e inclinazioni verso l’arte anche da questo paese. Anche se sia il Giappone che l’Italia hanno entrambe una grande identità culturale e storia artistica, l’ambiente che mi circondava, per esempio a scuola, era a volte in gran contrasto con quello che vivevo nella quotidianità famigliare. A livello umano comunque mi sento del pianeta terra».
Mi parli dello spettacolo che porterete in scena questa sera allo Snaporaz di Cattolica…
«Lo spettacolo è strutturato in tre scene principali, che insieme accompagnano lo spettatore a ripercorrere quella che è l’antica arte del Taiko. Danze tra demoni ispirate al folklore giapponese, un’immersione nella tradizione nipponica attraverso un viaggio multi-sensoriale dove la vibrazione del tamburo crea una connessione tra artista e spettatore».
Quante rappresentazioni di questo tipo avete portato in scena?
«A teatro questa è la prima rappresentazione. Mentre in eventi particolari o festival ci siamo esibiti innumerevoli volte».
State preparando altri spettacoli in stile orientale?
«Abbiamo diversi progetti in corso. Uno nella quale attualmente sto collaborando si chiama ‘TaikokiaT’ che coniuga arte del Taiko, danza contemporanea e musica elettronica per uno spettacolo di grande impatto visivo e grande carica concettuale».
Nicola Luccarelli