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La rivista Internazionale: Il CEIS di Rimini vittima di una politica miope

“La scuola d’avanguardia a Rimini che può essere un modello anche oggi”: è il titolo di un lungo reportage che
il giornalista e scrittore Christian Raimo ha dedicato all’Asilo Svizzero sulla prestigiosa rivista “Internazionale”.

“Nato nel 1945 – si legge nell’articolo – il Ceis è meta di pellegrinaggio di maestre e accademici di tutto il mondo. Oggi c’è chi lo mette in discussione, ma la sua storia è importante, così come quella della fondatrice Margherita Zoebeli».

la vicenda del CEIS è ricostruita fin dall’inizio: «Nel 1945 le condizioni di Rimini sono tragiche: 396 bombardamenti subiti in undici mesi, più di seicento vittime civili, più di quattromila edifici distrutti e tremila gravemente danneggiati, l’82 per cento della città porta i segni delle bombe”. Quindi, “arrivano in città Margherita Zoebeli e Felix Schwarz. Lei ha 33 anni, nel 1936 durante la guerra civile spagnola ha soccorso ed evacuato i bambini da Barcellona verso la Francia, e nel 1944 ha fatto la staffetta partigiana in val d’Ossola. Lui ha 28 anni, è un architetto e ha studiato con il meglio dell’avanguardia europea. Sono due socialisti. Con i fondi del Dono svizzero progettano un centro sociale – con docce e mense– di cui fa parte anche un giardino d’infanzia (un asilo) per 150 bambini. Trovano uno spazio nel centro della città bombardata, accanto alle rovine dell’anfiteatro, e in pochi mesi creano una struttura di emergenza con tredici grandi baracche di legno. Il centro sociale, passata l’emergenza, viene dismesso; mentre l’asilo – il Centro educativo italo-svizzero (Ceis) – è ancora lì. Le baracche sono state in parte sostituite da edifici in muratura, in parte semplicemente restaurate; in 75 anni il Ceis è diventato una delle esperienze scolastiche più importanti e innovative a livello internazionale».

Sulla fondatrice: «La ragione per cui questa storia è conosciuta, studiata, ma non è certo famosa, è forse data dal fatto che Margherita Zoebeli (1912-1996) non ha mai scritto un libro, non ha mai battezzato un metodo, o forse semplicemente perché è una donna. Intervistata decine di volte (la più bella, da recuperare, gliel’ha fatta Michele Golinucci per un vecchio programma di Radio 3, Paesaggio con figura), Zoebeli è un’intellettuale da riscoprire e valorizzare proprio se si vuole ripensare la scuola in un momento di emergenza e di sperimentazione come quello che si aprirà a settembre».

E riguardo l’attualità: «Fa specie girare tra le baracche di legno – in questi giorni in cui dopo il confinamento è stato riattivato il centro estivo – e confrontare questo spazio libero, immaginato a misura dell’autonomia dei bambini, con la retorica del controllo e delle telecamere che oggi è invalsa nel dibattito su scuole e asili. Quest’anomalia oggi è diventata intollerabile per una parte sempre più ampia della politica riminese. Proprio nei giorni di chiusura per il covid-19 il capogruppo della Lega al consiglio comunale ha voluto spendere il suo tempo contro il Ceis: “La fase 3”, ha dichiarato, “dovrà iniziare con l’urgente recupero dell’anfiteatro romano e lo spostamento del Ceis. Nella proiezione futura dobbiamo mettere in cantiere da subito le grandi opere e, soprattutto, i nuovi progetti comunali”. I nuovi progetti comunali consistono nella cancellazione di quest’esperienza unica, che ormai ha un valore storico tanto quanto l’anfiteatro romano; ma la miopia culturale che spinge a fare cassa sul consumo turistico immagina di poter stravolgere questo piccolo pezzo di città in nome di “grandi opere” e “innovazione”».

 

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