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La Pietà ritrovata: affresco medievale scoperto per caso nel convento francescano di Villa Verucchio

Il caso: padre Federico, nel settembre 2021, nel tentativo di riparare un cavo della luce alle spalle del Coro ligneo quattrocentesco, ha fatto calare, dietro la struttura, il suo cellulare appeso a un filo per realizzare un piccolo video. Osservando la ripresa si è accorto della grande scoperta: con sua meraviglia è emerso un commovente Cristo in pietà dipinto in una nicchia.

Padre guardiano Bruno Miele ha reso partecipe della scoperta la Soprintendenza per le province di Ravenna, Forlì-Cesena, il Comune di Verucchio, la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e il Rotary Club di Rimini per dare avvio ad un tavolo di lavoro, con la supervisione tecnica dell’arch. Claudio Lazzarini e quella storico artistica del prof. Alessandro Giovanardi.

L’affresco e la sua collocazione invitano a ripensare la struttura architettonica e le presenze storico artistiche, già di per sé notevoli, della chiesa francescana di Villa Verucchio. Il Convento difatti è celebre per il cipresso monumentale, la Croce dipinta duecentesca, l’affresco con la Crocifissione, opera di un pittore riminese del Trecento, e anche per la provenienza del Dossale di Giovanni Baronzio custodito a Rimini per il pannello sinistro (Museo della Città, proprietà Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini) e a Roma per quello destro (Palazzo Barberini).

Dopo mesi di sopralluoghi e approfondimenti, si è deciso di intervenire con lo scoprimento e il recupero di quello che Giovanardi ritiene potrebbe essere un’importante testimonianza pittorica del tardo Trecento (al massimo agli albori del Quattrocento) dall’alto valore devozionale e simbolico.

I Frati, con il contributo della Fondazione e del Rotary, hanno conferito l’incarico del progetto al restauratore Romeo Bigini, che opera da tempo negli ambiti della tutela del patrimonio artistico e vanta diverse esperienze importanti fra cui i restauri del Palazzo Ducale di Urbino e di Pesaro, la Cattedrale e la Chiesa di San Domenico di Fano, il Museo Diocesano di San Ciriaco a Venezia.

La scelta è quella di operare in loco, smontando parte del coro e schermando l’area dei lavori: con lo svelamento del dipinto, si procederà con le indagini e i relativi lavori di restauro, per finire con la realizzazione di un elemento di protezione scorrevole così da renderlo fruibile.

Durante l’intervento, che dovrebbe protrarsi per circa due mesi, la chiesa manterrà la sua attività e, con le necessarie precauzioni e i dovuti accorgimenti, si organizzeranno momenti di visita “in cantiere” e una serie di iniziative, per accompagnare e valorizzare ulteriormente la scoperta e il restauro, che saranno annunciate nelle prossime settimane.

Da sinistra: Luca Gasaprini, Mauro Ioli, Stefania Sabba, Padre Bruno Miele

IL CONVENTO

La Chiesa e il Convento di Santa Croce a Villa Verucchio sono il complesso francescano più antico dell’Emilia-Romagna. Benedetti dal passaggio del Santo di Assisi, in un tempo in cui esisteva forse già una più antico luogo di preghiera, gli edifici sacri sono, sia in sé sia per ciò che custodiscono, un privilegiato scrigno di testimonianze storiche e artistiche, disseminate dal XIII al XX secolo. Tuttavia, è soprattutto il periodo medievale a lasciare in loco le tracce più prestigiose e suggestive.

IL CIPRESSO

Il plurisecolare cipresso del chiostro, risalente almeno al XIII secolo, si sarebbe miracolosamente originato, secondo la leggenda francescana, da un bordone da pellegrinaggio che l’Assisiate piantò nel luogo in cui si era fermato per riposare e pregare. Oggi alto 25 metri e sopravvissuto a innumerevoli avversità storiche e metereologiche, resta un segno del legame tra la terra e il cielo, Albero della Vita (Lignum Vitae) che si innalza come una preghiera dalle radici del sottosuolo fino alle cime dei rami che sfiorano l’azzurro.

Da sinistra Luca Gasaprini, Alessandro Giovanardi, Romeo Bigini, Mauro Ioli, Stefania Sabba, Padre Bruno Miele, Padre Federico

LA CROCE DUECENTESCA

La Croce dipinta di foggia duecentesca custodita nell’abside, pur nelle manomissioni e ridipinture che ne impediscono una corretta comprensione e una valutazione dell’autenticità delle singole parti, permette di contemplare la forma antica, precedente la rivoluzione giottesca, con cui i Francescani (e non solo loro) si accostavano all’immagine di Gesù crocifisso, enfatizzando l’iconografia bizantina accolta da Giunta Pisano, da Cimabue ecc. Una scelta che pone il contrasto tra il forte patetismo di Maria e Giovanni dolenti, vere icone di un pianto liturgicamente trattenuto, e la gloria dell’oro che segna, anzi irriga il perizoma del Salvatore sacrificato.

LA CROCIFISSIONE

L’affresco con la Crocifissione, opera di un anonimo pittore riminese del XIV secolo (il Maestro di Villa), vicino a Giuliano da Rimini seppure ben distinto dal noto artista, è la testimonianza di una precoce ricezione delle novità narrative e prospettiche di Giotto, soprattutto relative agli affreschi della Basilica Superiore di Assisi e a quelli della Basilica del Santo a Padova. Affascinante la parte superiore del dipinto dove uno sciame di angeli partecipa alla tragedia cosmica con uno slancio emotivo che supera persino quello degli umani, pur celebrando simbolicamente un ufficio eucaristico. Tra i discepoli e gli astanti si affacciano fascinose figure tratte dai Vangeli canonici e apocrifi (il centurione, Stephatos, Longino ecc.).

Da sinistra: Padre Federico, Alessandro Giovanardi, Romeo Bigini

IL DOSSALE

Dal convento di Villa Verucchio proviene, infine, la tavola (un dossale d’altare) con le Storie di Cristo (1330 ca.), attribuita a Giovanni Baronzio. La metà sinistra dell’opera, acquisita dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini nel 2006, è custodita al Museo della Città, e narra in modo lineare il cammino doloroso del Cristo dall’Ultima cena fino alla Salita al Calvario; la parte destra, proprietà della Galleria di Palazzo Barberini a Roma, ordina in modo circolare i misteri pasquali dalla Deposizione della Croce fino alla Pentecoste. Entrambi sono un compendio del simbolismo bizantino e medievale, trapunto di invenzioni narrative giottesche, cui il pittore, tuttavia, non cede, perché fedele al richiamo di linguaggi più squisitamente adriatici, balcanici e orientali.

CRISTO IN PIETA’

Benché non sia possibile né nutrire certezze, né azzardare ipotesi, sulla base di un filmato fortunatissimo ma imperfetto, la nicchia di preghiera con l’Imago pietatis recentemente riscoperta sembra condurci nell’atmosfera pittorica di un Trecento tardo (al massimo agli albori del Quattrocento). L’iconografia segue lo schema tradizionale, sorto in Oriente al passaggio tra XI e XII secolo e più volte reinterpretata da maestri riminesi, bolognesi e veneziani del XIV; tale canone prevede la rappresentazione a mezza figura del Cristo morto con le braccia composte che, segnato dalle ferite del sacrificio, si erge dal sarcofago su uno sfondo monocromo o dorato, di metafisica efficacia, a volte segnato dalla presenza della Croce. Malgrado s’intenda qui il Cristo deposto dal patibolo, compianto e pronto per la sepoltura, l’immagine non ha niente di narrativo, non racconta nulla, ma espone il corpo martoriato del Salvatore agli occhi, alla devozione e all’intelligenza del credente, suscitando sia un sentimento di partecipata pietà, sia evocando significati teologici ed eucaristici. Nella chiesa bizantina l’icona è chiamata Suprema umiliazione (perché designa il Verbo divino nel punto massimo della sua spoliazione), ma anche, per antitesi, Re della gloria (con riferimento alla liturgia pasquale ortodossa), per cui si ricorda che quel corpo piagato e ucciso è quello del Figlio di Dio immortale e salvatore.

VILLA VERUCCHIO (RN)
CHIESA DI SANTA CROCE – CONVENTO DEI FRATI MINORI

PROGETTO

Smontaggio e rimontaggio di una porzione dell’antico coro ligneo

Finalità
Al fine di poter visionare e recuperare un antico affresco individuato sulla parete di destra e retrostante al coro, si prevede di eseguire lo smontaggio parziale di un lato della struttura lignea fino al livello dei poggioli delle prime cinque sedute.
Lo smontaggio prevede la rimozione iniziale della cornice superiore (cappello) fino al primo raccordo di curvatura; in sequenza saranno poi smontate cinque pannellature posteriori degli stalli.
Sulla base delle verifiche effettuate lo smontaggio di suddetti elementi sarà sufficiente per rendere visibile la nicchia affrescata e pertanto poter procedere ad un suo eventuale intervento di restauro.
A lavori conclusi si prevede il rimontaggio della porzione rimossa.

Descrizione
L’antico coro ligneo è realizzato in legno di noce con elementi decorativi ad intarsio.
La struttura presenta lievi dissesti, in modo particolarmente evidente lungo gli incastri delle pannellature.
La parte oggetto d’intervento è percorsa da un vecchio impianto elettrico che corre nella parte sommitale e che dovrà essere parzialmente rimosso.
In seguito ad un attento studio visivo si suppone che la maggior parte delle strutture lignee siano posizionate su appositi sedi ad incastro e che il bloccaggio sia concentrato sulla parte superiore del cornicione, il quale risulta ancorato attraverso grosse chiodature su dei montanti lignei fissati a parete.
La presenza di numerosi fori su tutta la superficie dell’apparato denota la presenza di insetti xilofagi (tarli).

Operazioni di smontaggio
• Protezione del primo registro della struttura non oggetto di smontaggio, dei pannelli e del tavolato sulla pedana di calpestio con appositi teli.
• Montaggio di un ponteggio costituito da strutture componibili e piani di lavoro che permetterà di operare nella parte superiore della struttura.
• Rimozione dei depositi di sporco e di una parte limitata dell’impianto elettrico sulla parte superiore del coro.
• Smontaggio della cornice superiore per una lunghezza vincolante di cm 335 in quanto realizzata in un’unica porzione fino al primo raccordo di curvatura.
La completa rimozione degli elementi di bloccaggio, al fine di preservarli per il loro utilizzo durante la successiva operazione di rimontaggio, verrà eseguita mediante appositi e specifici strumenti.
Il medesimo criterio operativo verrà adottato per lo smontaggio delle pannellature sottostanti la cornice iniziando dall’estremità esterna del coro.
• A smontaggio ultimato, le sezioni distaccate verranno pulite, numerate e sottoposte a indagini che consentiranno di accertare il loro stato conservativo.
Nel caso in cui si osserveranno fenomeni di sollevamenti e/o distacchi della superficie lastronata verranno eseguiti interventi di fermatura e consolidamento.
• Accurato imballaggio delle parti distaccate che verranno posizionate in un deposito del complesso conventuale.
• Documentazione fotografica durante le fasi operative e di eventuali dettagli significativi a distanza ravvicinata.

Operazione di rimontaggio
• Analisi delle strutture portanti a verifica della loro solidità e robustezza.
Nell’eventualità si rilevassero problemi conservativi i manufatti verranno sottoposti a trattamenti di consolidamento e all’aggiunta di strutture di rinforzo.
• Rimontaggio delle pannellature seguendo il criterio costruttivo della struttura: i pannelli verranno inseriti negli appositi incastri mediante punti di ancoraggio provvisori.
• Rimontaggio della parte superiore del coro mediante l’utilizzo, quando possibile, dei vecchi elementi di bloccaggio, preventivamente trattati, e con l’apporto di nuovi elementi di ancoraggio a garanzia di una perfetta tenuta.
• Documentazione fotografica durante le fasi operative e di eventuali dettagli significativi a distanza ravvicinata.
• Stesura di una dettagliata relazione dell’intervento eseguito inclusiva di immagini fotografiche.

Alcuni accorgimenti, attualmente non prevedibili, saranno improntati nel corso dei lavori.

L’opportunità di avere una parte smontata delle strutture che compongono il coro ligneo e avendo appurato la presenza sui manufatti di insetti xilofagi si consiglia, prima di effettuare il rimontaggio delle medesime, un intervento di disinfestazione mediante trattamento eseguito sottovuoto con il metodo anossico in assenza di ossigeno.

Documentazione fotografica


Progetto di restauro dell’affresco, di scuola riminese, raffigurante “Ecce Homo”
sec XVI, situato nella zona absidale della Chiesa dietro l’antico coro ligneo.

L’affresco rinvenuto casualmente e fortuitamente dietro il fianco sinistro dell’antico coro ligneo è stato possibile visionarlo tramite l’utilizzo di una sonda endoscopica rendendo difficile una valutazione precisa sia dello stato conservativo che delle reali dimensioni dell’opera.
Il dipinto è situato all’interno di una nicchia circoscritta da cornici sagomate dipinte con motivi geometrici.
La superficie dell’affresco appare ricoperta da consistenti depositi di polvere sedimentata, le decorazioni delle cornici sono frammentarie e rivelano svariate cadute dell’intonaco che mettono in evidenza il laterizio sottostante.
Dopo la rimozione di una parte del coro ligneo si potrà eseguire un’analisi più circonstanziata, dettagliata e approfondita sullo stato conservativo dei manufatti
Ad oggi, presa visione delle immagini raccolte si può ipotizzare tale intervento di restauro.

Indagini diagnostiche
• Realizzazione di una dettagliata documentazione fotografica con l’ausilio di luce artificiale diffusa e radente al fine di rilevare ed evidenziare al meglio le condizioni conservative e le caratteristiche tecniche del dipinto e della cornice.
• Esecuzione di test di pulitura con lo scopo di esaminare il grado di assorbimento dell’intonaco e la resistenza chimico/fisica dei colori; se necessario, eventuali indagini chimiche dei materiali per la scelta dei prodotti e delle metodologie d’intervento più idonee.
• Stesura di una particolareggiata relazione corredata da documentazione fotografica.

Intervento di restauro
• Pulitura preliminare della superficie dipinta dai depositi di polvere e sporco incoerente.
• Ristabilimento parziale della adesione e della coesione (preconsolidamento) della pellicola pittorica propedeutico alle operazioni di consolidamento e pulitura nei casi di disgregazione e sollevamento della stessa.
• Ristabilimento dell’adesione tra l’intonaco affrescato e gli strati di intonaco costituenti il supporto del dipinto mediante iniezioni di adesivi riempitivi.
• Eventuale rimozione di vecchie stuccature che per degrado, composizione e morfologia risultino inidonee alla superficie del dipinto.
• Pulitura della superficie pittorica che si eseguirà in fasi differenziate e graduali.
La metodologia corretta di intervento e le sostanze più appropriate di cui servirsi verranno definite dopo una serie di analisi e accurate prove preliminari atte a individuare con precisione la natura delle materie da rimuovere e la resistenza dei materiali originali.
• Stuccatura di fratturazioni, fessurazioni e lacune mediante impasto composto da malta e miscele di inerti idoneo per colorazione e granulometria.
• Velatura e reintegrazione ad acquarello di lacune risarcite, di cadute della pellicola pittorica e di abrasioni superficiali, con il fine di restituire l’unità di lettura cromatica dell’opera.
• Documentazione fotografica in digitale durante le fasi operative e ad intervento ultimato.
La documentazione comprende immagini fotografiche dell’insieme dell’affresco e di singoli dettagli significativi presi a distanza ravvicinata.


Romeo Bigini

Floriano Biagi

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