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La missione di Orio nel mondo e nell’amata-odiata Riccione

“Orio Rossetti – Intellettuale ed operatore culturale in RiccioneA cura di Rocco D’Innocenzio e Paolo Zaghini – Il Ponte Vecchio.

Orio Rossetti (1945-2014) è stato poeta, scrittore, saggista, editore e intellettuale riccionese. Dal 1972 al 2004 è stato dipendente del Comune di Riccione, ricoprendo per molti anni la responsabilità dell’Ufficio Cultura. In quanto tale promuove e organizza manifestazioni, incontri, seminari, conferenze a cui partecipano i più noti nomi della letteratura, della filosofia, della scienza e dell’arte italiana. Con molti di questi intratterrà rapporti epistolari, privati e pubblici, di grande interesse intellettuale (tutti i carteggi sono stati ordinati ed inventariati e sono conservati dalla famiglia).

Fu socio fondatore di una moltitudine di associazioni culturali in campo educativo, delle arti, della politica, della filosofia, della lirica e della promozione della cultura di base nonché ideatore di 2 edizioni del Premio nazionale “La scrittura dei ragazzi”, di tre edizioni del Premio Nazionale “Donna e scrittura” e di tre edizioni del Premio Gianni Quondamatteo.

Pubblicò nove testi (di poesia, di racconti e romanzi), il primo dei quali “Il ritorno di Alice”, fu finalista al Premio Viareggio Poesia del 1978. Ha curato una miriade di libri editi sia dalla Casa editrice “La sfera celeste” (da lui fondata nel 1984, con 130 testi all’attivo), sia da altri editori.

Questa in sintesi la sua intensa attività culturale pluridecennale. A due anni e mezzo dalla morte il Comitato degli amici di Orio, assieme alla famiglia, ha edito questo volume con 25 contributi di studiosi che con lui hanno lavorato e amici.

Gli interventi parlano delle sue opere (Gualtiero De Santi, Maria Lenti), dei suoi rapporti con Gianni Quondamatteo e Osvaldo Berni (Gianni Fabbri, Rocco D’Innocenzio), del lungo rapporto di amicizia (fatta anche di scambio di tantissime lettere) con uno dei più importanti filosofi italiani contemporanei (Remo Bodei), della sua attività di operatore culturale a Riccione (Ezio Venturi e Franco Raschi), della sua attività di editore (Rocco D’Innocenzio) e poi tantissimi ricordi di amici che con lui ebbero a che fare (compresa la testimonianza di Dorian Stacchini sul busto di Marx, disputato a colpi di biliardino fra il Sindaco di Riccione Massimo Masini e il Sindaco di Cattolica Gianfranco Micucci).

I contributi sono assai diversi fra loro, anche nel linguaggio adottato per la scrittura, ma tutti hanno raccontato un pezzo della complessa vita di Orio Rossetti. Una chiave di lettura possibile per una vita intensa, culturalmente proficua, ma anche problematica e sofferta.

Orio ha amato la politica, cioè l’azione degli uomini per la soluzione dei problemi della comunità. Per lui c’era il grande scenario mondiale dove il socialismo doveva trionfare, e poi c’era la comunità ristretta: direi per lui soprattutto Riccione.

Per quanto riguarda il mondo, Orio era un anarchico visionario, amante delle utopie, restio ad ogni forma di costrizione di libertà del singolo: credeva in un socialismo umanistico e liberatorio per tutti gli uomini, capace di sconfiggere le ingiustizie e le miserie. Gli piaceva, lo incuriosiva però confrontarsi con idee molto diverse dalle sue. Era, in questo caso, il pedagogo che prevaleva in Lui, con la voglia di insegnare comunque “la buona politica”, che per lui era quella al servizio della comunità in cui si viveva. Amava Riccione, ma contemporaneamente detestava la sua superficialità, la sua mondanità, la sua apparenza. Amare Riccione per Lui significava formare una nuova coscienza dei giovani riccionesi, dandogli gli strumenti culturali per leggere e trasformare la realtà esistente. Il pedagogo politico si fondeva dunque con l’operatore culturale.

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Scrive Remo Bodei a proposito di Orio: “Ho sempre pensato che la provincia italiana sia ricca di persone che non hanno perso il senso di una missione e che sono capaci, nello stesso tempo, di guardare alle vicende del proprio comune di residenza e, insieme, al mondo”.

Orio è stato giovane socialista, poi militante comunista, poi mistico ed infine libertario impregnato di un socialismo utopico.

Afferma Rodolfo Francesconi: “La critica del potere, di qualsiasi natura o colore fosse, era forse l’infezione che molti ti attribuivano (…). Questo eri tu: essere duale, che si concede e poi si nega, che cerca certezze nella scienza, il primato della ragione nelle vicende umane, la politica come sostituzione della religione, la religiosità come protezione contro l’angoscia, la propensione per il mondo delle idee, il disinteresse per il mondo dell’azione, il connubio fra amore e ricerca”.

“Possiamo allora rileggere la tua nota intitolata ‘I poveri’? ‘La ragione dei poveri è povera. Più spesso, la chiamano follia, demenza, delirio; in realtà è che i poveri sono soli, restano soli per moltissimo tempo (alcuni per tutta la vita) per cui, poco a poco, disimparano a parlare. Quando aprono la bocca, non sono corretti (come gli rimproverano gli altri), non sono civili, si mangiano le parole e spesso sragionano. I poveri sono i miei fratelli, con cui divido il silenzio delle mie giornate. Con una differenza però: che io parlo coi libri, e loro col muro”.

Questo era Orio, con tutte le sue complessità intellettuali e la sua fragilità umana.

Paolo Zaghini

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