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La Megghi curata e cresciuta a Rimini: “La mia Ucraina massacrata da fantocci”

La Megghi da qualche notte non riesce più a dormire. Ha 26 anni, ha fatto le medie a Riccione e l’istituto turistico “Marco Polo” a Marebello, poi è andata a Ravenna per studiare Archeozoologia all’accademia. Dopo la laurea da tre anni si è trasferita a Barcellona, ma torna spesso a ritrovare i suoi tanti amici di Rimini. Come tornava spesso a trovare i suoi amici e parenti in Ucraina.

La Megghi si chiama Margarita, è nata in una cittadina di 44mila abitanti, 300 chilometri a sud-ovest di Kiev, là dove il Dnper forma uno dei suoi immensi laghi, ciascuno grande come un mare. Lì vivono i nonni di Margarita, hanno 75 e 73 anni. Fino a oggi è riuscita a sentirli tutti i giorni: “Non si muoveranno. E dove possono andare? Non hanno nemmeno i passaporti. Finora nella zona non si combatte, ma per loro spostarsi è impossibile. Non funziona più niente, treni e aerei bloccati, non hanno nessuno che li possa portare via. Ma come faranno a stare lì?”.

Cosa raccontano? “In Ucraina già prima c’era una situazione terribile. Il riscaldamento negli ultimi due anni non era mai sicuro che ci fosse. Adesso non c’è più neppure luce e acqua. Nella mia città ancora non siamo a questo punto, la guerra lì non è ancora arrivata, però stanno bloccando le strade con i porcospini cechi, sai quei cavalli di frisia d’acciaio per fermare i blindati”.

In Ucraina la Megghi ha tanti altri parenti, anche nella parte occidentale al confine con la Polonia: “Stanno tentando di scappare tutti, spero che ce la facciano”. E ha tantissimi amici sparsi per tutto il grande paese. Non di tutti riesce a sapere qualcosa. “Delle mie amiche sono di Mariupol, a sud sul mare d’Azov, accanto alla Crimea. Lì c’è una battaglia tremenda, ma loro per fortuna erano riuscite ad andare via un attimo prima che scoppiasse. Un mio amico invece è rimasto bloccato a Kharkiv, è proprio sul confine est con la Russia, è in mezzo alla guerra. E’ terrorizzato, è un inferno, può solo restare chiuso in casa”.

“Tanti altri amici, ragazzi della mia età adesso staranno combattendo, perchè in Ucraina il servizio militare è obbligatorio. E tutto questo è folle, mostruoso. La guerra rende folli le persone”.

Se l’aspettava, la guerra? “La guerra in Ucraina c’è da 8 anni, anche se prima non importava a nessuno. La gente ormai si era abituata, ci si abitua a tutto. E la gente è stata anche preparata alla guerra, indotttrinata dai governanti. Hanno alimentato un nazionalismo pazzesco, c’è del fascismo vero e proprio. La guerra l’hanno voluta i governi, ci hanno lavorato per anni. Tutti i governi, non ci sono buoni e cattivi in questa storia. E a pagare ci vanno sempre quelli che non c’entrano, quelli che non contano niente”.

La città di Margarita in Ucraina

“Adesso hanno dato alle armi a tutti, qualunque matto può andare in giro a sparare per le strade. E là ormai è pieno di matti, sono arrivata ad aver paura del mio popolo. Anche gli ucraini hanno fatto cose tremende quando la Russia ha occupato la Crimea e ha staccato le due repubbliche. Tutti fanno cose tremende. Ma perchè? Perché?”. Quasi singhiozza. “Non voglio guardare le news, non vorrei sapere niente. Ma la notte non dormo lo stesso. Questa angoscia è insopportabile”.

L’ultima volta che Margarita è stata nel suo paese era il settembre scorso: “C’era un clima bruttissimo, di odio esasperato. Io sono russofona, l’ucraino non lo parlo nemmeno bene. Non è mai stato un problema, anche se la nazione culturalmente è spaccata a metà, russofoni a est e ucraini a ovest. Ma ripeto, non era un problema. Poi quando è caduta l’Urss, l’Ucraina non ha voluto aderire alla comunità di stati con Russia, Bielorussia, Moldova, Kazakistan, eccetera, doveva essere una specie di comunità europea. Ha voluto la sua indipendenza ma è rimasta isolata, nè di qua nè di là. E allora slogan patriottici, Gloria Ucraina, odio. A un certo punto hanno proibito di parlare il russo. La mia classe è stata l’ultima dove si insegnava ancora in russo. Sono arrivati a vietare gli scrittori russi a scuola. Dico Tolstòj, Dostoevskij, Čechov, ma ti rendi conto?”. 

“Russi o ucraini, per la gente tutta è stata una catastrofe. L’economia è andata rotoli, miseria nera. Se uno era un ingegnere, un direttore di fabbrica, una persona benestante della classe media e stimata da tutti, da un giorno all’altro si è ritrovato poverissimo. Se faceva l’insegnante, a un bel momento non ha più ricevuto lo stipendio. Nessun insegnante ha più ricevuto lo stipendio”.

Come è arrivata in Italia? “Ricongiungimento familiare con mia madre che era venuta qua. Avevo nove anni e sono diventata la Megghi, come mi chiamano gli amici di Rimini. Che gran fortuna per me!”. Perchè in Italia si sta bene? “Certo, si sta bene. Ma la mia fortuna è stata che ci sono dei dottori bravissimi. Quelli dell’Ospedale Infermi mi hanno operata, curata molto bene, sempre seguita, per tanto tempo. Sono stati meravigliosi”.

La Megghi non vuole che si dica così, ma è una “bambina di Chernobyl”. “Perchè non sono un caso eccezionale, da noi tutti hanno problemi, l’incidenza di tumori in Ucraina è altissima, un tiroidismo ce l’hanno praticamente tutti e la sanità è poco o niente”. Chernobyl è a più di 500 chilometri dalla sua città, “ma sai, per tre giorni non hanno detto niente a nessuno, la nube radioattiva è arrivata dappertutto”. “Ora sto bene, devo sempre prendere queste medicine, ma non ho problemi”. La Megghi è nata dieci anni dopo il disastro di Chernobyl.

Ha imparato a suonare da piccolissima. In Italia ha studiato viola al Conservatorio di Pesaro. “Ora a Barcellona suono con un gruppo peruviano, musica tradizionale andina. E intanto vado avanti con la scuola di teatro”. Tornerà a Rimini, o in Ucraina? “Certo, tornerò se posso. Ma ora più di ogni altra cosa vorrei andare in America Latina”. Dalla parte opposta del mondo.

Cosa succcederà ora? “Non lo so, nessuno può saperlo. Forse si metteranno d’accordo per spaccare l’Ucraina a metà, una a me, una a te”. Cosa pensa di Putin e di Zelensky? “Penso che a nessuno dei due interessa la sicurezza e l’incolumità delle cittadine e dei cittadini. Che sono due fantocci governati da interessi politici ben più grandi. E che non ci credo che, se volessero, non potrebbero giungere ad un accordo e porre fine a questo orrore”.

Cosa vorrebbe dire ai suoi amici in Italia e in Ucraina? “Non saprei. Non riesco più a parlare. Vorrei tanto abbracciarvi, abbracciarvi tutti, ecco”.

Stefano Cicchetti

 

 

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