Dopo l’anteprima riminese di Cinema Grattacielo di Marco Bertozzi, che domenica sera ha riempito la Corte degli Agostiniani, e la proiezione di Fai bei sogni (2016) di Marco Bellocchio, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, torna l’attesa carrellata en plein air della stagione cinematografica appena conclusa con quello che è, senza ombra di dubbio, il film rivelazione del 2016.
Stasera, giovedì 6 luglio, verrà infatti proiettato La La Land di Damien Chazelle, alle ore 21:30. L’ingresso intero è di 5 euro, mentre quello ridotto di 4,50. In caso (improbabile) di maltempo, le proiezioni si terranno al Teatro degli Atti, in via Cairoli 42. (Le casse apriranno dalle ore 20:30).
Nel corso di un anno cinematografico sono molti i film che ci colpiscono, quelli che ci fanno riflettere, sbellicarci dalle risate, o magari anche indignarci. Poi però ce n’è uno, o due, che invece non dimenticheremo mai più, e La La Land è proprio uno di questi: il fatto che nel giro di pochi mesi sia entrato così profondamente a far parte del nostro immaginario ne è la prova.
Perché La La Land ha avuto questo enorme successo? Qual è il suo segreto? La Leggerezza, dall’inizio alla fine. Ciò non vuol dire che nel film siano tutte rose e fiori, tutt’altro. Si può parlare con leggerezza anche di una storia d’amore finita male, lasciando comunque dell’amaro in bocca, anzi lasciando forse un amaro che andrà via ancor più difficilmente.
Del resto ce l’aveva già insegnato il nostro Italo Calvino molti anni fa, ormai:
«Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore».
Esattamente di ciò ha bisogno l’uomo del ventunesimo secolo: poter essere leggero senza cadere nella superficialità. Ed è per questo che il pubblico ha visto in La La Land una chiave di lettura che possa rendere la vita un po’ meno frenetica e stressante, meno pesante, appunto.
Ci aveva visto lungo Calvino, molto lungo. E lui stesso, a dir la verità, aveva preso spunto da un altro autore, antichissimo, come Ovidio: il poeta latino ci ha insegnato che la bellezza dello stile sta nell’enargheia, ovvero nella capacità di rendere un’immagine anche con ciò che immagine non è: in La La Land, infatti, tutto è immagine: la splendida musica (miglior colonna sonora a Justin Hurwitz e miglior canzone originale a City Of Stars agli Oscar), la danza, il linguaggio dei corpi di Ryan Gosling ed Emma Stone e le coreografie dei vari balli. Ma ora non vorrei dilungarmi troppo in citazioni antiquate, un po’ troppo pesanti, appunto.
Come del resto ha fatto anche Damien Chazelle che – seppur abbia disseminato nella sua pellicola riferimenti che vanno da Singin’ in the Rain (1952) a Moulin Rouge! (2001), passando per Grease (1978) e molti altri ancora – proprio grazie alla leggerezza ha evitato di sfociare in uno sterile citazionismo, creando un linguaggio del tutto nuovo, di cui però sembra conoscere a memoria le dinamiche sin dal piano sequenza iniziale, sin dal geniale titolo della sua opera – ottenendo, non a caso, l’Oscar come miglior regista.
Dopo 6 statuette dall’Accademy, l’incredibile successo al Golden Globe e al British Academy Film Awards e moltissimi altri riconoscimenti, non siamo certo noi a dovervi convincere che La La Land sia un film imperdibile. E infatti non abbiamo voluto riproporvi la solita trama che troverete comodamente su internet, bensì inserire il film in un contesto più ampio, che forse può spiegarne in parte l’enorme successo: il nostro bisogno di leggerezza, di andare a fondo “planando dall’alto”, senza rischiare di rimanere in superficie, sommersi dal flusso frenetico e indistinto dei nostri anni.
Edoardo Bassetti