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La guerra dei sacchetti (che si poteva evitare)

Il Parlamento italiano ha recepito le norme europee (l’ultima direttiva è del 2015) che impone dal 1° gennaio l’uso di sacchetti biodegradabili per i prodotti sfusi.

Una norma di valenza ambientale, per ridurre la plastica in circolazione e in primo luogo l’inquinamento, che soprattutto nei mari sta provocando danni seri. Solo quest’anno si calcola che in Europa si siano utilizzati 100 miliardi di sacchetti di plastica, una parte dei quali ce li ritroviamo in mare e sulle coste. L’Italia è stato il primo Paese europeo ad approvare, nel 2011, la legge contro gli shopper non compostabili. da allora c’è stata una riduzione nell’uso di sacchetti del 55%. Altri Paesi mediterranei che sono intervenuti sono Francia e Marocco, mentre Cipro sui adeguerà nel 2018; Croazia, Malta, Israele e alcune zone della Spagna, della Grecia e della Turchia hanno introdotto tasse fisse sui sacchetti per disincentivarli, mentre la Tunisia ha messo al bando le buste di plastica non biodegradabili nelle grandi catene di supermercati.

Nonostante questo lodevole obiettivo ambientale, su questa nuova disposizione. si è comunque scatenata sui social e non solo una polemica furibonda.

Dice la norma: dal 1° gennaio nei supermercati quei sacchetti leggerissimi di plastica in cui si raccolgono, si pesano e si prezzano i prodotti venduti sfusi come frutta e verdura devono avere tre caratteristiche: devono essere di plastica biodegradabile; devono essere monouso; devono essere a pagamento.

Sul biodegradabile, nessuno obietta. Ma sul monouso e il pagamento si sono levate le ire dei consumatori. Infatti in tanti ritengono che fare pagare il sacchetto e contemporaneamente vietarne il riutilizzo appare una evidente contraddizione dal punto di vista ambientale. Non solo: c’è chi ritiene che sia un “favore” ai produttori dei sacchetti.

Il risultato è tutti contro tutti. Le associazioni dei consumatori che criticano la norma e Lega Ambiente che la difende. Le associazioni dei produttori che ritengono che il costo a carico dei consumatori sia modesto echi invece calcola che superi i 50 euro all’anno.

Sta di fatto che il rischio è che molti consumatori prendano la vaschetta  (non biodegradabile) con i prodotti già confezionati. In altre parole, più imballaggi in circolazione.

Eppure esistono altre soluzioni, per altro già praticate in Italia e all’estero.

Dal 2010 l’associazione Comuni Virtuosi propone nel settore ortofrutta di ridurre il consumo di sacchetti monouso mettendo a disposizione dei clienti una soluzione riutilizzabile come i retini in cotone o poliestere proposti dalla campagna Porta la Sporta con l’iniziativa Mettila in rete o sviluppare soluzioni analoghe riutilizzabili (cosa già praticata in altri paesi europei, come nelle Fiandre). Questa iniziativa potrebbe essere estesa in tutti i punti vendita di ortofrutta. Il Comune più vicino che aderisce è Forlì.

– Utilizzare, per pane e ortofrutta, i sacchetti di carta, come fanno molto dettaglianti

In questo modo si potrebbero stemperare le polemiche che rischiano di vanificare una iniziativa di grande valenza ambientale.

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