A caccia di tempeste. Armati di macchina fotografica e videocamera, questi sprezzanti cacciatori di temporali, trombe d’aria e marine, aspettano minuti o addirittura ore per immortalare il fulmine perfetto, la burrasca ideale. Dagli USA, paese con il più alto numero di tornadi di tutto il pianeta, questi Stormchaser si sono diffusi anche in Europa e in Italia. Da poco, a Gradara, si è conclusa una mostra di Francesco Gennari, il “Cacciatore di Temporali”, con la passione per la meteorologia, che Chiamamicitta.it aveva intervistato circa un anno e mezzo fa. Niccolò Ubalducci, da Gabicce Mare, è collega e amico di Gennari, insieme hanno condividono l’amore per la meteorologia e, soprattutto, hanno realizzato alcuni scatti davvero emozionanti. Anche Ubalducci, che nella vita costruisce e utilizza droni per varie attività, era stato intervistato insieme al suo socio qualche tempo fa.
Ubalducci, quando è nata la sua passione per la meteorologia?
«La passione per la meteorologia ha origine lontane, gli insegnamenti di un nonno pescatore prima, poi il fascino crescente anno dopo anno, guardando il cielo e con l’avvento di internet alla fine degli anni 90. Ricordo i primi modelli matematici di previsione consultati online sui siti del governo americano e tedesco, allora le informazioni disponibili erano molte meno! Oggi è una scienza in forte espansione anche per la popolazione: un po’ come negli Stati Uniti, oggi si è sempre più sensibili all’argomento con l’aumento di fenomeni intensi».
E l’interesse per fenomeni atmosferici “forti” come fulmini e tornado, invece?
«Dal punto di vista osservativo direi che il periodo è il medesimo dell’avvicinamento alla meteorologia. Se parliamo invece del momento in cui ho iniziato attivamente ad immortalarli, allora si parla del 2000-2001».
Lei è molto amico di Francesco Gennari, un altro Cacciatore di Tempeste. Lo conosce da molto, avete fatto qualche caccia insieme?
«Francesco ed io ci siamo conosciuti un pomeriggio a Gabicce Monte in occasione di una tromba marina formatasi poco lontano dal porto di Rimini. Ci siamo guardati con le macchine fotografiche in mano e da li è iniziata la nostra amicizia legata ai fenomeni meteorologici. Abbiamo fatto più che qualche caccia insieme, da quando ci siamo conosciuti abbiamo condiviso tantissime notti sul San Bartolo in attesa di fotografare fulmini e trombe marine notturne».
È andato a dare un’occhiata alla sua mostra a Gradara? Qualche foto è riuscita a realizzarla anche con il suo aiuto, vero?
«Purtroppo a causa del lavoro ancora non sono riuscito ad andare a vederla, ma conosco molto bene le foto presenti nella mostra! Molti di quegli scatti sono stati realizzati in serate o giornate in cui eravamo insieme».
Ha mai pensato di realizzare una mostra anche lei?
«Il desiderio di realizzare una mostra c’è sempre stato, d’altronde fra le foto fatte in Italia e quelle che ho scattato negli Stati Uniti dal 2001 ad oggi il materiale è davvero abbondante. Tuttavia il costo delle stampe di qualità è abbastanza proibitivo da affrontare senza una sponsorizzazione. Mi piacerebbe molto, magari è l’occasione per trovare un magnanimo finanziatore! Ovviamente con qualche stampa omaggio! Scherzi a parte penso che entro un paio di anni allestirò una personale qui in zona».
Che cosa prova quando attende di fotografare un fulmine o riprendere una tromba marina?
«Penso che come ogni persona con una grande passione, gli attimi che precedono il suo culmine di essa, in questo caso gli scatti rari da catturare, le emozioni siano tutte forti, intense. Qualcosa che sia in grado di ripagare i tanti anni dedicati allo studio e a seguire questa scienza meravigliosa che descrive tutti i fenomeni atmosferici. In questi anni le fotografie importanti si sono accumulate pian piano, ed è sempre bello rivedere il proprio lavoro anche pubblicato e condiviso».
Che tipo di attrezzatura usa?
«Ho iniziato la mia esperienza in Olympus, ma ormai, da quando lo faccio seriamente utilizzo tutta attrezzatura Nikon».
C’è stato un momento in cui ha sentito di rischiare la sua incolumità per realizzare uno scatto?
«Direi di sì, ma per esperienze di questo tipo devo volare con i ricordi di oltreoceano, durante i tanti anni di cacce negli Stati Uniti, nella Tornado Alley. In quei luoghi è stato molto rischioso inseguire temporali e tornado nelle immense pianure americane. Sicuramente i 137 metri di distanza da un Tornado EF3 in Kansas sono stati uno degli episodi in cui il rischio è stato più alto».
La foto più difficile da realizzare?
«La fotografia dei fenomeni meteorologici è fatta di lunghissime attese, ma a volte di pochi istanti di frenesia più totale. Emotivamente, direi che le foto della devastazione dopo il Tornado Ef5 di Joplin, Missouri, sono gli scatti che mi hanno impegnato maggiormente».
Quella invece a cui tiene di più?
«In realtà la foto a cui tengo di più mi è stata scattata da Valentina, una mia compagna di caccia di lunga data, con cui ho condiviso più di otto anni di cacce negli Stati Uniti. È la foto che mi ritrae fuori dall’auto con il grano che mi volava addosso ed il Tornado EF3 di Rago -Kansas- era a meno di 200 metri da me».
Ultimamente è uscito a caccia?
«Purtroppo, nell’ultimo anno ho potuto dedicare meno tempo a questa attività, comunque ho fatto qualche caccia notturna sul San Bartolo. Sicuramente l’unica significativa del 2018 è quella del 25 Giugno in cui io e Francesco abbiamo fotografato, durante la tarda mattina, 13 trombe marine davanti alla nostra costa di cui abbiamo anche pubblicato numerose foto e video».
Appenderà mai la macchina fotografica al chiodo?
«Decisamente no. Anche se dovessi avere meno tempo a disposizione, al manifestarsi di maestosi fenomeni atmosferici la vena si chiude e si scappa a fare foto. Penso sarà sempre così».
Nicola Luccarelli