Il deserto.
In questa lirica del poeta Ivo Gigli c’è una dichiarata eco leopardiana per rappresentare sotto forma di “deserto solitario”, “piatto”, “senza senso” il rapporto che ciascuno di noi ha con il nulla. Il nulla che ci aspetta, che incontriamo negli “attimi di silenzio della vita”.
Se poi ci chiedessimo quali siano gli attimi di silenzio della vita, potremmo rispondere che sono gli attimi in cui la nostra mente è tanto lucida da porsi domande che non hanno risposta, come nel “Canto notturno” del poeta di Recanati: “ove tende questo vagar mio breve?”; ”…che vuol dir questa/solitudine immensa?”.
E’ proprio lo spessore di queste domande, il punto estremo della mente in cui esse vengono poste, che per Gigli produce meraviglia, forse speranza (“m’incanta e mi spaura”).
In Leopardi quelle stesse domande producono invece la visione del nulla (“…infin ch’arriva/colà dove…il tanto affaticar fu volto: abisso orrido, immenso,/ov’ei precipitando, il tutto obblia”).
(G.C.)
Il deserto
Perché m’incanta
vasto infinito
piatto come il nulla
il deserto
che a volte incontro
negli attimi di silenzio
della vita,
il deserto solitario
senza possibile confine
e senso
sotto un cielo purissimo?
M’incanta
E mi spaura.
Spleen
Versi taglienti, uno sguardo drammatico sul presente. Una poesia “politica” che ci parla del percorso involutivo di una generazione (“Ti sei ridotto/ad amare il frammento”) che voleva cambiare il mondo e non è riuscita a farlo se non marginalmente. Certo ha cambiato il senso comune, ha aumentato i margini di libertà individuale, ma “il grande sipario/ più non s’apre”, sembra che ormai resti spazio solo per piccoli cambiamenti, per lotte difensive se non corporative. “Il Tutto/non è più in tournèe”, “la platea è deserta”, la democrazia rischia.
Ma se il teatro è ormai vuoto, bisogna stare attenti, ammonisce il poeta, perché vuol dire che è arrivato il momento in cui “Un pazzo” (uno dei tanti “uomini soli” al comando) potrà ingannarci facendo credere nel miracolo di un orizzonte che si apre dal nulla, dall’assenza di protagonisti e spettatori, cioè dall’assenza di partecipazione.
(G.C.)
Spleen
Ti sei ridotto
ad amare il frammento
l’alta fronda
d’ippocastano nervoso,
del vetro il riflesso
oltre il muro,
il murmure ignoto
di una voce
che cammina nell’ombra
perché il grande sipario
più non s’apre
e la platea è deserta
i biglietti invenduti
e il Tutto
non è più in tournèe.
Un pazzo ci dice
che un giorno
da un grumo di fango
s’aprirà un orizzonte.