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“Intrappolata da un mese in Alto Adige non posso tornare nella mia Rimini”

Intrappolata da un mese in Alto Adige. E’ quello che sta vivendo D. M., riminese di 62 anni, che non può tornare a casa e vive rinchiusa in un hotel insieme ad altre sei persone. La donna, originaria di San Leo ma domiciliata a Rimini, si trova a Selva Val Gardena dove ha lavorato durante la stagione invernale. Ma ai primi di marzo anche lì sono emersi i primi casi di coronavirus. Selva è uno dei comuni più colpiti nella provincia di Bolzano, con 7 vittime su poco più di 2.600 abitanti. In tutto l’Alto Adige i casi sono fino a oggi 1.859 con 178 morti.

Anche in quell’albergo dove la riminese stava lavorando parecchie persone si sono sentite male e quattro turisti sono risultati positivi. E poi cosa è successo? “L’hotel è stato chiuso e sgomberato di tutti gli ospiti – racconta D.M. – io stessa avevo qualche linea di febbre. Sono stata messa in isolamento e mi hanno fatto un primo tampone, negativo. E per fortuna è andato bene anche il secondo. Era il 14 marzo. Dopo essere rimasta isolata una settimana credevo di poter andare via, invece…”

Invece? “Potevano uscire dall’albergo, facevamo normalmente la spesa. Finchè all’ingresso di un supermercato mi ha fermato la polizia municipale. Trattata anche anche male, mi gridavano che dovevamo tornare a casa nostra. Sarei stata ben contenta di farlo, quindi ho chiesto ai Carabinieri se era possibile, loro mi hanno detto di sì. Qualcuno che lavorava qui è partito ma di nascosto, è praticamente evaso, erano sloveni e volevano tornare in patria. Io per sicurezza ho contattato anche la polizia ferroviaria di Rimini e mi hanno confermato che sarei potuta partire. Poi a Rimini sarei dovuta restare in quarantena, ma per me non era un problema, mi bastava tornare a casa dal mio compagno. Ma se poi mi avessero fermata durante il viaggio? Allora ho chiesto informazioni alla Prefettura di Bolzano. E mi hanno detto tutto il contrario”.

Selva Val Gardena

Cioè? “Dalla Prefettura mi hanno spiegato che non solo non potevo lasciare la provincia, ma che se avevo un tetto dovevo restare rinchiusa dove ci trovavamo. Non ci potevo credere. Ho chiamato di nuovo i Carabinieri di Selva e hanno confermato che era proprio così. Le disposizioni cambiavano di ora in ora man mano che la situazione peggiorava. Al massimo potevamo uscire all’esterno dell’hotel, ma nemmeno andare in paese, che non è tanto vicino”.

Cosa ha fatto da allora? “Ci siamo adattati. Per fortuna il gestore dell’hotel si è preso cura di tutti noi anche se non si trova qui perché vive a Firenze. Chiama tutti i giorni per sapere come stiamo, ciascuno di noi può occupare una delle stanze degli ospiti. Davvero un atteggiamento commovente, ci sta aiutando in tutti i modi, siamo qui a sue spese. Noi cerchiamo di ricambiarlo, puliamo e ripuliamo l’albergo da cima a fondo, le stoviglie di rame ormai luccicano come l’oro. Ci sono dei mobili d’epoca e li abbiamo ripassati con l’olio da frittura. C’è chi vernicia gli steccati, chi taglia l’erba, abbiamo perfino lucidato dei grossi tini che stanno in giardino come decorazione”.

E ora? “Qui è bellissimo, c’è ancora la neve e splende il sole. Però siamo reclusi. Una prigione dorata, ma io vorrei tornare a casa mia. La stagione stava per finire, avevo spedito a Rimini la maggior parte dei bagagli e mi ritrovo sempre con lo stesso maglione e la stessa giacca, non ho neppure dei vestiti leggeri e inizia a fare caldo. Il blocco qui dovrebbe finire il 13 aprile, ma nessun sa cosa succederà dopo. E se dovessero prorogarlo?”.

 

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