Già prima del giugno scorso, quando in Italia si parlava di Alta Velocità si faceva riferimento non ad una sola tipologia ma a due:
– La Prima era una Linea AV, alternativa all’aereo, per collegare grandi aree metropolitane nazionali e transnazionali con elevati bacini di traffico, realizzata in nuova sede con velocità di 300 km/h, destinata solo a treni a lunga percorrenza ma integrata con la rete ferroviaria esistente che diventa sistema adduttore alle nuove linee veloci. I costi ambientali ed economici per realizzare questa tipologia sono molto alti e lunghi i tempi di progettazione e costruzione(mediamente 20 anni).
– La seconda era una Linea AV per bacini di traffico più limitati, con stazioni più ravvicinate e servizio più diffuso sul territorio, realizzata mediante adeguamento di una ferrovia esistente, con velocità di 200/km/h dove corrono sia treni a lunga percorrenza che treni regionali. I costi ambientali ed economici di realizzazione sono molto più contenuti di quelli della tipologia 1 ed i tempi di progettazione e costruzione sono molto più brevi.
– Una terza tipologia di linea AV è stata lanciata a giugno di quest’anno, dal Ministro Franceschini, per la dorsale adriatica.
Si tratterebbe di una linea da realizzare in nuova sede a fianco dell’A 14, con velocità di 300 km/h (presumibilmente) e che preveda il contestuale smantellamento della ferrovia adiacente preesistente con conseguente eliminazione del trasporto ferroviario regionale a servizio dei territori attraversati. I Costi ambientali ed economici e tempi di realizzazione sono analoghi alla tipologia “1” maggiorati di quanto necessario per l’opera di smantellamento della vecchia ferrovia e per la sostituzione del trasporto regionale e locale su ferro.
Ma vediamo degli esempi concreti ed i conseguenti effetti che questi esempi hanno prodotto o produrranno.
La tipologia numero “1” corrisponde a quella della dorsale Napoli – Milano entrata in esercizio nel 2013, realizzata su un nuovo tracciato al costo di circa 30/mln/km. I treni possono viaggiare ad oltre 300 km/h e servono un bacino di 25/30 mln di passeggeri per anno. Le fermate sono nelle città capoluogo di Regione, ognuna con almeno 400.000 abitanti circa (salvo la fermata mediopadana, voluta dalla Regione Emilia-Romagna a Parma (per il bacino Tirreno – Brennero), poi scivolata a Reggio Emilia (senza reali motivi trasportistici) ma non prevista nel progetto originario delle Ferrovie.
La linea storica già satura negli anni ’90 con circa 220 treni/giorno è diventata complementare alla linea veloce e svolge un servizio potenziato fra i diversi centri urbani regionali e connette questi con l’hub AV di Bologna. Costituisce quindi gran parte dell’ossatura trasportistica del sistema metropolitano policentrico emiliano-romagnolo. Non a caso la Regione Emilia Romagna congiuntamente alla firma dell’Accordo di Programma per l’Alta Velocità, nei primi anni ’90, ha preteso da governo e Ferrovie anche l’accordo di programma per il Servizio Ferroviario Regionale e per il nodo di Bologna allo scopo di incrementare, insieme alla velocità sulle lunghe distanze, anche la capacità del trasporto regionale e locale su ferro. In quest’ultimo accordo è inserito il prolungamento di due binari fino a Castelbolognese per rendere possibile l’accesso al nodo di un maggior numero di treni provenienti dalla costa. Questa continua ad essere la vera priorità per le relazioni ferroviarie Rimini – Bologna, soprattutto dopo l’estensione fino ad Imola del trasporto ferroviario metropolitano dell’area bolognese.
La tipologia numero due è una linea AV realizzata riqualificando una ferrovia nella sede esistente (salvo piccole tratte in variante) dove I treni possono viaggiare fino a 200/km/h.
Rientra in questa tipologia la Napoli – Foggia – Bari la cui realizzazione è in corso per un costo di 1,2 mld di euro per I’intera tratta di 150 km.
Anche l’attuale linea Bologna – Ancona, già portata a questi standard di servizio (180/200/km/h per analogia può essere considerata quindi una linea AV.
Infatti diverse esternazioni di politici e dirigenti ferroviari, almeno prima di giugno u.s., in riferimento all’alta velocità adriatica non prendevano in considerazione la tratta Bologna – Ancona ma la Ancona – Foggia che in questa ultima stazione incrocia la costruenda Bari – Napoli. Vale la pena citare un convegno del 2013 in Puglia dove Mauro Moretti, allora AD di RFI e Giuseppe Sciarrone presidente della concorrente NTV (Italo) concordavano sul fatto che i passeggeri previsti sulla linea adriatica non sarebbero stati sufficienti a reggere la presenza dei due vettori più a sud di Ancona (è li che si ferma Italo anche adesso).
In sintesi Moretti proponeva, in considerazione della domanda di trasporto attesa (molto inferiore a quella della Napoli – Milano) e della conformazione territoriale (numerose piccole città senza grandi bacini di traffico), di agire sulla ferrovia adriatica esistente portando la velocità dei treni da 120 a 180 km/h (poco meno dei 195 allora previsti sulla Bologna – Ancona) con un investimento di circa 1 mld di euro. Ed a sostegno dell’adeguamento in sede anche di un tratto a binario unico della ferrovia, lo stesso Moretti diceva agli ambientalisti: “laddove c’è la ferrovia, vicino al mare non sono arrivate le case fino in spiaggia: facciamolo lì questo secondo binario, in sede”.
E anche questa potrebbe essere un’AV di tipo 2: incremento di velocità e di capacità senza spostarsi dai centri urbani attrattori di traffico, a costi contenuti e senza l’impatto ambientale prodotto dalla realizzazione di una linea ex novo che richiederebbe tante gallerie e tanto consumo di suolo agricolo.
Con Franceschini abbiamo la terza tipologia di AV, quella che non prevede servizi di appoggio ma solo treni veloci per collegare aeroporti e smantella la limitrofa linea storica senza spiegare come faranno a raccordarsi con l’AV i tanti insediamenti urbani che insistono su più di 500 km di costa. Infatti dice: “Qui bisogna rivedere i tracciati: progettare l’alta velocità non lungo l’attuale linea ferroviaria, ma vicino l’autostrada, così da collegare i principali aeroporti da Bologna a Brindisi e sostituire l’attuale linea ferroviaria che deturpa la costa in una ciclabile, per un turismo capace di valorizzare le località balneari”.
Quindi il Ministro propone una nuova sede per la ferrovia Bologna – Brindisi di tipologia 1 (ma il tratto intermedio Bari – Foggia si sta già realizzando in sede in tipologia 2) alternativa e sostitutiva della ferrovia adriatica esistente che invece potrebbe essere riqualificata in sede con uno standard di velocità di 180 km/h al costo di circa 1 mld di euro (stima di Moretti, valore 2013).
Insomma l’idea di Franceschini abbracciata anche da diversi parlamentari ed amministratori locali prevede una nuova ferrovia di oltre 500 km decentrata rispetto alle città costiere, e del costo di circa 15 mld di euro (prendendo a riferimento i costi della Napoli – Milano) per collegare piccoli aeroporti (ad eccezione di Bologna, ma li c’è già il people mover) che con la presenza dell’AV vedrebbero un ulteriore calo di passeggeri perché l’AV riduce drasticamente il trasporto aereo concorrente; infatti fra Milano e Roma dall’entrata in esercizio dell’AV (anno 2013)il traffico ferroviario ha superato il 70% e quello aereo è sceso a meno del 20 %.
Per completare il disastro trasportistico oltre che lo spreco ambientale e finanziario si vorrebbe poi smantellare la ferrovia esistente le cui stazioni servono capillarmente centri grandi e piccoli della costa per collocarci una ciclovia già prevista in altra sede (la ciclovia adriatica Trieste – Santa Maria di Leuca, itinerario n. 6 di Bicitalia e del corridoio Eurovelo Baltico-Ionio) in parte già finanziata (o con impegno di finanziamento) dal MIT ed in parte realizzata da Regioni e Comuni (ad es. in Molise sono già stati completati i 131 km di competenza di quella Regione, a Rimini il percorso ciclabile del parco del mare sarà un tratto di questa ciclovia). Ma inspiegabilmente il ministro del turismo non ne tiene conto pur essendo cofirmatario dell’accordo con MIT e tutte le Regioni Adriatiche che hanno già ricevuto un mln. di euro per le prime progettazioni ed entro l’anno debbono consegnare al Ministero i relativi elaborati.
Infine secondo questi autorevoli rappresentanti politici, fra Bologna e Rimini dovremmo ritrovarci addirittura due linee AV, l’attuale ferrovia da 200 km/h (di tipo 2) ed una nuova fiammante da 300 km/h (di tipo 1), a meno che non si pensi di smantellare anche la linea attuale appena riqualificata per fare una pista ciclabile. Insomma i politici di diverso orientamento che hanno abbracciato con grande entusiasmo l’AV servirebbe anche un po’ di consapevolezza nel prevedere un investimento di almeno 3 mld di euro per guadagnare 15 minuti fra Bologna e Rimini. Fra l’altro non per arrivare a due passi dal centro storico e marina centro come adesso, ma in campagna, a monte dell’A 14. La TAV numero uno e soprattutto la numero tre solo apparentemente possono sembrare le migliori. La scelta “ottima” va invece ricercata fra quelle più aderenti alle specifiche caratteristiche trasportistiche ed insediative del territorio in cui si colloca e deve essere capace di migliorare complessivamente ed in tempi ragionevoli il sistema della mobilità di breve e lungo raggio ed attenta all’uso corretto delle risorse ambientali e finanziarie.
Sandro Luccardi
Ex dirigente mobilità Comune di Rimini e Regione