Continua l’impegno della Regione Emilia-Romagna a sostegno delle donne vittime di violenza. Dopo la Seduta straordinaria del 13 dicembre scorso esclusivamente dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, arriva ora un altro segnale importante.
La Regione Emilia-Romagna rilancia il Reddito di Libertà, la misura rivolta alle donne vittime di violenza che prevede l’erogazione di un assegno mensile fino a 400 euro per un periodo massimo di un anno. L’impegno forte è di 1,3 milioni di euro per il 2022, stanziamento regionale che integra in modo significativo i 200 mila euro stanziati dallo Stato, portando le risorse già disponibili a 1,5 milioni di euro. Nelle prossime settimane inoltre verranno assegnati all’Emilia-Romagna altri 667mila euro di risorse statali, che permetterà di superare i 2 milioni di euro. Un plafond tale da dare risposte a una platea importante di donne.
Il Reddito di Libertà è una misura nazionale che le Regioni possono decidere di integrare con propri finanziamenti. Da qui la scelta della Regione Emilia-Romagna, a fronte di una pratica, la violenza contro le donne, da contrastare con sempre maggiore efficacia, insieme alle condizioni di isolamento e difficoltà economico-sociale che ne seguono, ulteriormente aggravate durante la pandemia.
Il provvedimento è stato illustrato oggi a Bologna dall’assessora regionale alle Pari opportunità, Barbara Lori, nel corso di una conferenza stampa.
«Sono molto contenta della decisione corale che oggi vede l’Emilia-Romagna in prima linea con un forte impegno a favore del reddito di libertà – sottolinea Lori –. Questa scelta segna un concreto e atteso passo in avanti in risposta ai bisogni delle donne vittime di violenza verso la piena autonomia, una risposta necessaria che avvia la fase di attuazione del nuovo Piano di contrasto alla violenza di genere».
Istituto nel 2020, il Reddito di Libertà è diventato operativo tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, dopo la circolare applicativa dell’Inps, con una prima disponibilità per l’Emilia-Romagna di circa 200 mila euro di risorse nazionali. Un budget limitato che ha permesso di finanziare solo 42 sulle 290 domande presentate nei primi tre mesi dell’anno. Ora, grazie all’impegno aggiuntivo della Regione, tutte le domande verranno accolte e lo stesso si potrà fare anche con eventuali nuove istanze.
Cos’è il Reddito di Libertà e a chi è rivolto
Accompagnare le donne che hanno subito violenza in un percorso di autonomia per sé, ma anche per i propri figli. Questo, in estrema sintesi, l’obiettivo fondamentale del Reddito di Libertà, un assegno cumulabile con altre misure di sostegno, come il reddito di cittadinanza, che viene erogato dall’Inps, cui la Regione Emilia-Romagna trasferirà già dai prossimi giorni la propria quota di 1,3 milioni di euro.
Destinatarie: le donne con figli minori o senza figli, seguite da un Centro antiviolenza ufficialmente riconosciuto e in condizioni di bisogno economico. Per questo, la domanda che le interessate possono fare al proprio Comune di residenza deve essere corredata oltre che da un’attestazione del Centro antiviolenza relativa al percorso di emancipazione ed autonomia intrapreso, anche da una certificazione dei Servizi territoriali che attesti le condizioni di difficoltà socio-economica. L’assegno viene erogato in un’unica soluzione per un massimo di 12 mensilità, pari dunque a 4.800 euro. Tra le spese che possono essere coperte anche quelle per l’istruzione e la formazione dei figli.
Da parte della Regione un impegno che continua
Spesso il primo passo verso l’autonomia parte dalla casa. É per questo che la Regione affianca al Reddito di Libertà anche contributi per aiutare le donne vittime di violenza a coprire le prime spese per l’affitto e la gestione di un’abitazione. Dal 2017 ad oggi sono stati stanziati 1.298.400 euro. Risorse distribuite tra Comuni capofila dei 38 ambiti distrettuali socio-sanitari dell’Emilia-Romagna che possono servire per erogare alle donne, inserite in un progetto specifico che preveda l’uscita dalle case rifugio o da alloggi di transizione, forme di sostegno economico fino ad un massimo di 6 mila euro.
«Sappiamo quanto la mancanza di indipendenza economica possa influire sulla decisione di sottrarsi da una relazione violenta – commenta Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna –. Ci sono donne che restano anni intrappolate in situazioni di vessazioni e sudditanza psicologica perché convinte di non avere un’alternativa. Abbiamo un dovere, non abbandonarle. Costruire percorsi di autonomia è fondamentale per trovare la forza e il coraggio di uscire da una gabbia, da una condizione che spesso ha generato, oltre alla povertà, un isolamento sociale. Si tratta di uno strumento importante per favorire il processo di una reale emancipazione: economica, lavorativa e sociale. Non vogliamo restino sole, ma creare prospettive».
Soddisfatta anche la Consigliera regionale Pd Nadia Rossi: «Per il reddito di libertà, una misura concreta per aiutare le donne vittime di violenza ad emanciparsi economicamente e ad allontanarsi dai propri aguzzini, la Regione Emilia-Romagna stanzia 1,3 milioni di euro. Risorse approvate nel bilancio regionale da aggiungere a quelle, scarne, stanziate dal Governo nazionale per l’Emilia-Romagna, pari a 200mila euro. In totale sono quindi 1,5 milioni i finanziamenti che daranno una risposta alle oltre 290 persone che, tramite l’Inps, nel primo trimestre del 2022 hanno chiesto un aiuto economico dopo essere entrate nel sistema di tutela dei centri antiviolenza».
«La Regione Emilia-Romagna è quindi la prima a integrare con sostanza una misura che è nazionale. – commenta Rossi, che ricorda – Avevo proposto di istituire il reddito di libertà a livello regionale già durante la campagna elettorale prima di essere rieletta in Consiglio. Una proposta che ho portato avanti con convinzione attraverso atti votati da tutta l’Assemblea legislativa. Un bel risultato, reso migliore dalle somme annunciate oggi. I fondi del governo, infatti, bastavano a dare risposta a sole 42 vittime rispetto alle 290 che hanno fatto richiesta di contributo. Con la partecipazione della Regione invece si copriranno tutte le richieste di aiuto».
«Pongo ancora l’attenzione su un aspetto irrisolto: è necessario affinché questa misura sia davvero utile, scorporare l’Isee della vittima da quella del marito o compagno violento. È intollerabile che ne risulti uno unico per le vittime e l’ex con cui risultano ancora formare nucleo anagrafico, anche se non sono più conviventi. So che la questione non attiene alla Regione, ma questo passaggio è fondamentale per consentire alle donne di accedere a punteggi e contributi che le aiuterebbero certamente a trovare una nuova autonomia fuori dalla relazione violenza. – aggiunge Nadia Rossi, concludendo – Allarghiamo e rafforziamo questa misura, non lasciamo sole le donne».