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IL VECCHIO, E IL NUOVO CHE AVANZA

Avete mai provato quella sensazione di essere nel mirino delle attenzioni e dei pensieri altrui? Ecco in questo istante Gian Luca, il mio nuovo collega, mi sta facendo i “raggi X”. Cerco, con assoluta padronanza e mestiere attoriale, di essere il più indifferente possibile, per non disturbarlo nel suo esercizio conoscitivo.

Sono dieci giorni che condividiamo lo stesso ufficio, ufficio “pratiche inevase”, del Settore Attività Sociali D.G..

Vi state chiedendo cosa significa la sigla D.G.? Beh non sta per Direzione Generale, ma non potete saperlo perché siamo nel 2027, il 27 giugno per l’esattezza.

Insomma, D sta per “Dopo” e G sta per “Grillo”. Ebbene sì, dopo la tornata elettorale del 2018, nelle pubbliche amministrazioni, per legge dello Stato, sulla carta intestata istituzionale c’è questa sigla. Come A.D. Anno Domini. Lasciamo stare quello che è successo in questi anni in Italia, perché mi servirebbe un capitolo a parte, ma torniamo al mio nuovo collega, appunto il dott. Gian Luca.

Fresco di nomina per una selezione avvenuta on line, dove ha ottenuto il plebiscito di almeno un trentasette “Mi piace”, dove vanta un seguito di tredici “followers” su Twitter, cinque “retweet”, senza contare che è stato “postato” su Facebook almeno ventidue volte. E le “taggate”? No no, quelle non contano!

Comunque, signori miei, questi sono gli effetti della democrazia diretta. Come dicevo prima, dieci giorni fa ho tenuto a battesimo il suo primo giorno di lavoro. Lui, venticinque anni appena compiuti, io, sessantasette e fra tre anni forse andrò in pensione.

Vibra l’i-Watch del mio nuovo collega, orologio-telefono ormai vecchio ma sempre affidabile, dice lui. Gian Luca comincia la sua conversazione sotto voce per non farsi sentire e si immerge nella sua privacy incassando la testa tra le spalle, a mo’ di tartaruga, ma non smette di osservarmi.

Conversa, non so con chi, ma ho la certezza assoluta che stia parlando di me e con la curiosità che mi assale, mi metto a origliare.

Ma sono un po’ sordo; per fortuna il mio apparecchio acustico, di generazione ancora più antica dell’orologio parlante, ha una rotella del volume, che se alzato al massimo funziona come un microfono direzionale.

A Gian Luca gli scappa un “Sono stato proprio SFIGATO”. Dalle parole che seguono capisco che quella sua sfortuna si riferisce nell’essere capitato in questo ufficio, segue un “Sai Franco, il mio collega avrà almeno una settantina d’anni, è rintronato come pochi, pensa, usa ancora il computer con il mouse, mentre tutti hanno i tablet di ultima generazione a comando intuitivo. Quello sta ancora a cliccare, figurati!”.

I suoi occhi roteano per darmi l’illusione di parlare del più e del meno, invece so di essere l’argomento di quella telefonata, la monografia della storia.

Un sorrisino rompe un attimo di silenzio, poi odo solo queste parole: “cassetto” e medicinali”. Starà sicuramente raccontando del contenuto del mio primo cassetto. Ci tengo le medicine che devo prendere, dài, le solite…quelle per la pressione, un beta-bloccante per le aritmie, il diuretico, lo Zyloric per l’uricemia e poi una serie di farmaci al bisogno, compreso qualche presidio sanitario, tipo dei cerotti, qualche garza, la pila per l’apparecchio acustico e un salvavita Beghelli, quelli che da molto tempo fanno in Cina. Non si sa mai, se capita un’emergenza è meglio non farsi cogliere impreparati.

Il viso di Gian Luca si deforma in una smorfia di disgusto, mentre il labiale disegna quella parola che, anche se non udita, mi arriva nelle orecchie con tutta la sua forza “Che schifo!”.

Non c’è bisogno che ascolti il seguito perché ve lo dico io. Starà raccontando di quando vado in bagno e lo lascio sporco. Sapete, ho una ipertrofia prostatica e lo stimolo arriva improvviso, cosicché quando vado in bagno, l’azione dell’abbassare la cerniera e le conseguenti manovre che mi portano alla minzione, sono frettolose e fare centro è un miracolo. Morale? Water e dintorni rimangono, usando una metafora, “spisciullati”. Provo anche a pulire, ma le mie scarse diottrie mi permettono solo rimedi parziali.

La telefonata continua, inforco gli occhiali e faccio finta di leggere una pratica. Ma ascolto, percepisco perfettamente quel che dice, perché sta parlando animatamente ad alta voce, riportando un discorso generale ma sempre diretto per schernire il sottoscritto.

“Sì sì, ti ricordi quando c’erano i partiti? Ecco il livello è quello……ah certo parla ancora di Costituzione, ………eccome no! Anche dei sindacati. A proposito stasera abbiamo un Meet-up alle 21,03 per decidere se domani ci raggruppiamo, che a sua volta decideremo se dividerci”. Poi abbassa la voce e dice: “Ma pensa un po’, mi hanno messo con questo che ancora crede che la democrazia sia quella roba là che c’era prima e che le decisioni si prendono a maggioranza. Ma roba da matti!”.

Gian Luca si drizza sulla sedia, per sgranchirsi, la posizione precedente lo ha anchilosato, dopo aver provato altre posizioni comode ne sceglie una. Ma il suo obiettivo sono sempre io. Colgo qualche parola qua e là, ma nulla che mi permetta di darne un senso.

A un certo punto quel suo bel viso giovane, si deforma nuovamente in un’altra boccaccia di disgusto. Segue una lunga pausa di silenzio, ma quella boccaccia rimane appesa al suo viso e mi guarda, trasformando la sua faccia in una smorfia di ribrezzo. Poi quello che segue è terribile, perché entra nella sfera personale, in quell’intimo che solo noi conosciamo.

“Sai Franco, spesso sento delle puzze incredibili, il primo giorno pensavo che fosse un ritorno di fogna, poi ho capito che era Lui, si proprio Lui…….no no, sono silenziose ma secondo me le perde ……….si si non se ne accorge e le perde”.

Mi sento umiliato, vada per la mia tecnologia retrograda, vada per il mio pensiero politico, vada per la mia concezione di democrazia, ma questa non lo doveva dire.

La stanza si satura di una puzza nauseabonda, di cadavere decomposto, misto all’odore di quando scaricano le fosse biologiche. Gian Luca comincia a portarsi una mano davanti al naso e sgrana gli occhi, il malo odore gli ha stimolato talmente tanto i recettori olfattivi, da bucargli il cervello.

Mi alzo dalla mia sedia e vado verso il mio nuovo collega, lui mi guarda tra l’atterrito e lo schifato, mi fermo di fronte alla sua scrivania e gli dico da buon padre di famiglia: “Ne ho persa un’altra, quando la trovi, clicca su Mi piace”.

BIeMO

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