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Il Pd non è un partito per giovani e donne

Il voto del 25 settembre. L’affluenza e i giovani

L’astensionismo è cresciuto anche in questa tornata elettorale. Ci siamo fermati al 64% con 8 punti in meno rispetto al 2018. È un dato più basso di Germania e Francia e ci deve preoccupare. Non basta dire è una tendenza. In Italia la partecipazione al voto era sempre stata elevata, ma dal 2013 ad oggi siamo passati dal 75% al 64%. Del tutto fuori luogo dare la responsabilità ai cittadini che non trovano il tempo per recarsi alle urne. La responsabilità maggiore è in un sistema elettorale che non permette  ai cittadini di scegliere. Non ci sono le preferenze e nei collegi uninominali, i candidati sono paracadutati o quanto meno poco conosciuti. Un sistema elettorale che a giorni di distanza non è in grado ancora di dire chi sono gli eletti per un conteggio a dir poco assurdo. Nessuna meraviglia, dunque, se tra i giovani (18-34anni) l’astensione è stata del 37%. Tra i giovani la lista Sinistra Italiana-Verdi sfonda quota 7% (doppiando il 3,5% complessivo). Non a caso la forza che ha spinto di più sui temi dell’ambiente e dei diritti, particolarmente cari ai ragazzi. Altra riflessione per il Pd che tra i giovani fino ai 24 anni si ferma al 13,5%.

Il voto del 25 settembre. La partecipazione femminile le elette nel Pd

Il 41% delle donne si è astenuta. Il Pd viene votato dal 21% delle elettrici, un dato più alto della media. In compenso le donne elette nelle liste del Pd sono vicine ad un terzo. Decisamente poche rispetto al un partito che ha nel suo statuto la parità di genere. Il classico predicare bene e razzolare male. I posti migliori spartiti tra le candidature maschili. L’esempio negativo e grave è stata la mancata elezione di Valentina Cuppi presidente nazionale del Pd e sindaco di Marzabotto. Uno sfregio. D’altra parte non è andata meglio alle amministrative. Nelle grandi città non vi sono sindaci donne del Pd. Quando si presenta una candidatura viene sistematicamente emarginata. Una riflessione per il prossimo congresso.

Monica Cirinnà impegnata da anni per i diritti in parlamento non è stata eletta

 

Il voto del 25 settembre. Il futuro del Pd

Dopo l’annuncio di Enrico Letta di portare il Pd fino al congresso nel quale non si ricandiderà, si è aperta la corsa per la successione. Tutti formalmente a dire che prima occorre discutere di programmi, identità politica e alleanze, ma nei fatti ogni giorno crescono i nomi. Il rischio dell’ennesimo congresso che si chiude con una conta senza discutere nel merito è sempre alto. Per fortuna Letta con una lettera agli iscritti ha messo dei “paletti” che dovrebbero almeno garantire una discussione vera. Vedremo.

Enrico Letta segretario dimissionario del PD

Le concessioni di spiaggia

L’80% dei titolari di concessioni di spiaggia e i loro famigliari hanno votato Fratelli d’Italia. La ragione è semplice. Gli esponenti del partito di Giorgia Meloni hanno più volte promesso che se si fossero trovati al governo avrebbero impedito le gare delle concessioni balneari, e la stessa Meloni, intervistata nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore, ha dichiarato che “la norma sulle concessioni balneari può essere modificata senza venir meno agli impegni assunti con l’Europa, perché la direttiva Bolkestein prevede che le concessioni debbano essere messe all’asta solo se c’è scarsità del bene”. Solo che è esattamente la nostra realtà: le concessioni hanno occupato tutte le coste italiane appetibili per il turismo balneare. Ora sono proprio curioso di vedere come pensano di mantenere le promesse elettorali. Una cosa è sparare promesse dall’opposizione, altra cosa è fare i conti con le norme italiane ed europee.

Concessioni Spiaggia il caso Formentera

I balneari italiani si sono sempre lamentati perché in altri paesi ad iniziare dalla Spagna la Bolkestein non si applicava. Ora, non è questo il luogo per spiegare le ragioni di una situazione diversa tra Italia e Spagna. Tuttavia è notizia di questi giorni che a Formentera, rinomata isola delle Baleari, i chioschi balneari o Chiringuitos sono stati messi a bando. Per altro stiamo parlando di servizi di spiaggia molto più modesti dei nostri. Ebbene in 6 degli 8 punti vendita nessuna delle imprese familiari che gestivano i bar sulla spiaggia risulta aggiudicataria. In due casi sono state aggiudicati ad imprenditori italiani. Questa notizia sfata due stupidaggini dei balneari nostrani. Le evidenze pubbliche si fanno anche in Spagna e i bandi vengono vinti da altri imprenditori che fanno offerte migliori e non certo da multinazionali estere. La concessione dura sei anni (prorogabile per altri 2 anni). Le cifre sono sostenute, da 170mila a 60mila euro all’anno. Dipende dalla posizione. I nostri bar di spiaggia, compresi i Chiringuitos alla romagnola, pagano di canone 2.500 euro all’anno. Tutto molto interessante.

Il chiringuito Franja di Formentera

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