Ripensare i piani terra degli edifici per incrementare gli spazi in cui inserire servizi per la collettività. Introdurre nei nuovi edifici spazi ad uso comune, da considerare come estensione della casa e in cui promuovere forme di co-working di vicinato, spazi di gioco e svago. Incentivare nei nuovi sviluppi urbani forme organizzate di comunità di quartiere, con luoghi dedicati che aiutino a creare un maggior senso di identità. Sono queste le linee guida per la città del futuro in un mondo post-pandemico individuate dalla società di progettazione e consulenza Arup, a seguito di una indagine condotta sullo stato d’animo delle persone che hanno vissuto il lockdown in diverse città europee.
La ricerca sottolinea come l’effetto principale del lockdown sui cittadini europei, italiani compresi, sia stato il mutamento della loro concezione di città: da un modello a misura di auto e di lavoro, più tradizionale, ad un modello a misura di uomo, dove al primo posto troviamo l’importanza dell’ambiente, l’ecosostenibilità delle attività umane e una migliore qualità della vita, sia da un punto di vista del singolo e del suo equilibrio psico-fisico, sia da un punto di vista collettivo e delle relazioni sociali all’interno dei normali ambienti di vita.
Com’è la città del futuro?
Partendo dai risultati di tale indagine, Cattolica Futura offre alcune considerazioni sul tema, anche in ottica di sviluppo locale del territorio. In una logica di basso impatto ambientale e urbanistico, la città del futuro dovrebbe basarsi su sei elementi fondamentali.
Pedonalizzazione
È diventato essenziale ripensare la viabilità mettendo in primo piano la necessità dei cittadini di riappropriarsi degli spazi urbani, aumentando le aree pedonali e implementandole con reti ciclabili strutturate e mezzi di trasporto sostenibili (anche in modalità sharing), interconnessi tra loro mediante la creazione di adeguati hub per permettere un interscambio dei mezzi di trasporto veloce ed efficiente (logica alla base del trasporto intermodale). Da un lato infatti, la necessità di stare in casa per evitare la diffusione del contagio ha aumentato la consapevolezza dei cittadini che l’attività fisica sia una componente necessaria a mantenere un adeguato equilibrio psico-fisico, anche nella misura di una semplice passeggiata all’aria aperta; dall’altro lato, una rinnovata sensibilità verso le tematiche ambientali, sempre più diffusa grazie anche ai movimenti ambientalisti come Fridays for Future, ha fatto emergere la consapevolezza di utilizzare sistemi e mezzi di trasporto che possano incidere il meno possibile sull’ambiente, per permettere di vivere in città sempre più organizzate e salubri.
Inoltre, la pedonalizzazione rende più accessibili e sicure le strade per le persone con disabilità. È un intervento essenziale per l’inclusione in quanto allarga gli spazi a disposizione per i pedoni e permette con più facilità di ridurre le barriere architettoniche.
Prima il verde
Il tema è collegato non solo alla maggiore consapevolezza della necessità di salvaguardare l’ambiente ma anche ad esigenze pratiche. Il verde, infatti, rende le città più resilienti, poiché la vegetazione difende dalle inondazioni, rende l’aria più pulita, offre ristoro e ombra durante la calura estiva in quei luoghi ad alta densità di asfalto e cemento, riduce sensibilmente le temperature all’interno e all’esterno degli edifici. Una diminuzione tale da comportare, nel medio-lungo periodo, un risparmio energetico (e di emissione di anidride carbonica) per il refrigeramento degli ambienti.
Inoltre, la forestazione aumenta la biodiversità anche nei contesti urbani e può riqualificare zone abbandonate con poco sforzo economico.
Ibridazione degli spazi pubblici e privati
La “fame” di nuovi spazi sempre più a misura d’uomo (e di portafogli) comporta la necessità di ripensare alle aeree architettoniche per soddisfare sia le nuove esigenze lavorative delle imprese e dei cittadini, alle prese con lo smart-working e con una maggiore presa di coscienza sui benefici che esso comporta in termini di qualità della vita e di risparmio su alcuni costi fissi, sia per soddisfare l’esigenza di creare luoghi in cui accrescere la socialità ed il benessere psico-fisico delle persone.
Ripensare uno spazio vuol dire rigenerarlo: la fame di tali spazi non dovrà essere soddisfatta costruendo nuovi edifici, bensì rigenerando quelli già esistenti come quegli stabili caduti in disuso (o quasi), gli immobili commerciali sfitti o mercati coperti non più (in tutto o in parte). Questi potranno essere adattati per inserirvi spazi utili per la comunità, come un’area dedicata al co-working o a chi non può lavorare in smart-working presso la propria abitazione, oppure dedicata alla socializzazione o alla partecipazione civica e/o politica dei cittadini.
Riprogettare piazze o altri spazi pubblici convertendoli in parchi e giardini urbani con aree dedicate al fitness/wellness, con un occhio di riguardo alla creazione di spazi ludici e ricreativi per bambini e ragazzi, sempre più carenti nelle città attuali, relegati a un mondo di emarginazione ed eccessiva digitalizzazione. Questi spazi, soprattutto quelli pubblici, dovranno pertanto essere polifunzionali per intercettare quanto più possibile le esigenze della popolazione.
Inoltre, ripensare gli spazi pubblici per soddisfare le esigenze, nuove e vecchie, dei cittadini permette di ridurre le disuguaglianze sociali e offrire opportunità a chi altrimenti non le avrebbe.
Diffusione dei servizi
Una città improntata alla ciclo-pedonalizzazione ed al benessere psico-fisico della persona è anche una città in cui i principali servizi sono facilmente e rapidamente raggiungibili a piedi o in bicicletta. Non più, quindi, servizi localizzati in maxi-strutture che creano spostamenti di massa da altre aree/arterie cittadine e sovraffollamenti di locali, con il rischio di peggiorare e rendere inefficienti i servizi resi, bensì diffusione di questi servizi sul territorio (in base alla compatibilità con le risorse a disposizione).
In questa maniera i servizi possono essere raggiunti rapidamente e con mezzi sostenibili (ad esempio, Arup nella sua ricerca fa riferimento alla “città dei 15 minuti da casa”, che nel caso di Cattolica potrebbero essere 5 minuti) a beneficio dell’intero territorio cittadino (si pensi ad esempio alle scuole, ai teatri, alle biblioteche e ad altri centri culturali, i cui concetti tradizionali andrebbero rivisti nell’ottica della flessibilità e della polifunzionalità).
Uso della tecnologia
Le città del futuro non potranno non essere supportate da reti informatiche veloci e da dispositivi tecnologici (hardware e software) interconnessi tra loro e ai servizi che le città tradizionalmente forniscono. L’informatizzazione delle città e dei servizi locali infatti amplifica l’esperienza del cittadino/utente, che potrà usufruire al meglio di tali servizi sul proprio smartphone o computer, ovunque si trovi.
Molte aziende private si stanno già adeguando a questa nuova tendenza di digitalizzazione, tuttavia in molti enti locali la strada da fare è ancora lunga poiché sprovvisti di personale competente. Si pensi ai diversi casi in cui la gestione di alcuni servizi comunali risulti macchinosa perché basati ancora sulle “carte bollate”; o a quei casi in cui vengono appaltati servizi a terzi anche quando potrebbero essere gestiti interamente dall’ente pubblico con un’adeguata formazione. La tecnologia permette di ridurre i tempi d’attesa e i costi per il cittadino (si pensi alla dichiarazione dei redditi automatica oppure alla possibilità di generare lo SPID via webcam rispetto a farlo presentandosi di persona allo sportello delle Poste Italiane) aumentando la fiducia nelle istituzioni e nella vita pubblica.
La tecnologia sarà inoltre essenziale per accelerare la transizione energetica, e cioè una sempre maggiore produzione di energia con fonti rinnovabili.
Dati al servizio della comunità
Le politiche sociali, economiche ed urbanistiche del futuro non dovrebbero più essere basate solamente sull’intuito politico dei governanti, ma sulla raccolta e sull’analisi scientifica dei dati in diversi ambiti: dai censimenti delle risorse del territorio (alberature, immobili abbandonati, aree di interesse storico-archeologico) alla percezione dei cittadini in merito alle più svariate tematiche inerenti alla vita quotidiana del “vivere in città”.
La raccolta delle informazioni sulle preferenze del cittadino può avvenire attraverso appositi questionari, oppure attraverso l’analisi dell’utilizzo, da parte del cittadino medesimo, dei sistemi informatici dell’ente (ad esempio, un’app del cittadino che permette di accedere ai servizi locali). L’utilizzo intelligente dei dati permetterebbe di implementare misure sociali più efficaci e rapide, senza che debbano essere i cittadini ad attivarsi (fattore che rappresenta la prima barriere all’ingresso di molte politiche sociali).
Il manifesto per Cattolica
Pur essendo vero che tali principi si possano declinare in maniera più efficiente nelle grandi città e metropoli europee, considerate le dimensioni maggiori e la necessità più urgente di ripensare determinati spazi e servizi, nulla esclude che anche nelle medie e piccole città ci si possa ispirare a tali principi per dare forma ad un nuovo modello urbano ed urbanistico. Potrebbe essere la risposta al recente fenomeno della ripopolazione delle piccole città a scapito delle grandi e alla riscoperta delle campagne e dei territori degli entroterra come conseguenza alla necessità di lavorare da casa e di evitare luoghi affollati e raggiungibili con i mezzi di trasporto pubblici.
Questa tendenza potrebbe portare alla rinascita di quei territori che hanno subito, o stanno subendo, un vistoso calo demografico, ma dovrà essere accompagnata da politiche aziendali e pubbliche efficaci, iniziando dal potenziamento dei mezzi di trasporto che collegano l’entroterra con i centri cittadini limitrofi.
Un modello di città, questo, che può essere a misura d’uomo in quanto cittadino ma anche in quanto turista. Sono sempre di più i turisti che come parametro di scelta valutano l’eco-sostenibilità delle proprie mete di vacanza, sia in termini di aree verdi di cui usufruire, sia di presenza di mezzi di trasporto sostenibili e di alternative alle automobili per raggiungere i centri di maggiore interesse.
Un marchio “green” può essere maggiormente competitivo in mercati come quelli del Nord Europa, dove sono già quotidianamente abituati a questo stile di vita.
Da non sottovalutare è anche la crescita del lavoro in modalità smart-working: la necessità di lavorare da casa e di non frequentare luoghi affollati ha fatto di recente crescere la domanda di luoghi tranquilli e dallo stile di vita più “slow”, ma con una buona connessione ad internet. A misura d’uomo, appunto.
Anche se negli ultimi decenni, a causa di alcune scelte poco coraggiose e progressiste delle varie amministrazioni, la città si sta tendenzialmente allontanando da questa tipologia di offerta e, più in generale da questo modello di città, Cattolica dovrebbe cogliere al volo queste nuove sfide e farle diventare un’opportunità di crescita per il futuro.