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Il cavallo di Scaglia e quegli altri: così il dialetto di Rimini sopravvive nell’italiano

Il dialetto romagnolo è destinato a rimanere tra la gente? Come ho ricordato in occasione della dipartita di colui che è stato uno dei miei amici più cari, era questo il più frequente motivo di discussione tra me e Amos Piccini. Eravamo d’accordo soltanto sul fatto che le famiglie non trasferiscono ormai più ai figli l’antica parlata. Per il resto Amos sosteneva che si sarebbe dovuto inserire il dialetto come materia scolastica, cosa che io ritenevo invece irrealizzabile.

Ed era a questo punto che lanciavo la mia proposta. Quella dell’insegnamento, nel normale orario dedicato alla lingua nazionale, di un italiano ‘integrativo’. Arricchito cioè dalla ‘traduzione’ di modi di dire tipici della nostra cultura dialettale. Un italiano ‘identitario’ che avrebbe rafforzato il senso di appartenenza alla nostra comunità. Amos a questo punto si arrabbiava, considerando la mia idea un ripiego, una resa. Il dialetto andava salvato tra noi romagnoli e non come lingua morta destinata a sopravvivere soltanto in Centri culturali specializzati!
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Il fatto è che il riminese, quando non si esprime in dialetto, si avvale, conversando con i concittadini, di un italiano che denuncia inequivocabilmente le sue radici. Qualche esempio? Per lui chi sta bene di suo fa cantare il setaccio, chi si vanta delle sue vittorie canta da gallo, il tipo impassibile non si muove e non si scrulla, chi tenta alla cieca ci dà all’inzecca, l’ottuso non capisce neanche le tozze, chi non ha problemi sta come un piccio, chi ce ne ha troppi va per i coppi, chi fiuta l’inganno ha mangiato la trida, chi s’arrabbia di brutto va in porcaccia, chi diventa improvvisamente irrequieto e scontroso ha il garbino, chi non s’accontenta mai si stufa del brodo grasso, chi ha un linguaggio scurrile ha la bocca come un lavatoio, chi non ha più alternative ha perso il ranno e il sapone, il rimbambito è andato nei mammoli, la seduttrice ti fa l’incanto come la biscia, chi ne fa di tutti i colori è più sporco del bastone del pollaio, chi si lamenta di mille mali è come il cavallo di Scaglia…e non si finirebbe mai.

Ma qui mi fermo.
Per non togliervi i sentimenti…
Av salùt!

Giuliano Bonizzato

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