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I veri responsabili del caos spiagge, danno enorme per l’economia riminese e italiana

Le spiagge nel caos

Il governo di centrodestra sulle spiagge sta creando solo confusione. Ha prorogato di un anno le concessioni esistenti, come da proposta nel decreto mille proroghe. Si arriva al 2024 con possibilità anche del 2025. Una dilazione che sfida la sentenza del Consiglio di Stato e l’Europa (già arrivato l’avviso di infrazione). Prorogano di qualche mese la mappatura delle spiagge. Quante sono le spiagge in concessione, quante sono quelle libere, quali sono le parti di costa che non possono essere utilizzate. Tutti dati che le Regioni hanno da tempo e quindi non si comprende a che serva aspettare ancora. In compenso non viene prorogata la delega al governo per riorganizzare tutte le norme sulle concessioni sul demanio turistico, prevista dalla legge sulla concorrenza approvata dal precedente parlamento e governo, che scade a fine febbraio 2023 (fra qualche giorno). In sostanza, solo confusione e nessuna proposta su come uscirne. La ragione di questa situazione è semplice. Le forze politiche che sostengono l’attuale maggioranza hanno sempre sostenuto che le spiagge dovevano uscire dalla Bolkestein ed in ogni caso non si doveva applicare ai concessionari demaniali italiani. Giorgia Meloni con lo slogan “No Bolkestein per le imprese italiane” ha fatto la campagna elettorale. Ora tutti i nodi vengono al pettine. Le norme sulla concorrenza vanno applicate, le sentenze del consiglio di Stato italiano vanno applicate, le sentenze della Corte Costituzionale Italiana vanno rispettate.

Allo stato attuale, se nulla cambia nella proposta del Governo, per i balneari italiani la situazione che si prospetta è la seguente:

  • I dirigenti della pubblica amministrazione hanno l’obbligo (sentenza Consiglio di Stato) di disapplicare norme in contrasto con le norme Europee (è il caso di questa proroga). Interessante conoscere quanti dirigenti dei Comuni procederanno al rinnovo rischiando denunce penali e amministrative
  • Chiunque può chiedere a un Tar (Tribunale amministrativo) il rispetto della scadenza del 2023 per bandire le gare. In questo caso si andrebbe a procedura di evidenza pubblica senza nessuna legge quadro nazionale.

Questa situazione di caos totale ha dei responsabili e non è figlia del destino.

Le responsabilità dei caos spiagge: i bagnini

La proposta di proroga trova contrari i Comuni costieri e buona parte dei balneari. Occorre “riorganizzare tutta la materia, dicono, e dare certezze agli imprenditori, basta proroghe che rischiano di essere impugnate”. Hanno ragione. E’ chiaro a tutti che le proroghe non risolvono ma aggravano i problemi.

Tuttavia non sono i balneari che possono ora lamentarsi. La situazione attuale è il frutto delle scelte sbagliate che hanno fatto negli anni passati.

Già tra il 2011 e il 2012 era possibile trovare una soluzione. Era stata battezzata “le aste con i paletti”. In sostanza, evidenze pubbliche con qualche premialità per il concessionario uscente, almeno per il primo bando. Una bozza di decreto-legge (Ministro Fitto del governo Berlusconi) che trovava anche l’accordo delle Regioni. Tutto salta nel giro di pochi giorni per la presa di posizione di comitati di balneari spontanei nati in giro per l’Italia ad iniziare dalla Toscana, a cui sono andate dietro poi anche le associazioni di categoria. Tutto all’insegna “fuori dalla Bolkestein”. Da allora è stato un delirio di stupidaggini, proposte insostenibili, giuristi improbabili.

L’unica Regione che tenne la posizione è stata l’Emilia-Romagna di Vasco Errani. Proprio per questa ragione il 20 novembre 2012 vi fu una manifestazione di protesta nazionale a Bologna. I balneari sfilarono contro l’Emilia-Romagna che non voleva cedere alle loro posizioni. In quei mesi e anni chi sosteneva posizioni diverse da quelle delle associazioni dei bagnini trovava difficile, per non dire pericoloso, intervenire negli incontri con gli operatori di spiaggia. Lo dico per esperienza diretta (ero assessore regionale al turismo). Il Pd in quel periodo tenne la barra con Armando Cirillo responsabile nazionale del settore turismo. Dal 2015 in poi tutto venne normalizzato, la regione Emilia-Romagna, il Partito Democratico che delegava la posizione a parlamentari con i famigliari gestori di stabilimenti balneari, l’Anci nazionale dei Comuni italiani. Tutti sdraiati sui lettini dei bagnini, a parte il sindaco di Lecce che si rifiutò di prorogare le concessioni e il Consiglio di Stato gli diede ragione. Ora lamentarsi della situazione da parte di che l’ha creata è a dir poco paradossale. In questa vicenda vi era chi aveva ragione (pochi) e chi aveva torto (tanti).

Mauro Vanni Sindacato Balneari Confartigianato Emilia-Romagna con Matteo Salvini

 

Le responsabilità dei caos spiagge: i Comuni, le Regioni e la politica

Come già detto le regioni costiere italiane erano pronte a sottoscrivere la proposta del ministro Fitto nel 2010-2011. E successivamente la proposta del ministro Gnudi (governo Monti) simile a quella di Fitto. Dopo le proteste dei balneari, il fronte delle regioni però si sfalda. Rimane sulla posizione solo l’Emilia-Romagna e per un periodo la regione Puglia. L’Anci delega al sindaco di Pineto Luciano Monticelli la delicata materia del demanio. Un sindaco, responsabile nazionale Anci che scrive nel 2012 al Governo: “Con la fermezza necessaria, chiederò ancora una volta l’attivazione di un tavolo di concertazione per reclamare all’Unione Europea una soluzione diversa per il nostro paese. Guardiano alla Spagna, che da tempo sta lavorando in questo senso”. Il riferimento alla Spagna andava di moda in quel periodo, anche se non capivo il motivo. Il governo Spagnolo nel 1988 le spiagge le aveva espropriate ai privati, che ora reclamavano un tempo più congruo prima di cederle in proprietà dello Stato. Una situazione opposta a quella italiana. La Spagna è stata cavalcata da tutti, politica compresa (e Pd compreso) per ignoranza o per comodità, poco importa. Stupisce tuttavia che un rappresentante dei comuni italiani invece di fare gli interessi della collettività che rappresenta, guardi agli interessi corporativi di una sola categoria.

Una linea politica andata avanti in questi anni. Proroghe e proposte impraticabili, ma sempre per aiutare una corporazione e mai per fare gli interessi dell’economia, della trasparenza e della collettività. Ad esempio, l’assessore regionale dell’Emilia Romagna al turismo e demanio, Andrea Corsini, ad un convegno nel 2019 alla fiera Sun a Rimini si è detto convinto “che la via maestra per salvare le imprese balneari sia l’uscita dalla Bolkestein”.

Andrea Gnassi sindaco di Rimini e delegato Anci per turismo e demanio nel 2017 auspicava ancora “un periodo transitorio adeguato prima di arrivare alle evidenze pubbliche”. Nel 2017 era già uscita la sentenza della Corte di Giustizia Europea (le concessioni demaniali debbono essere messe a evidenza pubblica) ed eravamo sotto osservazione da parte dell’Europa. Prese di posizione che producevano applausi da parte dei concessionari uscenti, ma non risolvevano il problema.

Ora Andrea Gnassi, deputato del Pd all’opposizione, chiede di accelerare “basta prese in giro sulle concessioni balneari, si convochino Regioni e Comuni per affrontare i criteri delle aste pubbliche e in sei mesi si fissino i criteri dei bandi di gara”. Condivido. Si poteva fare tutto questo 10 anni fa. Ora nessuno può fare il primo della classe dimenticandosi ciò che ha detto e sostenuto nel passato.

Conclusioni

La preoccupazione per la situazione che si sta creando sulle spiagge italiane è legittima e sottovalutarla sarebbe un grave errore politico. Si sta parlando di un settore economico strategico per il turismo italiano. Da troppi anni è fermo negli investimenti e nell’innovazione. Senza certezze nessun concessionario investe. La materia è complessa e non vi sono scorciatoie. Il rischio che intravedo è un lungo periodo di contenziosi giudiziari e di blocchi ulteriori degli investimenti. Solo la politica può risolvere questa situazione iniziando a dire quella verità che nel passato si è tenuta nascosta solo per convenienza elettorale. Si faccia una proposta che tenga assieme tutti, categorie economiche, istituzione associazione ambientaliste e dei consumatori. Ciascuno dovrà limitare le richieste al possibile. Non credo che le premialità per i concessionari uscenti previste nella bozza di decreto 2010 oggi siano ancora possibili (penso di no in buona parte). L’Europa è intervenuta più volte ribadendo che “nessun vantaggio può essere concesso al concessionario uscente”. Vi sono altre soluzioni che possono essere attuate nel rispetto delle norme europee. Ma per fare questo occorre uscire dalla demagogia di questi anni.

Maurizio Melucci

 

 

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