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I cacciatori vanno al Tar contro i divieti lungo i fiumi: “Ingiustificati e dannosi”

Le associazioni dei cacciatori ricorrono al TAR contro le ordinanze dei Comuni che hanno proibito la caccia presso le piste ciclabili che corrono sulle rive dei fiumi Marecchia e Conca. “In Provincia di Rimini è in atto un attacco al mondo venatorio senza precedenti”, afferma Michele Grassi, presidente dell’Ambito Territoriale di Caccia Rimini 1, in una lettera inviata all’assessore regionale ad Agricoltura, Caccia e Pesca, Simona Caselli.

Il ricorso amministrativo è stato affidato all’avvocato Angelo Raffaele Beatrice, ma intanto i cacciatori puntano il dito contro i Comuni di Rimini, Morciano di Romagna, Poggio Torriana, Santarcangelo e Verucchio “che hanno emesso ordinanze di divieto di esercizio dell’attività venatoria nelle aree adiacenti ai ‘percorsi storico-naturalistici’ fatti passare per ‘percorsi ciclo-pedonali’, i quali si delineano lungo le principali aste fluviali della nostra Provincia”.

“Sembrerebbe – scrive ancora Grassi – che tutto abbia avuto origine da una nota inviata dalla Prefettura di Rimini ad alcuni Comuni; con tale nota si invitava a prendere provvedimenti in quelle aree di competenza interessate da ‘piste ciclabili’, a causa di presunta criticità di pubblica incolumità e pubblica sicurezza connesse all’esercizio della caccia in forma vagante”.

E ancora: “Di colpo sembra che il cacciatore (…) sia divenuto il primo tra i pericoli che possono turbare l’ordine pubblico. È vero che Rimini era una delle Province in Regione con il più alto indice di densità venatoria,
ma è anche altrettanto vero che nell’ultimo ventennio i cacciatori si sono numericamente dimezzati”.

Quindi: se questi divieti non c’erano quando cacciatori erano 7 mila, perché imporli ora quando sono ridotti a poco più di 3 mila? Inoltre gli Ambiti Territoriali di Caccia della Provincia di Rimini “non sono mai stati interpellati né tanto meno mai informati di quelle situazioni di pericolo alle quali si fa riferimento, praticamente esclusi da ogni decisione e consultazione”.

Invece “si stanno calpestando tutte le norme ed i principi previsti dalla normativa nazionale e regionale in materia di pianificazione faunistico-venatoria”. Ma degli aspetti legali si occuperà il TAR di Bologna, compreso il quesito se l’ordinanza comunale sia uno strumento legittimo in questa materia.

Nel frattempo A.T.C. RN 1 osserva che vi “è la sottrazione di aree da sempre adibite all’attività venatoria (attualmente parliamo di oltre 400 ettari) avvenuta nel pieno svolgimento della stagione di caccia, e non pianificata con le
tempistiche e le modalità previste dalla norma”.

Poi “tali ordinanze inevitabilmente vanno a configurare dei corridoi ecologici ‘protetti’, che favoriranno
la discesa da monte verso il mare degli ungulati, con conseguente colonizzazione dell’ambiente fluviale della
pianura, il quale è inserito in un contesto prettamente agricolo e urbanizzato. Ciò darà origine ad un aumento dei danni alle coltivazioni nonché elevati rischi per la sicurezza stradale”.

Insomma senza cacciatori i percorsi fluviali si trasformerebbero in autostrade per i cinghiali, la cui “presenza lungo i fiumi Marecchia e Conca è preoccupante in quanto sono già presenti nuclei stabili, dunque se viene fortemente limitata la possibilità di contenerli attraverso un prelievo venatorio e cessa anche l’azione di ‘disturbo’ arrecata dalla caccia vagante, la popolazione in breve tempo sarà fuori controllo”. Senza contare caprioli e lepri che “ricercano nutrimento in tutta la zona coltivata adiacente ai fiumi” come già avvenuto lo scorso anno “a causa dell’ordinanza del Comune di Rimini”.

Pertanto a seguito della pianificazione territoriale modificata derivante dalle varie ordinanze, che
nella sostanza ci sottraggono illegittimamente territorio adibito alla caccia programmata, come previsto dalla
L.N. n.157, il Consiglio Direttivo dell’ATC RN1 non si riterrà responsabile di tutti i danni che si
evidenzieranno lungo tutta l’asta fluviale dei comuni interessati, demandandone quindi il loro risarcimento”.

“Infine l’ultimo aspetto che ci preme comunicare è che dato il presunto ed inesistente pericolo di
pubblica incolumità e pubblica sicurezza sollevato in primis dalla Prefettura, in quelle aree si dovrà
sospendere ogni forma di prelievo selettivo agli ungulati, in attesa che venga chiarito dalla Regione se la
caccia in selezione che viene praticata 11 mesi all’anno, in orari che consentono il prelievo un’ora prima del
sorgere del sole e un ora dopo il tramonto (dunque in condizioni di scarsa visibilità), nelle forme previste dal
calendario venatorio regionale (alla cerca o all’aspetto), possa essere considerata in quel particolare contesto
ammissibile e sicura e non costituente criticità di pubblica incolumità e sicurezza, a differenza di quella in
forma vagante che svolta in pieno giorno e per pochi mesi all’anno viene ritenuta pericolosa”.

“Per lo stesso principio di ammissibilità e sicurezza, consapevoli che non possiamo direttamente
intervenire nell’organizzazione dei piani di controllo e che la competenza in questo ambito spetta alla
Provincia, appreso che il loro utilizzo è stato proposto come la soluzione in quelle zone interdette per
risolvere le eventuali sopra citate emergenze faunistiche, faremo in modo che tutti i nostri Coadiutori, iscritti
all’ATC RN1, non vi prendano parte, dissuadendoli nel partecipare ad un’azione che, seppur
normativamente non viene considerata come esercizio venatorio, è pur sempre equiparabile alla caccia,
ovvero quell’attività praticata con armi comuni da sparo che nelle stesse ordinanze viene ritenuta un pericolo
di pubblica incolumità e pubblica sicurezza”, conclude la lettera di  A.T.C. Rimini 1 e di tutte le
Associazioni che lo rappresentano sulla questione ordinanze.

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