Alle prossime elezioni europee e amministrative la sinistra italiana, in tutte le sue componenti, arriva impreparata. Ha un rapporto incerto con la base sociale storica, ha indebolito l’organizzazione territoriale, non dispone di proposte per i nuovi lavori.
Ha però almeno una carta di riserva: mettere in campo il valore aggiunto dell’unità. Filippo Sacchetti ne parla giustamente, dal suo punto di vista, come un problema interno al PD; vorrei che se ne parlasse come un problema della sinistra ampia, quella politica e quella sociale.
L’unità è un valore che talvolta è necessario rompere perché si possa ricostruire.
E’ sul tema dell’unità che le nuove classi dirigenti della sinistra dovranno misurarsi, nel PD, nella CGIL e oltre. Le difficoltà di oggi non Ecco il terreno su cui la sinistra può ripartire. permettono a nessuno di sottrarsi.
Quelli che pensano ancora destra/sinistra, quelli che vedono in vesti sempre nuove operare la “vecchia talpa” della lotta di classe, quelli che preferiscono il cambiamento alla testimonianza o alla cieca fedeltà, quelli che pensano che l’Europa sia un valore irrinunciabile, tutti questi, possono essere indifferenti a ciò che accade nel Partito Democratico? Possono assistere indifferenti alle prossime primarie?
Ovviamente la risposta è no, non possono, perché il PD, magari riformato, è un nucleo irrinunciabile di storia, di passione, di idee. Tanto meno appartiene a un singolo leader.
Ci sono momenti in cui diventano secondari gli errori, la scelta di modelli decotti del neocentrismo, la distanza dalla propria base sociale, l’incapacità di modernizzare l’organizzazione. E’ il momento in cui la democrazia rischia di diventare un bene di lusso.
E’ questo il momento.
Il patto socialdemocratico fra capitale e lavoro del secolo scorso si basava sul principio della redistribuzione. Buona parte della ricchezza prodotta dal lavoro, diventava investimento produttivo e occupazione, salario e welfare.
Il turbocapitalismo di oggi alza la posta, pensa di avere rapporti di forza favorevoli, pensa che il patto debba essere modificato: si riduca la redistribuzione a favore delle rendite finanziarie, si controlli la tenuta sociale con politiche e tecnologie autoritarie.
La sinistra di oggi non sa ancora rispondere a questa offensiva globale, non sa come organizzare e portare dentro la democrazia politica i bisogni di un mondo del lavoro divenuto anch’esso globale, come fare integrazione e, insieme, cogliere l’insicurezza dei più deboli.
Attenzione, c’è un nesso inestricabile fra redistribuzione e democrazia: con il mio lavoro cedo plusvalore al capitale, accetto questo perché le regole e le istituzioni democratiche mi garantiscono “sicurezza, libertà e dignità umana”(art. 41 della Costituzione).
Se questo “scambio” s’inceppa, se la ricchezza si accumula nelle mani di pochi, se i miei figli non trovano lavoro e saranno emarginati da giovani e da vecchi, se in democrazia mi sento insicuro, allora potrei essere io, per rabbia o per ingenuità, a rompere il patto consegnandomi nelle mani di un Salvini o di un Grillo. E’ già successo in Europa, sta succedendo in Italia.
Non è difficile calare questa riflessione apparentemente teorica nelle primarie del PD.
Ai candidati delle primarie possiamo chiedere alcune cose:
1) rinunciare allo slogan: “chi vince comanda!”. Non c’è nulla di più distruttivo per un’organizzazione politica! Chi vince ha la responsabilità di unire le differenze;
2) fare i conti con il recente passato e le troppe sconfitte;
3) riattivare i canali con le organizzazioni sociali, dai sindacati ai corpi intermedi;
4) tornare sul territorio in direzione di un “partito sociale”, vicino ai bisogni più elementari. Affrontare finalmente il tema della “democrazia digitale”;
5) prendere atto che il “centro” politico è in via di estinzione, che la rivolta verso l’establishment è un sintomo, non è la malattia;
6) mettere in campo due o tre proposte di politica economica, sul versante “entrate” e “investimenti”, abbastanza forti da dare il senso di una svolta;
7) guardare verso i tanti luoghi dove c’è gente sfruttata e senza diritti che bisogna organizzare.
Chiunque vinca le primarie, saranno questi i nodi che troverà di fronte: combattere le rendite, colpire chi usa il denaro per produrre denaro, scrivere un nuovo patto con chi usa il denaro per produrre lavoro. Ecco il terreno su cui la sinistra può ripartire.
Giuseppe Chicchi