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Gianfranco Pacassoni: “Case del Popolo sparite? Macché, venite a Rivazzurra”

Il terreno su cui fu costruita la Casa del popolo era all’epoca di un questurino. Così nella trattativa per la compravendita gli fu detto che era destinato ad un’abitazione privata, altrimenti non l’avrebbe certo venduto per vedervi poi realizzata una sezione del Partito comunista. Inizia già con un preambolo gustoso e prosegue ricca di aneddoti e ricordi la lunga storia della Casa del popolo di Villaggio Nuovo a Rimini, raccontata da Gianfranco Pacassoni, presidente da oltre un decennio della Cooperativa circolo ricreativo culturale “Innocenti”. La cooperativa, intitolata a un martire del luogo, fondata nel 1967 nella frazione che poi diventerà Rivazzurra, e operativa dall’anno seguente, si prepara a festeggiare il 50° anniversario. Pacassoni, geometra di lunga esperienza e grande passione politica, è letteralmente fra coloro che costruirono la Casa del popolo in un luogo in cui ai tempi non c’erano che i binari della ferrovia, una cava dove poi sarebbe sorto il parco divertimenti di Fiabilandia, campi e case sparse.

Avevo 25 anni e non ero diplomato da molto quando mi chiamò Anacleto Bianchi, referente del Pci per la zona di Villaggio Nuovo – ricorda il presidente della cooperativa -. Mi disse che avevano bisogno di dare una sistemata al progetto. Lo guardai: avevano preso i disegni di un altro edificio e volevano realizzarlo su quel lotto, che era più piccolo e sul quale quella costruzione non ci sarebbe mai stata”.

Elaborato il progetto giusto, iniziò la costruzione a forza di braccia e volontariato. “Si lavorava sabato e domenica, in economia, costruendo prima un piano, poi nel tempo un altro, aggiungendo il retro, poi un altro ampliamento… Muratori, falegnami, fabbri, lavoravano tutti volontariamente. Due fratelli, gli Agostini, muratore e fabbro, ci hanno messo l’anima, non so più quante ore ci hanno perso”.

I fondi per i lavori, a differenza di altre Case del popolo nate nel riminese dopo la metà degli anni ’60 su impulso del Pci e finanziate dal partito stesso, erano tutti da trovare. Così si fece come per le pensioni del boom del turismo: cambiali e prestiti. “Qui la Casa del popolo nacque dal basso, come un movimento spontaneo. Il terreno nel 1967 fu pagato 4 milioni e mezzo. Per costruire andavamo avanti a mutui e cambiali, un pezzo dopo l’altro: facciamo un mutuo, ne facciamo un pezzo. Ci furono anche finanziatori importanti, come Gastone Montesi che prestò 5-6 milioni senza pensare di vederli restituiti, e a cui nel tempo, con il suo stupore, riuscimmo a ridare tutto”.

La cooperativa contava in origine più di 100 soci, oggi diventati una sessantina, tra cui alcune figlie dei sottoscrittori venuti a mancare negli anni. “Un tempo il ritrovo era in una casa privata, dove si giocava a bocce e a carte. Quando abbiamo costruito la Casa del popolo, con il bar, le bocce, le salette per giocare e la pizzeria, venivano persone anche da fuori. I soci erano tutti uomini e naturalmente il posto era etichettato come un ritrovo dei comunisti. Era un punto di aggregazione fondamentale nella zona, l’unico insieme alla parrocchia con suo il parroco dichiaratamente anticomunista”.

Ritrovo culturale, circolo ricreativo, palestra di politica per tanti iscritti al Pci riminese negli anni ’70: la Casa del popolo di Villaggio Nuovo è stata teatro di scene in perfetto stile Don Camillo e Peppone, con battibecchi feroci con il parroco, comizi interrotti dal fragore del treno, mobilitazioni e iniziative politiche. “Quando ci fu la guerra in Vietnam organizzammo una raccolta di sangue per i vietnamiti, facendo venire l’autoemoteca dell’Avis”.

La cooperativa guidata da Pacassoni ha investito molto e con lungimiranza nella riqualificazione della struttura, il cui valore è stimabile oggi in parecchie centinaia di migliaia di euro e i cui spazi sono un patrimonio per la collettività. “Abbiamo ristrutturato gli interni del bar-pizzeria dato in affitto, realizzato una sala da ballo che è dotata di cabina regia e di pannelli studiati appositamente per garantire un’ottima acustica, e può essere usata anche come sala prove da gruppi musicali. Una sera a settimana la scuola di ballo dei maestri Mirko e Sandra fa tango qui, mentre un’altra sala è stata concessa ai volontari dell’associazione Dottor Clown. Per l’energia elettrica abbiamo installato già da 8 anni una serie di pannelli solari grazie a cui ci paghiamo la luce con lo scambio sul posto”.

E per realizzare i lampadari del ristorante, il presidente ha coinvolto un giovane writer che ha dipinto i vecchi portalampada in terracotta facendo di ognuno un pezzo unico. Per il 50° vorrei fargli realizzare un murales – rivela –. Ho in mente anche cosa vorrei fargli scrivere sul graffito, un po’ alla Giacobazzi: House of People”.

Giorgia Gianni

(Per gentile concessione del mensile “La Romagna Cooperativa” n. 4/2018)

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