Il ricercatore riminese Giacomo Gorini – già allievo di Roberto Burioni – ha scritto una lettera indirizzata all’Università Vita – Salute San Raffaele, dove il giovane si era laureato nel 2013 in Biotecnologie Mediche Molecolari e Cellulari. La lettera è stata pubblicata in esclusiva sul quotidiano La Repubblica e nel documento Gorini polemizza con il suo ex ateneo per le dichiarazioni – non smentite – rilasciate da alcuni docenti rilasciate la scorsa estate.
“L’Università San Raffaele – ha scritto nella missiva Gorini – non interveniva quando suoi professori parlavano in TV di “virus clinicamente morto”, di “mutazioni delle proteine ma non del genoma”, di irrealistiche “cariche virali” o di una mai verificata attenuazione del virus. Talvolta, i docenti richiedevano cieca fiducia della comunità scientifica italiana in onore di dati in preparazione che non sono, purtroppo, stati mai più presentati. Smentiti poi dalla realtà, ho visto gli stessi docenti ritrattare appellandosi a fraintendimenti da parte del pubblico sul messaggio originale, scaricando così la responsabilità dell’errore sulla limitata comprensione dell’ascoltatore. Sbigottito ho visto fare paragoni diretti tra decessi causati da malattie come l’infarto o il cancro e quelli causati da una malattia virale in fase pandemica. Durante tutto questo, l’Università assisteva impassibile”.
Ma c’è di più. Per il ricercatore romagnolo “a queste affermazioni errate, pericolose e mai corrette, si è poi aggiunta la narrazione che ha definito gli scienziati “topi di laboratorio”, anche se è proprio lo sforzo unificato degli scienziati di tutto il mondo che ci sta tirando fuori da questa brutta situazione. Gli stessi scienziati che voi stessi formate nelle vostre aule. Gli stessi scienziati che hanno scelto il vostro ateneo in cerca di una professione nobile che può dare tante soddisfazioni. Gli stessi scienziati che ispirano i bravi studenti che vogliono fare ricerca senza essere additati dai loro stessi docenti come “topi di laboratorio”.
Giacomo Gorini è stato impegnato in questi mesi allo Jenner Institute di Oxford nello sviluppo del vaccino che sarà prodotto da Astrazeneca in collaborazione con l’Irbm di Pomezia che negli scorsi ha annunciato l’efficacia della soluzione fino al 90%.