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Fusione fiere, soci privati di Bologna contro Rimini: “Esagerano, trattativa finita”

Più che una pausa di riflessione fino all’esito delle comunali di ottobre, quello tra la Fiera di Bologna e quella di Rimini sembra un addio. Il rinvio della discussione sull’integrazione tra i due quartieri fieristici all’esito del voto amministrativo nelle due città nasconde, infatti, uno scontro durissimo sulla governance.

Di fatto, Bologna sarebbe stanca del continuo gioco al rialzo dei cugini romagnoli e ha detto basta. Ad alzare un muro contro le richieste che arrivano dalla Riviera, in particolare, i soci privati della Fiera di Bologna, che tre giorni fa si sono incontrati (un po’ in presenza un po’ in videoconferenza) in Camera di commercio e hanno concordato una linea comune: per le associazioni di categoria e per gli imprenditori (compresa Gl Events) la trattativa finisce qui. E c’è chi di Rimini non vuole proprio più sentir parlare (tra i più perentori, ci sarebbe il presidente di Confindustria Emilia, Valter Caiumi).

Il numero uno di Ieg, Lorenzo Cagnoni, è la ricostruzione di quanto accaduto che si fa sotto le Due Torri (fonti qualificate raccolte dalla ‘Dire’), avrebbe tirato troppo la corda, senza capire di essere arrivato al punto di rottura. L’ennesimo rilancio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l’ipotesi di affidare la presidenza della nuova società al sindaco uscente di Rimini, Andrea Gnassi, la richiesta di due vicepresidenti e due amministratori delegati (una cosa mai vista per una società quotata, sostengono gli azionisti privati dell’expo di piazza della Costituzione).

Insomma, sei mesi di trattativa per tornare alla proposta iniziale, già bocciata da Bologna, che pure aveva fatto più di una concessione alla controparte. Così, si dice dal capoluogo regionale, non ci sono le condizioni per andare avanti. Anche perché, l’impressione a Bologna è che a Rimini non interessi veramente costruire una società con un progetto industriale organico e l’ingresso di Cassa depositi e prestiti, ma mantenere due realtà sostanzialmente separate, ottenendo, però, le risorse necessarie a tutelare il proprio patrimonio e a coprire i 2,5 milioni di debito all’anno legati al progetto faraonico del Palacongressi.

Stando così le cose, andare avanti diventa davvero dura. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, per ora ha tenuto la barra dritta, e questa sua fermezza verso la Riviera viene elogiata tra i privati. Del resto, la Fiera di Bologna ha i numeri per farcela da sola, nonostante la crisi innescata dalla pandemia: ci sono trattative in corso per far arrivare almeno otto nuove manifestazioni, c’è un problema finanziario legato al lungo periodo di chiusura, ma non una debolezza di carattere industriale. Ristrutturando il debito e con un po’ di liquidità, via Michelino può superare questo momento difficile, è la convinzione dei soci privati. La fusione, dunque, non è indispensabile, di certo non a queste condizioni, a meno che il nuovo sindaco non riesca a rimettere in carreggiata un’operazione che doveva essere paritetica ed è finita per essere sbilancia a favore di una delle due parti.

Il presidente della Fiera di Bologna, Gianpiero Calzolari, si tiene fuori dal braccio di ferro sulla governance che rischia di far naufragare l’aggregazione tra le Fiera di Bologna e Rimini. “L’aggregazione è un tema che affronteranno i sindaci di nuova nomina. Fino ad allora conviene che ognuno continui a fare le cose come le stiamo facendo in questo momento“, si limita a dire Calzolari a margine della presentazione dell’edizione digitale della Fiera del libro per ragazzi. In compenso nonostante annunci e promesse, il sistema fieristico italiano aspetta ancora lo sblocco delle risorse che potrebbero aiutare i quartieri a tamponare le perdite accumulate in oltre un anno di chiusura. “Provo imbarazzo per un Paese che non è riuscito a dare le risposte che ci si aspetta al sistema fieristico, mentre altri paesi hanno messo a disposizione importanti risorse”, ammette Calzolari.

“Lo trovo un autogol inopportuno, sapendo come è importante questo comparto per i settori manifatturieri”, aggiunge il numero uno di via Michelino.

“Noi abbiamo bisogno di rilanciare le fiere italiane e abbiamo bisogno che sulla Fiera di Bologna ci sia un’iniezione massiccia di risorse dal governo nazionale”, scandisce  sua volta l’assessore comunale alla Cultura e candidato a sindaco, Matteo Lepore. “Non possiamo lasciare questo asset così importante sguarnito di fronte alla competizione internazionale, con le fiere tedesche e francesi che avranno importanti risorse dai loro governi. Non possiamo lasciare la fiera senza questa risorse”, ammonisce Lepore. “La Fiera di Bologna non fallirà, ha già 13 fiere programmate molto importanti, la società si sta battendo per ripartire. Chiediamo che non ci sia una concorrenza falsata a livello internazionale, è importante che sia compreso dal governo”.

E sull’l’integrazione tra la Fiera di Bologna e Ieg di Rimini Matteo Lepore mette dei paletti: serve un “progetto di aggregazione degno di questo nome, cioè forte”. Nel giorno in cui la prospettiva dell’intregrazione tra le due società fieristiche si allontana,  “finché non si trova un accordo per l’integrazione che ci permetterà di fare un salto di qualità dal punto di vista industriale, ci continueremo a lavorare sopra. Penso che ormai sarà compito del prossimo sindaco. Con Rimini e la Regione continueremo a lavorare, a me da candidato sindaco interessa portare a casa più risorse possibile dal Governo, che ci sia l’investimento della Regione, che ci sia l’integrazione con le altre fiere della regione con un serio piano industriale”, spiega Lepore a margine della presentazione del programma di ‘Boom’, la rassegna dedicata alle letture per bambini e ragazzi in programma fino a fine giugno.

“Dei posti mi interessa il giusto, mi interessa sapere quale piano industriale di sviluppo vogliamo mettere in campo”, insiste. “Bologna non ha più come confine San Lazzaro e Casalecchio, abbiamo Firenze, Milano, Ravenna, Rimini e Modena. L’alta velocità ha cambiato totalmente la nostra posizione geografica e le nostre possibilità. Siamo in competizione non più con le altre città italiane, ma con quelle europee. Dunque, per competere a livello internazionale anche noi dovremo fare un salto di scala e l’aggregazione fieristica sarà importante”, conclude.

Da Rimini giunge la replica cingiunta di congiunta di Comune, Provincia e Camera di Commercio della Romagna: “Le istituzioni, soprattutto davanti a operazioni o progetti strategici e complessi, ragionano e comunicano per atti ufficiali. E non per disinformate e anonime veline ad agenzie di stampa che ripropongono il vecchio e stucchevole armamentario di pregiudizi localistici. Uno scenario fuori luogo e fuori dal tempo che può ingolosire solo quell’area di opinione stanca e paurosa, contraria al progetto di integrazione delle due fiere emiliano-romagnole per questioni non coincidenti con l’interesse dei territori. IEG è senza dubbio il partner più solido come dimostrano i documenti e i di bilanci già da tempo resi pubblici”.

E ancora: “La ricostruzione falsa dell’andamento delle discussioni, comunicata per via anonima, è una via non certo originale per distrarre l’attenzione dal merito della complessità dell’operazione. Proprio su questa complessità si è incentrata e resa evidente la serietà della discussione e su questa serietà sarebbe utile, anche al fine di ragionare su prospettive industriali e non altro, un pronunciamento ufficiale e pubblico degli azionisti pubblici di Bologna fiere e della Regione Emilia Romagna, insieme agli azionisti pubblici di IEG e anche al management delle società”.

(Agenzia DIRE)

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