Il futuro di un territorio dipende dalla capacità dei propri Amministratori di sapere leggere e anticipare i cambiamenti. Dipende dalla capacità di programmare oltre la scadenza naturale della legislatura, partecipando ad una ideale staffetta per portare la propria comunità nel futuro.
Enrico Berlinguer amava chiamare “pensieri lunghi” quelle scelte che non portano consenso immediato, ma tracciano una traiettoria, una vocazione per il territorio, un’aspettativa per il futuro dei cittadini.
Alcuni momenti assumono una rilevanza storica ed occorre farsi trovare pronti perché il tempismo è determinante per centrare l’obiettivo. Tutto questo vale per qualsiasi scelta ed il tema delle fusioni di Comuni in Valmarecchia non fa eccezione.
Si tratta di un tema centrale dell’agenda amministrativa di questi anni su cui sono stati organizzati diversi convegni, giornate studio, consigli comunali e sul quale è costante il pungolo di Comitati ed associazioni di categoria.
Con gli esiti elettorali dello scorso giugno nei comuni di Novafeltria e Pennabilli l’argomento rischia addirittura di finire nelle sabbie mobili delle scelte legate alla convenienza di parte, nonostante il tema abbia trovato spazio in tutti i programmi elettorali delle liste candidate e non abbia colore politico.
Proprio in Valmarecchia a partire dal 1 gennaio 2014 è nato il primo Comune della provincia mediante fusione dei comuni di Torriana e Poggio Berni.
Quella fusione, insieme alla nascita dell’Unione dei Comuni, che ha unito i tre comuni della bassa con i sette comuni dell’alta Valmarecchia entrati in provincia di Rimini e quindi in Emilia Romagna con il referendum tenutosi il 17 – 18 dicembre 2006, hanno costituito un punto cardine per tutte le liste di Centrosinistra che hanno poi vinto le elezioni amministrative del 2014, marcando una distanza netta con le liste concorrenti. Con quelle scelte il Centrosinistra ha indicato una rotta per il futuro. Un futuro che parla ad un territorio unito, la Valmarecchia, e che punta sulla cooperazione dei livelli istituzionali del territorio.
Era evidente già allora che la stessa “Unione a dieci” fosse condizione necessaria, ma non sufficiente. Doveva essere il primo tassello di un percorso più ampio verso la semplificazione, stimolando processi aggregativi per ridurre il numero di comuni e dare alla vallata un nuovo assetto più snello e moderno.
Di fronte a chi oggi mette in dubbio la stessa Unione dei comuni, chiedendole risposte che per sua stessa natura non può dare, il Centrosinistra deve avere la forza di portare a compimento il percorso intrapreso. Di fronte a chi punta sulla disgregazione, rimarcando le differenze, il Centrosinistra deve contrapporre una prospettiva di unità e una vocazione per la vallata dove le differenze costituiscano un valore aggiunto e non un distinguo.
Dal 2012 il cosiddetto “Decreto Delrio”, pur senza renderle obbligatorie, ha incentivato l’avvio spontaneo di fusioni di Comuni con misure di carattere finanziario (contributi decennali) ed organizzative. La legge attribuisce inoltre alle singole Regioni il ruolo di guida e di indirizzo dei processi di fusione, prevedendo la possibilità di ulteriori contributi economici ed incentivi, in aggiunta a quelli statali. Il “Decreto Delrio” dà quindi la possibilità alle singole comunità di auto-determinarsi, ma è una finestra che, per stessa ammissione del legislatore, sta per chiudersi rapidamente, perché l’orientamento è quello di rendere obbligatorie le fusioni, almeno sotto un certo numero di abitanti, nel breve volgere di pochi anni.
Schierarsi oggi per le fusioni, guidando la propria comunità ad una scelta consapevole (e non subirla per imposizione in futuro porta ad indubbi vantaggi:
- economici:a seconda delle diverse ipotesi valutate arriverebbero nella vallata diversi milioni di euro in dieci anni che garantirebbero capacità di investimento, cura del territorio e contenimento dell’imposizione fiscale locale;
- gestional: attraverso economie di scala e l’accorpamento del personale dipendente, laddove quasi tutti i comuni sono in sofferenza per i limiti assunzionali imposti dallo Stato centrale;
- politiche: creando soggetti istituzionali in grado di competere su uno scenario complesso ed in continuo mutamento.
Tali situazioni possono essere simulate attraverso studi di fattibilità che la Regione si impegna a realizzare di fronte alla richiesta dei Comuni, interessati ad intraprendere un percorso di fusione. Percorso che prevede anche il pronunciamento dei cittadini, chiamati ad esprimersi sulla fusione del proprio comune attraverso un referendum consultivo.
Inoltre la legge prevede forme di tutela del profilo identitario delle comunità d’origine attraverso l’introduzione delle “municipalità”, previste in statuto e dotate di propri rappresentanti istituzionali e di ampia voce in capitolo sulle scelte che le riguardano. In questo senso è positiva e va sicuramente approfondita l’esperienza maturata dal Comune di Valsamoggia nato nel 2014 dalla fusione di cinque comuni nella provincia di Bologna.
Il Centrosinistra, che è sempre stato forza di governo del territorio ed ha l’obiettivo di riconquistare anche quei comuni passata al Centrodestra, non può non avanzare una proposta per l’intera vallata sfidando le altre forze politiche sui contenuti, facendo emergere le evidenti contraddizioni tra alcuni programmi elettorali e la dura realtà dei fatti.
È una responsabilità che i Sindaci non possono evitare o rinviare. Anche non scegliere è in definitiva una scelta, ancor più in uno scenario come quello attuale dove nulla È statico e tutto è in movimento e chi resta isolato rischia di dovere giustificare la rinuncia a risorse importanti e di conseguenza operare tagli ai servizi oppure aumentare le entrate spingendo al massimo, chi ancora non è stato costretto a farlo, la leva dell’imposizione fiscale.
In un periodo storico molto delicato dal punto di vista economico e sociale, in cui per la prima volta i nostri figli hanno la cupa prospettiva di stare peggio in futuro dei propri padri, non possiamo lasciare nulla di intentato per intercettare occasioni di rilancio dei nostri territori.
Dopo anni in cui il “Patto di stabilità” ha di fatto bloccato gli investimenti e reso difficoltosa anche la semplice manutenzione del patrimonio pubblico, sarebbe miope rinunciare alle risorse messe a disposizione.
Dalle scelte della Politica oggi dipendono i destini dei cittadini e degli attori economici domani. Dipendono le aspettative di chi è giovane ed ha tutto il futuro davanti per lavorare e crearsi una famiglia. Dipendono le prospettive e le scelte di chi intende investire denari e risorse nelle potenzialità della vallata ma ha bisogno di certezze di lungo periodo.
Non appassionano schemi predefiniti di fusione, sebbene siano già state valutate diverse ipotesi; sicuramente la scelta non potrà essere rinviata a lungo e, seppure in un quadro di insieme da tenere in considerazione, è evidente che alcuni Comuni abbiamo oggi condizioni mature per iniziare un percorso che possa eventualmente allargarsi anche ad altri.
A chi ha vinto le elezioni suscitando paure e non speranze, puntando su un modello di comunità che si chiude in se stessa, il Centrosinistra deve sapere contrapporre da subito un’idea forte, un progetto di insieme dove:
- i Comuni possano essere riconoscibili, con qualità e peculiarità in grado di connotarli come particolari, e non scontati, all’interno di un’area di riferimento che non sarà più la ridotta (per dimensioni e numero di abitanti) provincia di Rimini, ma l’area vasta della Romagna che unisce alla provincia di Rimini, le province di Ravenna e Forlì-Cesena;
- i Comuni scaturiti da fusione sappiano racchiudere in sé il valore del capitale umano, sociale, storico, paesaggistico ed identitario che i Comuni di origine possono portare in dote;
- i contributi economici di Stato e Regione siano il mezzo e non il fine ultimo.
- possano essere tutelate le diversità (si pensi alla peculiarità ed alle necessità dei comuni montani) e tali diversità diventino un valore aggiunto per tutta la vallata e non un elemento divisivo.
- il quadro istituzionale ne esca semplificato per rilanciare l’iniziativa della stessa Unione dei comuni ed attrarre finanziamenti pubblici ed investimenti privati.
Di fronte a questa sfida si gioca la credibilità degli attuali Amministratori, la capacità di svolgere a fondo il ruolo di guida delle proprie comunità e di classe dirigente della vallata. Occorre amministrare a testa alta per andare con lo sguardo oltre il confine della legislatura verso un orizzonte più ampio, disegnare il futuro con la provocatoria consapevolezza che in politica è molto più pericolo il miope (colui che non sa vedere lontano) del presbite (colui che non riesce a vedere ad un palmo del proprio naso).
Alex Urbinati