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“FUOCO AMICO” SUL SUMMERPRIDE

Non solo la destra neofascista e i cattolici integralisti. Anche dalle parti della sinistra non tutti sono proprio soddisfatti. Il Collettivo Coming Out e lo Spazio Pubblico Autogestito Grotta Rossa hanno diffuso questo comunicato da titolo: “Qualche riflessione critica sul Summer Pride”

Finalmente anche Rimini ha avuto il suo Pride!
Al di là dei numeri che circolano in questi giorni riguardo alle presenze più o meno significative, la partecipazione alla parata di sabato scorso è stata grandiosa e come collettivo Comig Out, gruppo LGBTQIA che si batte contro ogni forma di discriminazione attivo all’interno dello Spazio Pubblico Autogestito Grotta Rossa di Rimini, siamo soddisfatti del successo delle iniziative da noi promosse all’interno del primo Gay Pride di Rimini.

Riconoscendo l’impegno profuso da parte degli organizzatori del Summer Pride per permettere la realizzazione di questa parata, ci teniamo però a sottolineare che esiste una differenza consistente tra un grande evento e un Pride.

Ci allontaniamo dalla visione di una manifestazione per i diritti di persone LGBTQIA come occasione turistica di arricchimento in cui si esaltano le opportunità aperte dalla “pink economy” e dal turismo gay friendly. Crediamo infatti che il Gay Pride debba rimanere una manifestazione, una rivendicazione di diritti, un’apertura a nuovi discorsi e riflessioni, non una spettacolarizzazione e mercificazione del marchio LGBTQIA in salsa estiva.

Quest’anno abbiamo perso un’occasione importante, quella di rivendicare sul palco il fallimento del ddl Cirinnà e la necessità di ottenere altri diritti oltre a quelli che ci sono stati “concessi”, ci siamo accontentati e abbiamo giocato al ribasso accogliendo con gioia le nuove possibilità offerte dalle unioni civili di unirsi (da ora persino in spiaggia!), sfiorando appena i concetti di omolesbotransfobia e diritto alla diversità.

Nonostante il coinvolgimento di tante associazioni cittadine nel corteo, nessuno spazio è stato dato ad altre realtà che avrebbero potuto arricchire il palco di riflessioni importanti, collettivo Coming Out compreso, prima invitato a parlare e poi escluso all’ultimo per presunta mancanza di tempo. È stata promessa cultura, ma quello che abbiamo visto sul palco del grande evento è stato quasi esclusivamente pinkwashing da parte delle istituzioni e intrattenimento commerciale, dove l’obiettivo finale non è più l’ottenimento di sempre maggiori diritti per le persone LGBTQIA ma utilizzare la loro battaglia per vendere un’immagine della città e della riviera come una meta gay-friendly allo scopo di aumentare il consenso della cosiddetta società civile e delle categorie commerciali nei confronti dell’amministrazione.

All’interno degli eventi del Summer Pride, il gruppo Coming Out si era impegnato a portare cultura e lo ha fatto in maniera totalmente indipendente: nella giornata del 27 luglio con l’incontro “Oltre i confini e i generi: dibattito sul rapporto tra immigrazione e omosessualità” e il 30 luglio con “PRIDEOff: se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”.
Durante questi due eventi c’è stata la presenza di associazioni, ospiti importanti, banchetti informativi, proiezioni, musica, ma è mancata la collaborazione e la presenza degli organizzatori del Summer Pride, fino al paradosso di vedere svanire nel nulla uno ad uno tutti gli accordi e gli impegni che erano stati presi nelle settimane precedenti: a partire dalla sede in cui doveva svolgersi l’incontro del 27 luglio, che con un preavviso di ventiquattr’ore il gruppo Coming Out è stato costretto a dirottare dalla centralissima Biblioteca Gambalunga allo spazio sociale Grotta Rossa. Uno spostamento che anche a livello urbanistico dà l’idea del processo di gentrificazione in atto, con l’allontanamento nelle periferie di tutto ciò che non rientra nel concetto di “Rimining”, nello schema di vendita della città in termini turistici, ben rappresentato invece dalla creazione del gay village a beneficio del consorzio Kennedy Cake.

Un allontanamento, un tentativo di esclusione che segna immancabilmente una frattura all’interno della stessa comunità LGBTQIA tra coloro che sono presentabili, che hanno diritto di parola e coloro che risultano scomodi, che è meglio relegare alle periferie anche quando tentano di collaborare e di non autoghettizzarsi nei luoghi dove militano abitualmente. Una frattura che chi si erge a portavoce delle istanze LGBTQIA, credendo di parlare a nome di tutti, dovrebbe prendere in considerazione, posizionarsi e relazionarsi in maniera diretta e trasparente, spiegandoci “perché” e “in che modo” si è voluta la nostra partecipazione (cosa che da parte nostra è stata chiarita fin dall’inizio tramite il comunicato di adesione al Summer Pride) e “perché” e “in che modo”, di fatto, si è finito per escludere ed emarginare, all’interno di una manifestazione che dovrebbe combattere proprio questo tipo di atteggiamento.

Da parte nostra, per il prossimo anno chiediamo un Pride più inclusivo a partire dal direttivo organizzativo, un Pride che parli di rivendicazione di diritti, lontano dalle strategie di marketing capitalista e ripulito del pinkwashing delle istituzioni. Vogliamo un Pride apertamente antifascista che non ha paura di dichiararsi tale. Vogliamo un Pride “quattro stagioni” che duri tutto l’anno e che non sia una mera attrazione turistica estiva come recita l’etichetta “Summer Pride”. Vogliamo un Pride antiautoritario, gestito dalle reti di cittadini e dalle associazioni che si occupano di diritti LGBTQIA, affinché siano le persone gay, lesbiche, bisex, trans, queer, intersessuali, asessuali, ecc. a parlare per sé, a dire ciò di cui hanno bisogno, a manifestare il proprio orgoglio in tante maniere differenti. Vogliamo più collaborazione e più cultura, perché insieme possiamo contaminarci di contenuti, scambiare opinioni e crescere.

Collettivo Coming Out
Grotta Rossa (Spazio Pubblico Autogestito)

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